I magistrati onorari in servizio esercitano le funzioni giurisdizionali ormai da decenni senza ricevere alcuna tutela lavorativa e previdenziale, in una condizione di stabile precariato, sono stati  recentemente riconosciuti magistrati europei e lavoratori ai sensi e per gli effetti delle Direttive dell’Unione, dalla CGUE nella causa 658/18 con sentenza del 16.07.2020- UX contro il Governo italiano.

Eppure il Governo omette di menzionare questa componente imprescindibile della magistratura, non intendendo nella maniera più assoluta applicare la sentenza della CGUE, né adeguarsi a quanto richiesto dalle istituzioni politiche sovranazionali che riconoscono loro i pieni diritti giuslavoristi, funzionali a garantire l’indipendenza e l’autonomia nell’espletamento degli incarichi.

Anche l’Europa è intervenuta

Il 20 maggio 2020 la Commissione Europea ha indirizzato all’Italia la raccomandazione di migliorare l’efficienza del sistema giudiziario e l’efficacia della PA, condizioni imprescindibili ai fini della fruizione dei fondi da erogarsi nel programma di Recovery Fund, circostanza che rende ancora più urgente la riforma della magistratura onoraria in linea con le richieste della categoria.

Recentemente, la Commissione PETI del Parlamento Europeo ha nuovamente ascoltato le istanze dei magistrati onorari, concludendo così la Presidente Montserrat: «la Commissione decide di tenere aperte le petizioni, di inoltrare alla Commissione per le valutazioni… e inoltrare una lettera al Ministro della Giustizia italiano affinché spieghi come intende dare attuazione alla sentenza UX».

Il 24 novembre 2020 la Commissione europea ha aggiornato l’utenza in ordine agli sviluppi delle numerose denunce  «relative all’eventuale incompatibilità in Italia delle condizioni di lavoro dei giudici onorari, compresi i vice procuratori onorari», precisando che «la Corte ha confermato che i Giudici di Pace devono essere considerati lavoratori ai fini del diritto del lavoro dell’Unione. La Commissione sta analizzando la sentenza UX e la sua rilevanza per le altre categorie della magistratura onoraria nell’ordinamento giuridico italiano».

La strada che l’Europa sta tracciando, senza alcuna collaborazione da parte del Governo italiano, giungerà a un’inevitabile conclusione: portare la rotta sulla linea della giustizia formale e sostanziale, della legalità per le figure professionali coinvolte, in ossequio ai dettami costituzionali.

Serve un decreto legge

La grave situazione, resa ancor più evidente dall’emergenza pandemica in corso, necessita di una rapida definizione, prima che il Sistema tracolli, individuando una soluzione immediatamente percorribile ed efficace.

L’unica strada è la decretazione d’urgenza, che mantenga in servizio i magistrati onorari e riconosca loro i diritti previdenziali, assistenziali e retributivi compatibili con le funzioni esercitate. Tale soluzione, oltre ad essere rapida, rispetta i caratteri della necessaria efficienza nella scelta della strategia migliore nella situazione attuale, in quanto si attingerebbe a personale formato, con esperienza anche pluridecennale,  in grado di operare nell’immediato, con un impegno a tempo pieno e fino al raggiungimento del limite di età di 70 anni. 

Le risorse necessarie sono finanziariamente sostenibili. Nel DDL Bilancio 2021 per l’Italia, con focus sull’art. 184, vi sono stanziamenti già messi a disposizione in appositi fondi per quasi 120 miliardi di euro, previsione inconciliabile con la clausola di invarianza finanziaria del disegno di legge pendente  in Commissione Giustizia al Senato -  ove il legislatore inquadra fittiziamente i 5000 magistrati italiani quali business owner, con finalità pacificamente elusive delle norme eurounitarie.

I soldi ci sono

Non è superfluo riportare quanto esternato recentemente dai redigenti ministeriali i quali, rispondendo a un’interrogazione su tempi e modi previsti dall’Esecutivo per attuare il disposto della CGUE,  hanno affermato che il magistrato onorario è immeritevole di tutele, che non è un lavoratore e che non esiste per l’ordinamento, poiché servile non all’efficienza del sistema e al buon andamento della res publica, bensì «alla finalità di contenere il numero dei togati, pena la perdita di prestigio e la riduzione delle retribuzioni della Magistratura professionale».

Nell’offenderci, per la prima volta non si alza il vessillo dell’invarianza finanziaria a giustificare l’ingiustificabile.

Non chiediamo di attingere alle prerogative della Magistratura di ruolo, ma solo di essere trattati con la decenza che un ordinamento democratico fondato sul lavoro impone, nel rispetto della Carta costituzionale e dei suoi principi.

Durante la pandemia

E’ storia recente che durante la fase di sospensione dell’attività giudiziaria per l’emergenza sanitaria, la magistratura onoraria italiana è rimasta negli uffici di competenza a garantire i servizi indifferibili e urgenti, le turnazioni di reperibilità e l’evasione del lavoro già preso in carico,  senza tutele, priva di adeguata retribuzione, svolgendo compiti che l’odierno sistema di pagamento a cottimo, ancorato quasi esclusivamente allo svolgimento delle udienze, non riconosce come remunerabili.

Il contributo di solidarietà, 600 euro, previsto per tre mensilità ed alimentato dal capitolo di bilancio di stretta pertinenza, è stato, in moltissimi Uffici, negato per la fase successiva all’11 maggio o decurtato delle misere indennità percepite per i pochi giorni di attività prestata, quasi a punire il magistrato virtuoso, con risibili motivazioni.

In piena emergenza pandemica,  magistrati onorari di più sedi giudiziarie, requirenti e giudicanti, hanno dovuto operare una disumana opzione tra diritti egualmente essenziali della persona, optando per la tutela della salute, alcuni iniziando oggi finanche lo sciopero della fame.

Ci chiediamo, davanti a tanta condivisa disperazione, fino a che punto si pensi di alzare l’asticella ai danni di questi lavoratori.

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