Si allunga di un giorno l’attesa di nuove risposte sul video della giudice di Catania, Iolanda Apostolico, girato nel 2018 alla manifestazione per chiedere lo sbarco dei migranti bloccati sulla nave Diciotti e pubblicato da Matteo Salvini sui propri canali social.

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ieri ha preferito andare a Cagliari per un vertice in prefettura, delegando il sottosegretario leghista Nicola Molteni a sostituirlo al question time in commissione Affari costituzionali alla Camera.

Oggi, però, il ministro è atteso in Senato per rispondere a una interrogazione del Partito democratico a prima firma di Anna Rossomando, in cui si chiede conto di come «sia stato conservato e soprattutto diffuso il video», «come il ministro Salvini ne sia entrato in possesso» e «se e con quali modalità vi siano sistematiche attività di registrazione nel corso di manifestazioni e per quanto tempo vengano conservati i dati».

Tutte domande aperte da oltre una settimana, durante la quale il leader leghista ha continuato a dichiarare contro la giudice chiedendone dimissioni come se si trattasse di una politica eletta.

Lo scontro politico tra Salvini e la magistrata di Catania, però, ora ha investito il Viminale nel suo ruolo di ministero responsabile in materia di ordine pubblico, trascinando così Piantedosi in una polemica che lui aveva tentato di mantenere sui binari istituzionali.

Era stato Piantedosi ad annunciare l’immediato ricorso in Cassazione contro l’ordinanza di Apostolico che disapplicava il decreto delegato sul trattenimento nei Cpr per i migranti che non prestino la garanzia economica dei 5.000 euro. E così ha ribadito anche ieri spiegando che lo farà avverso tutti i provvedimenti di uguale natura. Del resto, quella di Catania è stata solo la prima di una serie di ordinanze in questo senso. Le ultime quattro sono state emesse proprio ieri, sempre dalla giudice Apostolico che sta regolarmente continuando a prestare servizio alla sezione immigrazione del tribunale.

Alcuni dettagli nuovi, tuttavia, sono emersi dal question time alla Camera. Innanzitutto Molteni ha confermato ciò che già era emerso sulla stampa: il carabiniere che nei giorni scorsi si sarebbe autoaccusato di aver prodotto il video del 2018 ha ritrattato. «Il 6 ottobre un militare ha detto ai suoi superiori di aver fatto le riprese e di aver diffuso quel video. Sempre secondo quanto riferito dal Comando generale dell’Arma, il militare ha poi ritrattato queste affermazioni e sono in corso valutazioni della rilevanza disciplinare», le parole di Molteni.

In realtà, come risulta a Domani, nessun militare si sarebbe mai accusato di sua spontanea volontà, ma il suo nome sarebbe stato segnalato da alcuni colleghi ai superiori del comando provinciale di Catania, che successivamente ha inviato una relazione in procura. Il carabiniere si è anche rivolto all’avvocato Cristian Petrina, specializzato in diritto militare, e al Sim, il “Sindacato italiano militari carabinieri”: «Esclude categoricamente che lo stesso abbia mai comunicato ai propri superiori di esserne l’autore».

Del resto erano già molti i dubbi: il video è girato da dietro il cordone di sicurezza e il servizio d’ordine al porto di Catania in occasione della manifestazione era svolto dalla polizia. Improbabile quindi la presenza di un membro di un altro corpo.

La versione del video girato con il proprio cellulare da un carabiniere, tuttavia, aveva il merito di allontanare sospetti di utilizzo improprio di riprese della Digos. Sospetti che ora riemergono. L’unica certezza, come ha risposto Molteni alla domanda di Riccardo Magi di +Europa, è che «è escluso che il materiale sia stato estrapolato dai servizi di ordine pubblico alla manifestazione».

Ma, come ha spiegato il sottosegretario in linea generale, la polizia di stato può raccogliere i video, qualora sia necessario, «con dispositivi di ripresa privati, quando non sono disponibili strumenti adatti». In questi casi «le riprese devono essere trasferite su memoria digitale dell’ufficio e cancellate dal dispositivo personale».

Il video solleva così altri interrogativi sulle regole per effettuare le riprese durante eventi pubblici, sulla loro conservazione e sulla possibile esistenza di una centrale di identificazione dei partecipanti.

Quanto alla disciplina, Molteni ha chiarito che «il trattamento dei video è fatto dalla polizia scientifica, sulla durata di conservazione delle immagini si prevedono diversi tempi, con possibilità di allungamento connessa ad attività repressiva». Le immagini video della polizia, tuttavia, «non sono sottoposte a pratiche per l’identificazione facciale». Inoltre, «non esiste un archivio informatico delle riprese nelle manifestazioni e gli uffici di polizia non conservano i video non ufficiali».

Nulla di tutto questo, però, chiarisce l’origine del video inedito e girato da dietro la linea rossa del servizio d’ordine, ottenuto e divulgato via social da Salvini per attaccare la magistrata di Catania. Una polemica tutta politica che il leader leghista continua a cavalcare, senza dare risposte, e che rischia di travolgere il suo collega Piantedosi e gettare ombre sulle forze dell’ordine.

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