Prosegue la controversa vicenda della carne coltivata. Dopo la legge italiana che ne vieta ogni uso, il tema si è spostato in sede di Unione europea. Nel Consiglio “Agricoltura e Pesca” del 23 gennaio scorso, Austria, Francia e Italia – con il sostegno di altri Paesi – hanno presentato una nota su tale alimento.

Nel documento si chiede che la Commissione europea, prima di autorizzare la carne coltivata, svolga una valutazione d’impatto su una serie di profili. Ma molti di questi – come salute pubblica, trasparenza, benessere degli animali – sono già oggetto di esame da parte della Commissione. Quest’ultima, attraverso la commissaria alla Salute e sicurezza alimentare, Stella Kyriakidesa, l’ha fatto presente a conclusione del Consiglio, quasi a voler evidenziare la sostanziale inutilità del documento. Dunque, i trionfalismi del ministro della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, non hanno molto senso. Così come non ha senso, a maggior ragione, la legge italiana che vieta la carne coltivata – su queste pagine ne abbiamo spiegato i motivi – anche se il ministro l’ha vantata pure in Consiglio.

Il documento per l’Ue

Con riguardo ai «rischi per la salute», uno dei principali temi affrontati nel documento, il regolamento europeo sui nuovi alimenti (novel food), tra i quali si colloca la carne prodotta in laboratorio, prevede una rigorosa, ampia e approfondita valutazione da parte degli scienziati indipendenti dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), nell’ambito un complesso iter di approvazione.

Anche il profilo della trasparenza è già disciplinato dal medesimo regolamento. Le etichette dei nuovi alimenti devono rispettare requisiti più stringenti rispetto a quelle degli alimenti tradizionali, con informazioni «su qualsiasi specifica caratteristica o proprietà», quali «la composizione, il valore o gli effetti nutritivi e l’uso previsto dell’alimento», nonché «sulle implicazioni per la salute di gruppi specifici della popolazione». Dunque, la normativa già garantisce «una scelta libera e informata» da parte dei consumatori, come richiesto nel documento.

Parimenti, «il benessere degli animali», circa cui la predetta nota esprime «preoccupazioni» connesse alla carne coltivata, non solo è oggetto di normative e interventi in sede europea, ma è pure specificamente considerato dal regolamento sui novel food. Infatti, prima dell’autorizzazione, la Commissione consulta il Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi, i cui compiti coprono «l’intera catena di approvvigionamento alimentare, dalle questioni relative alla salute degli animali nell’allevamento al prodotto sulla tavola del consumatore».

Quanto alle istanze di valutazione della sostenibilità ambientale nella produzione di carne coltivata, la Ue sta già finanziando apposite ricerche anche su questo tema, attraverso i fondi del programma Horizon Europe, citato dalla commissaria Kyriakidesa.

Le richieste infondate

Appare singolare la richiesta, contenuta nel documento, che nell’esame della carne coltivata si consideri anche la tutela della «sovranità alimentare»; o quella che tale alimento sia valutato come i «prodotti farmaceutici», dato che esso non ha «proprietà curative», né altre caratteristiche tipiche dei medicinali.

Infine, la nota pretenderebbe che, «prima di qualsiasi autorizzazione», si avvii in Ue «una consultazione pubblica». Ma una iniziativa di questo tipo non è prevista dal regolamento sui novel food, teso invece a garantire un’istruttoria svolta da esperti e fondata su elementi scientifici.

Osservazioni alla procedura Tris

La questione della carne coltivata è all’attenzione della Commissione Ue anche per la procedura Tris, riguardante progetti di leggi nazionali che potrebbero ostacolare la libera circolazione: è oggetto di esame la legge italiana che vieta tale carne. Nell’ambito della procedura, l’Associazione Luca Coscioni ha inviato le proprie osservazioni, delle quali chi scrive è coredattrice. Tra le altre: la violazione della procedura stessa da parte del governo italiano, che non ha rispettato l’obbligo di sospensione dell’iter di approvazione della legge; la distorsione del principio di precauzione, richiamato impropriamente; la violazione del “diritto alla scienza”, previsto dal Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, di cui l’Italia è parte dal 1978. Riuscirà l’Ue ad affrontare il tema della carne coltivata senza pregiudizi?

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