La crisi di governo non è ancora risolta e anzi, si sta complicando ulteriormente dopo la notizia dell’inchiesta in Calabria, che ha allontanato l’ipotesi dell’ingresso in maggioranza dei senatori Udc.

Il tempo scorre e la prossima battaglia campale per il governo sarà in aula il 27 gennaio: il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, interverrà per esporre la relazione sulla giustizia.

Normalmente, si tratterebbe di un atto quasi neutro, per il quale nemmeno ci sarebbe la necessità di votare. In questa situazione, invece, le opposizioni potrebbero presentare una mozione e allora si sarebbe costretti a votare, con tutti i rischi che questo comporta per una maggioranza traballante. 

La relazione sulla giustizia, dunque, rischia di diventare il momento in cui si sfogheranno tutte le tensioni: da un lato quella sul governo sostenuto solo da una maggioranza relativa al Senato, a cui il centrodestra è tentato di dare una spallata; dall'altro quella sul disegno di legge di riforma del processo penale.

La prescrizione 

Non a caso, nelle dichiarazioni dei parlamentari è tornata a comparire la parola “prescrizione”. Attualmente è in vigore la riforma Bonafede: approvata con il governo Conte I nel pacchetto Spazzacorrotti ma poi bloccata dalla Lega, che ne chiedeva l’entrata in vigore solo dopo la riforma complessiva della giustizia penale, è poi diventata a tutti gli effetti legge dello stato con il governo Conte II pochi mesi fa. All’epoca del dibattito in commissione, un anno fa, Italia Viva aveva dato battaglia fino quasi a rompere con la maggioranza, sostenendo la linea degli avvocati penalisti nel no alla riforma.

Il Partito democratico, pur pubblicamente tiepido nei confronti dell’iniziativa e segretamente a maggioranza contrario alla linea Bonafede, ha scelto invece la strada della mediazione e la ha ribadita anche negli ultimi mesi: la riforma Bonafede non è ovviamente retroattiva e dispiegherà i suoi effetti solo in futuro, nel frattempo la riforma del processo penale farà sì che i processi si velocizzino al punto da non rendere più nemmeno necessario l’istituto.

Il dibattito, poi, si era interrotto a causa dello scoppio della pandemia, ma Italia Viva aveva pronto il lodo Annibali, che avrebbe fatto slittare di un anno l’entrata in vigore dello stop.

Oggi, invece, il tema torna in primo piano: Bonafede, nel suo intervento in parlamento, non potrà non affrontare il tema dello stop alla prescrizione, che è considerato una delle più importanti battaglie vinte dal Movimento 5 Stelle. Rivendicarlo, però, significherà inimicarsi buona parte dell’aula, se non la maggioranza.

Alla Camera non dovrebbero sorgere problemi, ma il pallottoliere del Senato è ormai impazzito: Renzi ha già schierato i 16 senatori Iv per il No e il centrodestra spera di saldarli con i suoi 140 voti. Il che farebbe esattamente 156, esattamente il numero totalizzato al Senato nel voto di fiducia, grazie anche alla presenza dei senatori a vita. 

A destare preoccupazione e soprattutto a far subdorare l'imboscata, sono state le dichiarazioni di due senatori ben esperti in materia di giustizia. 

La senatrice del gruppo Misto, Sandra Lonardo Mastella, che martedì ha votato la fiducia a conte, ha detto che non ha ancora deciso come orientarsi sulla relazione Bonafede. Ma l’accenno è chiaro: «Non ho condiviso la politica di Bonafede finora - spiega - l’eliminazione della prescrizione è stata un errore, perché lascia nell’inferno dell’attesa di processi interminabili, la maggior parte delle persone che entrano nell’ingranaggio della giustizia- mala giustizia». Il che farebbe presagire un suo possibile voto contrario.

Altrettanto fosche per il ministro sono le previsioni di un deputato navigato come Enrico Costa, abile nella gestione della tattica in commissione giustizia e il parlamentare che ha più messo in difficoltà la maggioranza con la presentazione di una sua proposta proprio sulla prescrizione. «Il 70% dei parlamentari non condivide la politica giustizialista di Bonafede e dei Cinquestelle, ma per una ragione o per l’altra, molti di essi hanno fatto prevalere le convenienze alle convinzioni. La prossima settimana i nodi verranno al pettine e vedremo se il Pd accetterà ancora una volta di difendere una linea forcaiola ed irrispettosa dei più elementari principi di civiltà giuridica».

Insomma, la via del Guardasigilli è lastricata di possibili inciampi.

La commissione Giustizia

L’altra data da cerchiare in rosso sul calendario è quella del 1 febbraio, giorno in scadranno i termini per presentare gli emendamenti al Milleproroghe.

Attualmente, nel testo del ddl penale è contenuto anche il cosiddetto lodo Conte-bis sulla prescrizione, che era stato partorito con grande difficoltà della maggioranza nel febbraio scorso e che prevede di modificare in questi termini la norma Bonafede: non più stop assoluto della prescrizione dopo il primo grado, ma distinguere gli assolti dai condannati. Per i primi la prescrizione continua a decorrere, con 18 mesi per fare l'appello e sei mesi per la Cassazione. Per i condannati invece la prescrizione si ferma. Però, se poi il condannato in primo grado viene assolto in appello, ha diritto di recuperare il tempo di prescrizione perduto tra primo e secondo grado.

Dove sta il rischio allora? Proprio tra gli emendamenti al decreto Milleproroghe il deputato di Azione, Enrico Costa, potrebbe presentarne uno che abolisca la riforma Bonafede. E, dati i numeri nelle commissioni, non è affatto detto che l’impresa sia impossibile. 

Anche perchè sul punto l’orientamento dei renziani è sempre stato di categorica opposizione alla cancellazione della prescrizione. Ora che non hanno più le mani legate al governo, potrebbero anche provare ad assestare la spallata alla norma bandiera dei Cinque stelle.

Tutto rimane in bilico sulle trattative per risolvere la crisi di governo. Attualmente la situazione sembra di stallo, con tentativi di nuovo avvicinamento da parte del governo ai renziani, visto che al Senato i numeri per la maggioranza non ci sono. Nel prezzo del rientro, potrebbe finire anche la prescrizione, oltre che una eventuale richiesta di passo indietro dello stesso ministro Bonafede.

L’Unione camere penali

A far presagire un ritorno sulla scena del dibattito sula prescrizione, è anche un lungo intervento di Giandomenico Caiazza, presidente dell’Unione camere penali italiane, che è anche difensore di Matteo Renzi nell’inchiesta Open.

Parlando della relazione di Bonafede del 27 gennaio, scrive: «Mi permetto sommessamente di ricordare ai nostri rappresentanti in Parlamento che il 2020 è stato l’anno nel quale è entrata in vigore la riforma della prescrizione dei reati, che ha sostanzialmente abrogato l’istituto». Poi ricostruisce i passaggi che hanno portato all’approvazione della legge, ricordando in particolare che il Pd aveva sostenuto che «questa riforma non è la nostra e non la condividiamo, comunque la votiamo ma solo perché da subito inizi il percorso parlamentare di riforma dei tempi del processo penale, altrimenti l’imputato a vita è una incivile assurdità». Eppure, scrive Caiazza rivolgendosi in particolare ai dem: «Mercoledì in Parlamento basterà ricordare queste parole, e questi impegni politici pubblici, a fronte, ancora una volta, del nulla sul fronte della riforma del processo penale».

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