Cari lettori,

questa settimana si conclude ancora con la questione della riforma dell’ordinamento giudiziario.

Il ddl dovrebbe essere approvato martedì 26 aprile alla Camera per poi passare all’esame del Senato. Contemporaneamente, l’Associazione nazionale magistrati sta discutendo dello sciopero: formalmente per ora è stato dichiarato solo lo stato di agitazione, il 30 aprile si svolgerà una assemblea straordinaria in cui si deciderà se lo sciopero avrà luogo.

Sul fronte dei commenti, l’avvocato Matteo Bonetti propone una analisi del codice della crisi di impresa, ancora rinviato nella data di entrata in vigore.

Niente sorteggio dei collegi

La riforma dell’ordinamento giudiziario è arrivata in aula alla Camera e, dopo qualche minaccia, il suo iter di approvazione sembra destinato a concludersi senza problemi.

Il timore era che il fragile equilibrio costruito in commissione fosse di nuovo sul punto di saltare – con nuovi emendamenti presentati dai partiti di maggioranza – invece dall’aula sono arrivati segnali distensivi.

Pochi gli emendamenti (da parte della maggioranza, solo un paio della Lega e una quarantina di Italia Viva), il più importante arriva dalla commissione Giustizia: si è tornati, infatti, al testo iniziale approvato dal Consiglio dei ministri sul sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura, abbandonando così il compromesso del sorteggio dei collegi raggiunto dalla maggioranza in sede di commissione.

Secondo il nuovo testo, modificato attraverso un emendamento della commissione presentato ieri sera, i collegi verranno scelti con decreto del ministro della Giustizia, sentito il Csm, almeno quattro mesi prima delle elezioni, «tenendo conto dell’esigenza di garantire che tutti i magistrati del singolo distretto di Corte d’Appello siano inclusi nel medesimo collegio e che vi sia continuità territoriale tra i distretti inclusi nei singoli collegi, salva la possibilità, al fine di garantire la composizione numericamente equivalente del corpo elettorale dei diversi collegi, di sottrarre dai singoli distretti uno o più uffici per aggregarli al collegio territorialmente più vicino».

La modifica è stata accolta con favore dalla magistratura associata.

Aria di sciopero in Anm

Parallelamente all’iter parlamentare, l’Associazione nazionale magistrati sta ancora ragionando sulla possibilità dello sciopero. Formalmente, la decisione verrà presa il 30 aprile, in occasione di una assemblea straordinaria.

La Giunta, però, ha tenuto una conferenza stampa in cui ha spiegato le «buone ragioni» della contrarietà delle toghe alla riforma dell’ordinamento giudiziario.

In sintesi, l’opposizione riguarda principalmente il fascicolo delle performance dei magistrati; la riduzione a solo una volta per il passaggio da una funzione all’altra; la gerarchizzazione.

Ragioni che sarebbero su due livelli: da un lato c’è il no a norme che «introducono una organizzazione gerarchica che contrasta coi valori costituzionali» e all’utilizzo «della leva del disciplinare per inibire i magistrati»; dall’altro c’è la critica più complessiva a un pacchetto di riforme della giustizia che non risolverebbero il problema della lentezza dei processi.

La sensazione finale è che l’Anm sia stata colta alla sprovvista dalle modifiche apportate al testo in commissione. «Credevamo che il testo finale fosse quello emendato dal ministero. Le criticità della riforma sono state enfatizzate dagli emendamenti al testo ministeriale», ha detto riferendosi in particolare al fascicolo delle performance e alla riduzione a uno dei passaggi possibili dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti.

Perchè lo sciopero non venga proclamato, l’unica mediazione possibile dovrebbe venire dal ministero, ma da via Arenula non arriva alcun segnale.

La lotta interna ai gruppi associativi

In realtà, anche tra le toghe c’è qualche perplessità rispetto alla gestione da parte dell’Anm. 

Il gruppo di Magistratura democratica, pur confermando il giudizio negativo sulla riforma, in una lettera indirizzata al presidente Giuseppe Santalucia ha sollevato dubbi sull’azione dei rappresentanti del sindacato delle toghe.

«L’azione dell’Anm nel contesto della riforma, ci è apparsa intempestiva, timida e incapace di proposte idonee a dimostrare l’assunzione di responsabilità per la crisi», si legge. «l’Anm deve recuperare in fretta la sua autorevolezza nei rapporti con il governo e il parlamento». Tradotto: secondo Md l’Anm non sarebbe stata capace di fare da argine alla riforma perché troppo impegnata a tutelare posizioni corporative invece di svolgere, anche all’esterno, l’autocritica necessaria al rinnovamento della categoria.

La prima udienza del processo a Davigo

A Brescia è cominciato il processo per rivelazione di segreto d’ufficio a carico dell’ex consigliere del Csm, Piercamillo Davigo, per aver diffuso in modo «informale e senza alcuna ragione ufficiale» i verbali del legale esterno di Eni, Pietro Amara, in cui raccontava dell’esistenza della presunta loggia Ungheria. Con la divulgazione del loro contenuto all’ufficio di presidenza del Csm e al presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra, Davigo avrebbe violato i doveri legati alle sue funzioni e «abusato delle sue qualità», si legge nel capo di imputazione.

Il giudice ha ammesso la presenza di telecamere in aula e anche l’intera lista dei testi presentati, riservandosi nel caso di sfoltirla a mano a mano che si svolgerà il dibattimento.

A processo, quindi, verranno sentiti i magistrati di Milano che si sono occupati del processo Eni e anche molti consiglieri del Csm, tra i quali i vertici di cassazione Giovanni Salvi e Pietro Curzio.

Davigo ha fatto spontanee dichiarazioni e ha chiesto l’assoluzione: «Ho fatto il mio dovere. Non ritengo che si debba scappare dal giudice quando si è innocenti. Credo di avere delle ragioni che possono essere dimostrate».

Il processo, tuttavia, potrebbe essere determinante per mettere finalmente ordine nella vicenda del passaggio di mano in mano dei verbali di Amara, che hanno dato vita allo scandalo della presunta loggia Ungheria.

Il benessere delle toghe

L’Anm ha promosso una iniziativa volta a misurare il benessere lavorativo dei magistrati. Attraverso un questionario si cerca di valutare quali sono le criticità: le toghe avranno tempo fino alla fine dle mese per rispondere alle domande in modo anonimo. I dati raccolti verranno poi elaborati e resi pubblici.

Edilizia giudiziaria

L’importo complessivo speso secondo il Pnrr in edilizia giudiziaria e penitenziaria è di 540 milioni di euro, con 58 interventi.

Si legge nella GNews del ministero che, per la Lombardia e l'Emilia Romagna, il provveditorato ha avviato otto interventi su altrettanti edifici giudiziari e tre relativi all'edilizia penitenziaria, per un importo complessivo di 118 milioni; nella corte d’Appello di Bologna i lavori sono già in corso; in Veneto è prevista la costruzione di un padiglione modello per detenuti adulti, in ampliamento della casa circondariale di Rovigo, per un importo di circa 15 milioni di euro; In Piemonte, il provveditorato ha avviato la procedura di gara per l'affidamento della progettazione esecutiva dei lavori presso l'ex complesso carcerario "Le Nuove", destinato ad accogliere gli uffici della Corte d'Appello, per un importo complessivo di 23 milioni di euro.

Sempre a Torino, con previsione di fine lavori per il 2026, saranno ristrutturati la sede del Centro di Giustizia minorile e l'Istituto penale per minori.

In Sicilia e in Calabria sono coinvolti nelle attivita' dieci edifici giudiziari e l'istituto penitenziario di Arghillà.

Per il Lazio e' previsto l'efficientamento della Corte d'Appello e altri 20 interventi nelle sedi di vari uffici giudiziari.

In Sardegna sono partite due gare d'appalto, una per il Palazzo di Giustizia e una per il Tribunale per i minorenni di Cagliari.

In Toscana, sono previsti lavori per il Tribunale e per la Procura per i minorenni di Firenze, mentre in Umbria e' attesa la realizzazione di un nuovo padiglione presso il complesso penitenziario di Perugia, in località Capanne, per cui è stata avviata la procedura per l'affidamento del progetto di fattibilità tecnico-economica.

Avvocati, al via le specializzazioni

Si è insediata la commissione (composta da avvocati, magistrati e professori universitari) presso il ministero della Giustizia che elaborerà le linee generali per definire i corsi di formazione specialistica degli avvocati.

Il tema è ormai storico per l’avvocatura: la legge è del 2012 ma non è mai stata attuata perchè l’iter è stato più volte interrotto dai ricorsi. La ministra Marta Cartabia, infatti, ha ricordato che «il titolo di specializzazione per gli avvocati è una richiesta e scelta legislativa di ben dieci anni fa e che richiede una attuazione. La specializzazione è una esigenza che si impone e la spinta arriva anche dall’Europa».

La commissione è chiamata a redigere le linee generali per i corsi da attivare per permettere agli avvocati di conseguire il titolo di specialista nelle branche del diritto di cui si occupano con prevalenza.

Ocf prova a ripartire

Dopo le dimissioni dell’ufficio di coordinamento e l’elezione dei nuovi membri, Ocf prova a ripartire.

Il neo coordinatore Sergio Paparo con il tesoriere Emanuele Maganuco e la segretaria Tiziana Carabellese ha incontrato sia il vertice del Consiglio nazionale forense, Maria Masi. Presso il Cnf si è discusso dell’organizzazione dei lavori preparatori funzionali all'appuntamento congressuale di ottobre 2022.

Paparo ha incontrato anche il vicepresidente del Csm David Ermini: si è discusso dell’importanza del ruolo dell’Avvocatura quale garanzia di effettiva tutela dei diritti, riflettendo in particolare sull’evoluzione della professione forense alla luce delle nuove riforme. Si è poi affrontato anche il tema del prossimo Congresso nazionale forense che si terrà a Lecce dal 6 all’8 ottobre, e gli argomenti dei dibattiti, fra cui l’organizzazione giudiziaria, le scoperture di organico, la tutela dell’autonomia e indipendenza della magistratura e dell’avvocatura e delle rispettive istituzioni. 

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