Alla guerra scatenata dalla Russia gli Stati stanno reagendo attraverso diplomazia, sanzioni, invio di aiuti e di armi. C’è uno strumento ulteriore, la giustizia penale. La Corte penale internazionale (Cpi) - organo giurisdizionale che si occupa dei crimini sovranazionali commessi da persone fisiche, non da Stati - ha aperto di propria iniziativa un'indagine sulla situazione in Ucraina, ed è stata investita del caso da parte di alcuni Stati aderenti allo Statuto di Roma del 1998 (cosiddetti Stati Parte).

Lo Statuto elenca i crimini sottoposti alla sua giurisdizione: genocidio, crimini contro l'umanità, crimini di guerra e aggressione.

I crimini perseguiti

Per genocidio (art. 6) s’intende qualunque atto di violenza commesso «nell’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso». Crimini contro l’umanità (art. 7) sono atti di esteso o sistematico attacco compiuto «con consapevolezza» contro popolazioni civili (omicidio, sterminio, riduzione in schiavitù, atti inumani diretti a provocare intenzionalmente grandi sofferenze o gravi danni all’integrità fisica o alla salute fisica o mentale ecc.).

I crimini di guerra sono divisi in quattro categorie (art.8). Le prime due, riferite ai conflitti armati internazionali, riguardano «gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949» (omicidio volontario, tortura o trattamenti inumani, grandi sofferenze o gravi lesioni all’integrità fisica o alla salute ecc.) e «altre gravi violazioni delle leggi e degli usi applicabili, all’interno del quadro consolidato del diritto internazionale» (attacchi contro popolazioni civili o contro civili che non partecipino alle ostilità, contro beni che non siano obiettivi militari, contro missioni di soccorso umanitario, ospedali ecc.). Le rimanenti due riguardano i conflitti armati non internazionali.

Per atto di aggressione, infine, s’intende «l’uso della forza armata da parte di uno Stato contro la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di un altro Stato, o in qualunque altro modo contrario alla Carta delle Nazioni Unite», indipendentemente da una dichiarazione di guerra (art. 8 bis).

I crimini di competenza della Corte non sono soggetti a prescrizione (art. 29).

La procedura della Corte

Il procuratore della Corte può iniziare una inchiesta di sua iniziativa o su deferimento del caso da parte di uno Stato - come per l’invasione dell’Ucraina - e in queste ipotesi la Corte è competente solo se lo Stato sul cui territorio è stato commesso il crimine o lo Stato di nazionalità dell'accusato, oppure entrambi, siano parti dello Statuto.

Invece, se l’avvio di indagini avviene su richiesta del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, la giurisdizione della Corte non è sottoposta a condizioni (art.13).

L’Ucraina non è Stato Parte (nel 2000 ha sottoscritto lo Statuto, senza poi ratificarlo), ma nel 2014 ha accettato la giurisdizione della Corte (art. 12.3) per i crimini commessi dalla Russia sul proprio territorio; e nel 2015, a seguito dei fatti in Crimea, ha di nuovo accettato la giurisdizione, senza limite di tempo. Pertanto, la Cpi ha competenza a giudicare i crimini commessi in Ucraina. Ma non quello di aggressione, nonostante l’invasione russa nel territorio ucraino sia qualificabile come tale.

La Corte esercita il proprio potere di giurisdizione in caso di aggressione quando quest’ultima è realizzata da cittadini di uno Stato Parte o sul suo territorio.

Né Russia né Ucraina sono Stati Parte. L’avvio dell’indagine per aggressione potrebbe essere chiesta dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu ma il governo russo porrebbe il veto.

Il mancato adeguamento dell’Italia

La Corte giudica i crimini indicati dallo Statuto solo se uno Stato non vuole o non può farlo (art. 17, principio di complementarietà, cui corrisponde la primazia delle giurisdizioni nazionali). Secondo lo Statuto, «è dovere di ciascun Stato esercitare la propria giurisdizione penale nei confronti dei responsabili di crimini internazionali» indipendentemente dalla nazionalità, dal paese di residenza o da qualsiasi altro collegamento di tali soggetti con lo Stato che intraprende il processo.

Questa forma di giurisdizione “universale” si basa sull’assunto che alcuni crimini siano talmente rilevanti da poter essere oggetto di giudizio in qualunque Stato.

Le leggi di molti paesi autorizzano i tribunali nazionali a indagare e perseguire i sospettati di reati previsti dallo Statuto. Invece l’Italia, nonostante la ratifica, si è limitata ad adeguarsi allo Statuto per profili di collaborazione tra la giurisdizione nazionale e quella della Corte, con particolare riguardo alla procedura di consegna alla Cpi di persone che si trovino sul territorio italiano, a seguito di mandato d’arresto internazionale ovvero di sentenza di condanna della Corte.

È stata, invece, stralciata la parte della proposta di legge che avrebbe introdotto nel codice penale norme su crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

Siccome la legislazione italiana non prevede tutti i reati di competenza della Corte, l’Italia potrebbe giudicare solo quelli riconosciuti dall’ordinamento nazionale, come tortura, stupro o violenze. Ciò vanifica in parte la “giurisdizione universale”.

Putin in tribunale?

I capi di stato non godono di alcuna immunità (art. 27), e Putin potrebbe essere perseguito, ad esempio, per il ripetuto bombardamento di edifici che ospitavano civili.

Prima che la Camera dei giudizi preliminari della Corte emetta un mandato di arresto, su richiesta del procuratore, serve siano accertati fondati motivi di reità circa la commissione dei crimini previsti, a qualunque livello della catena di comando (art. 58). Questo può essere difficile specie per i crimini di guerra, soprattutto in mancanza di cooperazione dello stato coinvolto, come nel caso della Russia, che non riconosce la giurisdizione della Corte.

I procedimenti giudiziari della Cpi possono richiedere molto tempo: l’inchiesta aperta per l'invasione russa dell'Ucraina nel 2014 è ancora in corso. Comunque, in caso di mandato di arresto da parte della Corte nei riguardi di Putin e altri soggetti reputati responsabili, per garantirne la comparizione al processo, che non può svolgersi in contumacia (art. 63), i 123 Paesi Parte sarebbero obbligati a consegnarli alla giustizia, qualora li trovassero nel proprio territorio. Appare, tuttavia, difficile che Putin lasci il proprio Paese.

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