L’avevamo scritto sin dal primo momento: con l’approvazione della legge che vieta la carne coltivata l’Italia ha violato la normativa europea. Dopo la notifica del testo alla Commissione – avevamo rilevato - non è stato rispettato il periodo di sospensione, previsto dalla direttiva Ue che disciplina la cosiddetta procedura Tris, prima dell’approvazione definitiva della legge. La Commissione Ue è stata evidentemente dello stesso avviso: il 29 gennaio ha archiviato la notifica proprio per il motivo che avevamo indicato: «Il testo è stato adottato dallo Stato membro prima della fine del periodo di sospensione di cui all'articolo 6 della direttiva (UE) 2015/1535».

La procedura Tris

La disciplina Ue prevede che qualora uno stato membro intenda introdurre leggi che potrebbero creare ostacoli al mercato interno – come la normativa sulla carne coltivata, che vieta tra le altre cose di «vendere, detenere per vendere, importare, produrre per esportare» tale alimento – notifichi il disegno di legge alla Commissione e agli altri stati membri.

Dalla data della notifica, l’iter nazionale di approvazione della legge è sospeso per tre mesi affinché ne sia valutata la compatibilità con il diritto dell'Ue. Qualora emergano profili di contrasto con il diritto europeo, la Commissione e gli Stati membri inviano osservazioni su tali profili, sotto forma di “parere circostanziato”, e la sospensione è prorogata fino a sei mesi. A quel punto, lo Stato interessato «deve tener conto del parere circostanziato e rispondere, spiegando gli interventi che intende compiere per conformarsi a esso».

Lo strappo alla disciplina Ue

Il testo sulla carne coltivata era stato notificato alla Commissione Ue il 1° dicembre 2023, dopo la sua approvazione in Parlamento, il 16 novembre scorso, ma prima della firma del Presidente della Repubblica, quando ancora era un disegno di legge. Pertanto, la direttiva sulla procedura Tris era stata formalmente rispettata. Tuttavia, nella stessa giornata della notifica all’Ue, era intervenuta la firma del Presidente della Repubblica, ultimo atto dell’iter di approvazione, accompagnata da una nota ove il Quirinale dava conto dell’impegno del Governo di adeguarsi a eventuali osservazioni dell’Ue.

Il disegno di legge era quindi divenuto una legge vera e propria. Ma la direttiva – come detto – vieta l’approvazione di un progetto di legge durante la procedura Tris. Questo è il motivo per cui la Commissione ha archiviato la notifica da parte dell’Italia del testo sulla carne coltivata: è stata violata la procedura dell’Unione.

Lo strappo al diritto Ue era stato rilevato anche nel contributo che l’Associazione Luca Coscioni aveva inviato alla Commissione, del quale chi scrive è coredattrice.

L’iniziativa di Lollobrigida in Ue

Nei giorni scorsi avevamo dato conto del documento, contenente una serie di critiche sulla carne coltivata, presentato il 23 gennaio al Consiglio Agricoltura e Pesca dall’Italia, con il ministro della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, insieme a Francia e Austria. In particolare, nel documento si chiedeva alla Commissione una valutazione d’impatto completa e basata su evidenze scientifiche prima di qualsiasi autorizzazione alla vendita, forse ignorando che la procedura di autorizzazione di novel food (regolamento Ue 2015/2283) – qual è la carne coltivata – già prevede controlli e verifiche dell’EFSA, l’autorità sulla sicurezza alimentare. Il documento, poi, sollevava dubbi sulla sostenibilità della produzione dell’alimento, anche in questo caso forse ignorando che esistono programmi finanziati dalla UE, come Horizon Europe, per condurre studi di valutazione. Infine, nel citato documento si chiedeva una consultazione pubblica sulla carne coltivata, consultazione tuttavia non prevista dal regolamento sui novel food.

La Commissione europea aveva fatto presente che quanto richiesto nel documento già rientra nell’iter di approvazione dei novel food, quasi a sottolineare la mancata conoscenza di norme e procedure europee da parte di chi lo aveva presentato. Uno scivolone per l’Italia.

Ma molto più grave è la bocciatura nella procedura Tris. Perché l’Italia non solo ha approvato una normativa che potrebbe ostacolare la libera circolazione delle merci, ma ha violato la direttiva europea che prevede i controlli tesi proprio a evitare tali ostacoli. Ora non resta che attendere le conseguenze in sede europea. In ogni caso, l’ennesima figuraccia del nostro Paese. Una figuraccia che avevamo previsto, e che si sarebbe potuta evitare.

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