La guerra in Ucraina continua a essere oggetto di attenzione da parte dell’Unione europea. La scorsa settimana, la violazione delle misure restrittive irrogate dall’Unione, come quelle nei riguardi della Russia, è stata inclusa tra i reati europei.

Inoltre, è stata presentata una proposta di direttiva per armonizzare le normative degli stati membri relative a tale violazione. È stata anche proposta l’istituzione di un tribunale speciale per perseguire il reato di aggressione da parte della Russia nei confronti dell’Ucraina.

Le sanzioni alla Russia

Nei mesi scorsi, l’Unione europea ha imposto sanzioni rilevanti alla Russia, in risposta alla guerra in Ucraina, che si aggiungono alle misure in vigore a partire dal 2014, a seguito dell’annessione della Crimea e della mancata attuazione degli accordi di Minsk.

Si tratta di sanzioni economiche, che mirano a incidere sulla capacità della Russia di proseguire nella guerra; misure restrittive mirate (sanzioni individuali), riguardanti le persone che sostengono in vario modo l’azione russa; e misure in materia di visti, che sospendono l’accordo di facilitazione tra Ue e Russia relativo al loro rilascio per i cittadini, dopo aver già colpito diplomatici, funzionari e imprenditori russi.

Lo scorso 28 novembre, il Consiglio dell’Ue ha adottato all’unanimità la decisione di aggiungere la violazione delle misure restrittive all’elenco dei reati presente nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (art. 83, paragrafo 1, Tfue).

Si tratta di reati particolarmente gravi, che possono comportare minacce alla pace e alla sicurezza internazionale e che presentano una dimensione transnazionale. Per tali reati il Tfue prevede una risposta uniforme degli stati membri per facilitare indagini, processi e pene, e questo è l’obiettivo cui mira la proposta di direttiva del 2 dicembre scorso.

La direttiva

Persone fisiche e giuridiche i cui beni sono congelati, a seguito di provvedimenti dell’Ue, continuano a poter accedere a tali beni e a sostenere con essi i regimi oggetto di misure restrittive, come la Russia. Il motivo – si legge sul sito della Commissione – è che, negli stati membri, le autorità giudiziarie e di contrasto non dispongono di risorse e strumenti adeguati ed efficaci per svolgere attività di prevenzione, accertamento, indagine e perseguimento della violazione delle misure restrittive dell’Unione.

Ciò vanifica gli obiettivi delle misure stesse e ne compromette la credibilità. Inoltre, gli stati membri rispondono in modi diversi all’inosservanza di tali misure: in alcuni essa è un reato, mentre in altri è solo un illecito amministrativo, e pertanto per la medesima violazione le conseguenze sono differenti nei vari paesi. «Questo mosaico frammentato consente alle persone soggette a misure restrittive di aggirarle», afferma la Commissione.

La direttiva è tesa a rendere omogeneo il quadro tra le legislazioni nazionali, punendo – tra l’altro – chi non congela i beni delle persone sanzionate, consente l’ingresso o il transito di queste ultime nel territorio di uno stato membro, effettua operazioni vietate o limitate dall’Ue.

La configurazione di certe fattispecie come reato e la direttiva connessa consentono di andare oltre il mero congelamento dei beni derivanti dalla violazione delle misure restrittive dell’Unione. Infatti, la sussistenza di un reato e l’accertamento da parte di un giudice ne rende possibile anche la confisca ed eventualmente la vendita. I proventi di quest’ultima potrebbero poi essere trasferiti in un fondo comune per le vittime della guerra in Ucraina e per la ricostruzione del Paese.

La confisca dei beni

L’inclusione della violazione delle misure restrittive tra i reati dell’Ue e la direttiva che armonizza la relativa legislazione degli stati membri si collegano alla direttiva sul recupero e la confisca dei beni, presentata del maggio scorso. Si tratta non solo dei beni interessati da misure connesse alla guerra in Ucraina, ma anche di quelli oggetto di azioni della criminalità organizzata.

La direttiva, nell’ambito della cooperazione transfrontaliera (art. 87 Tfue), prevede il rafforzamento delle capacità delle autorità competenti – in Italia il Comitato di sicurezza finanziaria – di identificare, congelare e gestire i beni; l’ampliamento delle possibilità di confisca; la vendita dei beni congelati qualora siano deteriorabili, perdano rapidamente di valore o abbiano costi di manutenzione sproporzionati, oppure quando i beni sono troppo difficili da amministrare o facilmente sostituibili. Come visto, la proposta di direttiva precedentemente esaminata consente di confiscare anche i beni derivanti dalla violazione delle misure restrittive imposte dall’Unione europea alla Russia.

La delibera del Consiglio sulla criminalizzazione di tali violazioni e la proposta delle due direttive citate costituiscono una risposta normativa dell’Unione europea alla guerra della Russia, per conferire ulteriore efficacia alle sanzioni.

Il tribunale speciale

Tra le azioni per garantire che la Russia sia ritenuta responsabile dei crimini commessi nella guerra in Ucraina, oltre a quelle già esposte, la Commissione ha indicato l’istituzione di un tribunale internazionale ad hoc o di un tribunale “ibrido”, cioè integrato in un sistema giudiziario nazionale con anche giudici internazionali.

«Per entrambe le opzioni, sarebbe essenziale un forte sostegno delle Nazioni unite», si legge sul sito della Commissione. Il nuovo tribunale potrebbe indagare e perseguire solo il crimine di aggressione da parte della Russia.

Come abbiamo spiegato in articoli precedenti, con riferimento alla guerra in Ucraina, la competenza per i crimini di guerra e contro l’umanità, nonché per il reato di genocidio, appartiene alla Corte penale internazionale. Infatti, nonostante né la Russia né l’Ucraina abbiano ratificato lo Statuto di Roma del 1998, istitutivo della Corte, nel 2014 l’Ucraina ne ha accettato la giurisdizione per i crimini commessi dalla Russia sul proprio territorio; e nel 2015, a seguito dei fatti in Crimea, ha di nuovo accettato la giurisdizione, senza limite di tempo.

Ma, a causa di una norma introdotta nello Statuto nel 2010 (emendamento di Kampala), la Corte non può perseguire il crimine di aggressione contro l’Ucraina poiché commesso da uno stato, la Russia, che non è parte dello Statuto. Perciò l’Unione europea intenderebbe creare un tribunale speciale che possa farlo.

La costituzione di tale tribunale non è agevole. Da un lato, come detto, sarebbe necessario l’intervento dell’Onu, non attraverso il Consiglio di sicurezza, dove la Russia porrebbe il veto, ma dell’Assemblea generale; dall’altro lato, i tempi non sarebbero brevi, essendo necessario definire lo statuto del nuovo tribunale, farlo ratificare dagli stati che lo sostengono, attribuire ad esso fondi e personale.

Insomma, al di là delle buone intenzioni dell’Unione europea, sia le direttive, che poi necessiteranno di essere recepite negli ordinamenti nazionali, sia l’istituzione di un tribunale ad hoc rischiano di non avere un impatto immediato sul conflitto in corso.

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