Dopo otto ore di camera di consiglio, il collegio della Corte di cassazione ha rigettato il ricorso della difesa di Alfredo Cospito. L’anarchico, che è in sciopero della fame da 126 giorni contro il regime di carcere duro, rimarrà quindi al 41 bis per altri 4 anni, come previsto dal tribunale di sorveglianza.

Davanti alla Cassazione è presente un presidio di anarchici, le forze dell’ordine sono in allerta e presidiano l’edificio. Appena si è sparsa la notizia della decisione, i manifestanti hanno urlato: «Basta con questa giustizia di assassini, dove si assolvono i responsabili delle stragi e si applica il carcere duro per chi cerca un mondo diverso».

La decisione dei giudici di Cassazione è la peggiore possibile per la difesa di Cospito, che aveva chiesto l’annullamento dell’ordinanza del tribunale di sorveglianza di Roma, senza rinvio. Il collegio dei cinque giudici della Cassazione ha disatteso anche la richiesta della procura generale di Cassazione, che con una memoria aveva chiesto l’annullamento con rinvio per una più approfondita motivazione al tribunale di sorveglianza.

Secondo la Cassazione, dunque, non ci sono ragioni per rivedere la decisione del tribunale di sorveglianza di Roma: l’atto è stato ritenuto sufficientemente motivato, nelle ragioni per le quali l’unico regime detentivo adeguato alla pericolosità di Cospito sia il carcere duro, così da impedirne i collegamenti con la galassia anarchica all’esterno.

Gli effetti politici

La Cassazione, nel rigettare il ricorso dei legali di Cospito non ritenendo fondata la domanda della difesa, ha confermato di fatto le ragioni per le quali il 41 bis è stato disposto nei confronti dell’anarchico.

Il riverbero politico della scelta dei giudici è quello di rinforzare la posizione del governo e del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che aveva a sua volta rigettato l’istanza di revoca del 41 bis che il legale di Cospito, Flavio Rossi Albertini, aveva depositato a via Arenula.

Rossi Albertini aveva annunciato un reclamo davanti al tribunale di sorveglianza di Roma contro il rigetto di Nordio: questa rimane ad oggi l’ultima strada possibile, ma la decisione della Cassazione rende ancora più improbabile un diverso orientamento dei giudici.

L’avvocato è stato il primo a rimanere spiazzato davanti alla decisione: «Leggendo i pareri favorevoli della Dna, Dda, Dap inviati al Ministro avevamo capito che la decisione ministeriale fosse stata politica e non giuridica. Dopo la lettura della requisitoria del PG Gaeta pensavamo che il diritto potesse tornare ad illuminare questa buia vicenda. La decisione di questa sera dimostra che ci sbagliavamo», è stato il suo duro commento.

Anche se le due decisioni parallele – quella ministeriale e quella giudiziale – nascono da quesiti autonomi e si fondano su presupposti giuridici diversi, l’esito si è dimostrato lo stesso. Il ministro, disattendendo l’orientamento della Direzione distrettuale antimafia che ipotizzava un suo trasferimento al regime di alta sorveglianza con censura della corrispondenza, ha ritenuto ancora esistente la pericolosità sociale di Cospito, nella sua capacità di influenzare la galassia anarchica a commettere atti violenti. La Cassazione, contro il parere della procura generale che riteneva non sufficientemente argomentati i motivi del 41 bis, ha confermato la correttezza della decisione di dicembre del tribunale di sorveglianza di Roma.

Ora, dunque, per Cospito ogni strada sembra sbarrata e non resta che attendere le motivazioni della sentenza,

La salute di Cospito

La sentenza di Cassazione ha già avuto una conseguenza immediata. Cospito, che aveva assunto del cibo nei giorni scorsi, insieme a integratori e potassio, ha sospeso la terapia medica.

In sciopero della fame dal 20 ottobre, l’anarchico ora ricomincerà lo sciopero della fame completo. Prima della sentenza, l’avvocato aveva fatto sapere che il detenuto avrebbe interrotto lo sciopero solo in caso di annullamento senza rinvio dell’ordinanza del tribunale di sorveglianza. La decisione è stata di segno diametralmente opposto e ora Cospito, che si trova nel reparto dedicato alla sorveglianza speciale dell’ospedale San Paolo di Milano, tornerà ad astenersi completamente dall’alimentazione. In quasi quattro mesi ha perso 45 chili e ne pesa 70, secondo i suoi medici il rischio maggiore è quello cardiaco.

Ora che la sentenza di Cassazione è stata pronunciata, tuttavia, non ci sono ulteriori scadenze giudiziarie che potrebbero modificare la situazione, almeno a breve. L’epilogo, dunque, rischia di essere il peggiore possibile. «Volevano il martire e lo avranno», è l’amara conclusione di Rossi Albertini, che ha già precedentemente spiegato che Cospito non intende sottoporsi a trattamenti nemmeno se perderà conoscenza e non vuole nemmeno tentare la strada della grazia al presidente della Repubblica o la sospensione della pena per motivi di salute.

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