Care lettrici e cari lettori,

in questa newlsetter si torna a parlare soprattutto del caso Cospito, visto che in settimana il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha deciso per il rigetto dell’istanza di revoca del 41 bis.

Sul tema, che è stato anche politico dopo le polemiche sul caso Donzelli-Delmastro e la divulgazione di atti sensibili del Dap, torna l’ex magistrato Rosario Russo, che valuta proprio la legittimità della pubblicazione di quella relazione di servizio.

Accanto a questo, rimane sempre attuale il tema dell’intelligenza artificiale applicata al diritto. L’avvocato Luigi Viola e il magistrato Luca Caputo analizzano il caso di un giudice colombiano, che ha redatto una sentenza con l’ausilio dell’Intelligenza Artificiale generativa “ChatGPT”. 

Il ministro decide su Cospito

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha rigettato il ricorso dell'avvocato dell’anarchico Alfredo Cospito per la revoca del 41 bis. La decisione è arrivata con qualche giorno di anticipo rispetto al termine ultimo che era il 12 febbraio e non ha sorpreso, vista la linea del governo Meloni sul caso.

Il merito della decisione, tuttavia, è interessante, e si appoggia soprattutto sulle argomentazioni del parere della procura generale di Torino, invece che su quelle della Direzione nazionale antimafia. Proprio questo è uno dei temi più controversi, visto che la Dna, che funzionalmente si occupa dei casi di mafia e terrorismo, aveva aperto lo spiraglio dello spostamento di Cospito al regime dell’alta sorveglianza con censura della corrispondenza.

In questo approfondimento, chiarisco anche una potenziale illogicità della decisione del ministero, secondo cui il ruolo pericoloso di Cospito nell’influenzare la «galassia anarco insurrezionalista» è dimostrato dalle «azioni intimidatorie e violente seguite all’adozione del regime carcerario differenziato» e l’atto cita la lettera anonima arrivata al Tirreno del 28 dicembre 2022, l’incendio di un ripetitore a Torino il 28 gennaio e l’incendio di cinque macchine a Roma del 30 gennaio.

Secondo Nordio, quindi, prima del 41 bis Cospito orientava i comportamenti degli anarchici attraverso i suoi scritti. Dopo il 41 bis, li ha ugualmente orientati ma attraverso lo sciopero della fame che, «forma di protesta tradizionalmente non violenta», nel caso di Cospito «ha assunto un significato assolutamente opposto».

Si pone però un problema logico. Il ministero sostiene che Cospito, dal regime di carcere duro, influenza gli anarchici non più attraverso gli scritti ma con lo sciopero della fame, che è disposto a cessare solo con la revoca del 41 bis.

Seguendo questo ragionamento l’unico modo per far sì che Cospito interrompa ogni istigazione delle azioni violente all’esterno sarebbe appunto quello di revocargli il regime speciale. L’altra opzione, confermandogli il 41 bis, è quella che lui muoia. Col rischio, però, di trasformarlo in martire.

le carte del Dap

Rimane aperto anche il fronte delle carte del Dap, rivelate dal sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro. Nordio ha sostenuto con una nota la non segretezza dei documenti e il risultato è stato la richiesta di accesso agli atti da parte di altri parlamentari.

Il risultato, però, è stato opposto a quello ottenuto dal deputato di FdI, Giovanni Donzelli, che quegli stessi atti ha ottenuto per le vie informali. Il ministero, infatti, ha negato l’accesso alle relazioni di servizio e ha consegnato ai parlamentari solo estratti omissati, gli stessi letti in aula da Donzelli.

Le motivazioni giuridiche, però, sono interessanti. Per giustificare il ridotto accesso, il ministero ha infatti scritto che i deputati non sono titolati a fare questo tipo di richieste a via Arenula, ai sensi della legge 241/1990 che disciplina il segreto e prevede alcune esclusioni al diritto di accesso agli atti e dell decreto 115 del 1996 che regola “le categorie di documenti formati o stabilmente detenuti dal Ministero di grazia e giustizia e dagli organi periferici sottratti al diritto di accesso”. Tradotto: l’atto è divulgabile, ma non può essere fornito ai deputati che lo chiedono. Secondo il ministero, infatti, le uniche richieste che i parlamentari possono fare sono quelle collegabili al loro sindacato ispettivo che prevede domande circostanziate. Per questo, per rispondere a Grimaldi, Magi e Bonelli, gli uffici di Nordio hanno preso in considerazione solo «l’unica richiesta connotata da specificità», a sottintendere che non si possa dare seguito a generica richiesta di accesso a tutti gli atti.

La Consulta torna sul 4bis

La Corte costituzionale doveva decidere oggi su due questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di sorveglianza di Perugia e dal Magistrato di sorveglianza di Avellino, sul cosiddetto regime ostativo.

Nei casi specifici, la Consulta doveva decidere della legittimità della previsione secondo cui «in caso di condanna per delitti diversi da quelli di contesto mafioso, ma pur sempre “ostativi”, non consente al detenuto che non abbia utilmente collaborato con la giustizia di essere ammesso alle misure alternative alla detenzione», si legge nel comunicato.

In entrambi i casi, tuttavia, il decreto legge convertito dal governo che ha riformato il 4bis ha imposto alla Consulta di restituire gli atti ai giudici.

Spetterà a chi ha sollevato i ricorsi, infatti, riesaminare i casi e valutare se le nuove previsioni appena approvate sanino i dubbi di costituzionalità. In caso di risposta negativa, potrà essere posta una nuova questione alla Consulta, sulla base del testo riformato.

«La Corte costituzionale ha deciso di restituire gli atti ai giudici a quibus, a seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, nella legge 30 dicembre 2022, n. 199, che contiene, fra l’altro, misure urgenti nella materia in esame. Le nuove disposizioni, infatti, incidono immediatamente sul nucleo essenziale delle questioni sollevate dalle ordinanze di rimessione, trasformando da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità che impedisce la concessione dei benefici penitenziari e delle misure alternative alla detenzione a favore di tutti i condannati per reati cosiddetti “ostativi”, che non hanno collaborato con la giustizia», si legge nel comunicato.

Velocizzare il Csm

Il neo-vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli, intende imprimere una velocizzazione dei lavori del Csm. In particolare, Pinelli ha parlato di necessità di recuperare l’efficienza, visto «il notevole arretrato» che grava sulle spalle di Palazzo dei marescialli, a partire dalle nomine dei capi degli uffici giudiziari, con scoperture da sanare che risalgono sino al 2018. 

Il Csm appena insediato, infatti, ha ereditato 35 nomine direttive che si sarebbero dovute fare nel 2021 e 56 semidirettive, e per il 2022 81 direttivi e 91 semidirettivi. Quanto alle conferme dei capi degli uffici giudiziari , da definire ci sono 295 procedimenti, alcuni risalenti al 2015. Inoltre, sono in sospeso anche le approvazioni dei progetti organizzativi degli uffici giudiziari relativi al triennio 2020/2022, con 122 progetti presentati dai procuratori e 167 dei capi degli uffici giudicanti.

L’intento di Pinelli è quello di rivoluzionare il metodo organizzativo, abolendo la pausa settimanale dei lavori prevista mensilmente, ma anche una riduzione dei tempi nelle decisioni. Il Csm è in «grave difficoltà funzionale», ha «tempi dilatati di discussione e decisione» che vanno modificati, ha detto.

Le prossime nomine

Quanto alle nomine, il Csm dovrà presto scegliere il primo presidente della Cassazione, perchè Pietro Curzio sta per andare in pensione. La sostituta naturale dovrebbe essere la sua vice, Margherita Cassano, che potrebbe diventare la prima donna al vertice della Suprema corte.

Ci saranno poi da scegliere il procuratore di Napoli e quello di Firenze. Per Napoli, la scelta dovrebbe essere tra il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e quello di Bologna Giuseppe Amato; per Firenze tra il procuratore di Livorno Ettore Squillace Greco e il rappresentante italiano di Eurojust, Filippo Spiezia.

Separazione delle carriere

L’Associazione nazionale magistrati è tornata a polemizzare contro uno dei cavalli di battaglia del governo Meloni: la separazione delle carriere dei magistrati. Inoltre, la proposta di legge discussa in commissione Affari costituzionali alla Camera comprende anche la costituzione di due distinti organi di autogoverno.

Per smontare la necessità di questa separazione, l’Anm si appiglia ai dati: «É la realtà dei fatti che smentisce l'assunto secondo il quale il giudice sia "culturalmente adesivo" alla prospettiva del pm: nel 48 per cento dei giudizi penali la sentenza è di assoluzione, nel 45 per cento di condanna, il resto ha esito misto. Chi insiste a sostenere che la separazione è soluzione ai problemi della giustizia dimentica, evidentemente, che dal 2006 la media dei trasferimenti da una funzione all'altra e' di 50 magistrati all'anno, e solo 21 nell'anno appena terminato».

Nordio dai penalisti a Ferrara

Il ministro Nordio ha indirettamente risposto alla nota dell’Anm, con un videomessaggio inviato agli avvocati delle Camere penali, riuniti a Ferrara in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. «Il processo deve vedere l'avvocato come terzo protagonista, fa parte di una triade che costituisce unità della giurisdizione. La vostra onorata professione è necessaria proprio per attuare l'unità di questa giurisdizione: quando porremo il problema della separazione delle carriere che, come sapete, fa parte del nostro programma, speriamo di poterlo trattare con animo pacato da tutte le parti, senza pregiudizi ideologici e senza nessun tipo di competitività con l'Accademia, la Magistratura e con voi».

la nomina al Dag

Il Csm ha dato il via libera alla nomina di Luigi Birritteri alla guida del Dag, il Dipartimento per gli affari di giustizia del ministero, come chiesto dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Il plenum ha approvato la delibera della terza commissione che dispone il collocamento fuori ruolo di Birritteri, attualmente sostituto procuratore generale della Cassazione.

Il caos tra gli avvocati di Taranto

Si è conclusa in tutta Italia la tornata di votazioni per eleggere i nuovi consigli degli ordini degli avvocati e nelle prossime newsletter ci sarà spazio per dare voce ai neo-presidenti. Intanto, però, continua ad essere tempesta tra gli avvocati di Taranto, dove il voto è stato accompagnato da feroci polemiche.

 Gianleo Cigliola è il nuovo presidente, eletto per acclamazione dall'assemblea dei consiglieri, ma non si sono ancora spente le polemiche perchè la Commissione elettorale, all'esito delle votazioni, ha escluso sette candidati (tra i più votati) perché dichiarati ineleggibili, tutti appartenenti alla lista "Le Voci del foro". Tra questi anche Vincenzo Di Maggio, il più votato con 663 preferenze e consigliere uscente del Consiglio nazionale forense.

Proprio le esclusioni hanno ribaltato l’esito elettorale, favorendo la lista di Cigliolia. Ora, però, pendono i ricorsi davanti al Cnf.

La questione rischia di avere strascichi molto lunghi e le contestazioni non si limitano alle scelte della Commissione elettorale. La lista che ha sostenuto Di Maggio, infatti, ritiene anche che la convocazione dell’assemblea che nei giorni scorsi ha eletto il presidente e tutte le cariche – compresa la guida della Scuola forense - sia stata fatta in violazione dei termini temporali minimi. 

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