Risponde così a chi gli chiede se si candiderà o meno a sindaco di Napoli: «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere». Eppure il nome di Catello Maresca – magistrato antimafia noto per l’arresto del boss dei Casalesi, Michele Zagaria, in passato alla direzione distrettuale antimafia e ora sostituto procuratore presso la procura generale di Napoli – circola in modo sempre più insistente. Lui, considerato un “falco” della giustizia per le sue posizioni intransigenti sul carcere e volto conosciuto grazie alla partecipazione a Non è l’arena di Massimo Giletti, per ora non scioglie le riserve. Chi lo conosce bene lo definisce gratificato da tanta attenzione, molto lusingato dai corteggiamenti e intenzionato a valutare «seriamente» l’ipotesi di candidarsi a palazzo San Giacomo. Tanto seriamente da calcolare ogni passo e da essersi già circondato di un piccolo ufficio stampa, oltre che da un circuito di amici fidati che lo consigliano a ogni passo. Così seriamente da essere disposto a entrare in rotta con l’Associazione nazionale magistrati.

Liti tra toghe

Catello Maresca non è certo il primo magistrato a “salire in politica”, come dice qualcuno dei suoi più stretti collaboratori, e non è certo il primo a farlo mentre è ancora in attività. Il precedente più noto è quello di Michele Emiliano a Bari, eletto sindaco della città in cui era magistrato. Nessuna legge lo impedisce: il magistrato ha l’obbligo di collocarsi in aspettativa o rinunciare definitivamente alla toga, ma solo quando accetta ufficialmente una candidatura. Durante il limbo – che può essere anche molto lungo – in cui le forze politiche si confrontano nella scelta di un nome, la legge nulla prescrive. «Sta al singolo magistrato usare il buon senso e sciogliere presto le riserve, evitando una concomitanza di ruoli che mette in difficoltà tutta la magistratura», dice un magistrato napoletano. È vero che Maresca è impegnato in Corte d’appello e quindi non si occupa direttamente delle notizie di reato, ma continua comunque a esercitare la giurisdizione, «con profili delicati per quanto riguarda l’imparzialità». Nell’ufficio giudiziario, infatti, gira il sospetto che Maresca – considerato un collega serio e con un curriculum di peso – possa far leva sulla propria attività in toga, che lo porta spesso sia in televisione che sui giornali, come trampolino per la campagna elettorale.

Eppure Maresca non ha alcuna intenzione di farsi dettare l’agenda dai colleghi: anzi. È bastata una battuta sul suo caso della vicepresidente dell’Associazione nazionale magistrati, Alessandra Maddalena, che ha detto a Repubblica «posso solo esprimere l’auspicio che la situazione venga chiarita al più presto. L’incertezza non giova né alla magistratura, né alla politica, né allo stesso Catello», e Maresca ha strappato la tessera, comunicando il suo addio formale. La sua reazione (non del tutto inattesa visto l’esodo dall’Anm dei magistrati napoletani) è l’ennesima dimostrazione delle cattive acque in cui naviga il sindacato e uno degli infiniti strascichi del caso Palamara. «Vengono a fare le pulci a me, quando l’Associazione non ha ancora risolto il nodo del mercato delle nomine e dalle chat continua a venire fuori di tutto», sarebbe stato il ragionamento nel decidere di lasciare l’Anm. Del resto il magistrato rifiuta di ridurre la sua candidatura al solo profilo giudiziario.

Lo studioso del presepe

Maresca punta a essere l’alfiere della società civile. In tutte le interviste sottolinea di essere «uomo delle istituzioni» e fa trapelare di considerarsi un possibile candidato civico, senza simboli di partito. Proprio questa dovrebbe essere la sua forza ma anche ciò che potrebbe penalizzarlo.

I suoi sostenitori lo considerano «uno dei migliori figli di Napoli»: appena quarantottenne, impegnato nel sociale e nel volontariato, molto apprezzato anche negli ambienti religiosi della città. Napoletano doc e amante della tradizione partenopea, è un grande studioso del presepe napoletano del Settecento, di cui organizza mostre itineranti in giro per la regione. Scrive spesso per il giornale online juorno.it, in cui spazia dalla giustizia ai costumi, con l’immancabile pezzo sulla morte di Diego Armando Maradona. Intorno a sé ha creato una cerchia ristretta di amici che provengono dalla buona borghesia cittadina: avvocati, bancari, presidenti di associazioni di volontariato oltre che colleghi magistrati.

Eppure, anche un neofita della politica sa che, in una grande città, non si può sperare di vincere senza i partiti. Forza Italia in particolare, ma anche la Lega e poi Fratelli d’Italia hanno mostrato interessamento per il giovane magistrato, ma le lusinghe si sarebbero fermate di fronte alla volontà di Maresca di dire no a qualsiasi simbolo di partito: ben vengano i voti del centrodestra, ma senza fiamme tricolori e Alberti da Giussano associati al suo nome. Troppo da chiedere, soprattutto perché lui sarebbe sì un buon nome ma non certo l’unico per il centrodestra, che ne apprezza il profilo antimafia ma non lo considera un candidato irrinunciabile. I colloqui ci sono stati, altri sono in programma a gennaio, poi si vedrà. Non c’è fretta. Infatti sul fronte del centrosinistra un nome ancora non c’è, sono in campo l’intramontabile Antonio Bassolino e la pupilla di Luigi De Magistris, Alessandra Clementi, ma è ancora tutto molto fluido. L’iniziativa ora spetta a Maresca: la facoltà di non rispondere è una tutela processuale, ma alla lunga in politica rischia di essere un’arma a doppio taglio.

 

© Riproduzione riservata