Care lettrici, cari lettori

la settimana della giustizia si è svolta all’insegna del dibattito sul referendum e sui contenuti della riforma. A questo proposito, ho predisposto un piccolo vademecum, con i contenuti spiegati e le risposte alle domande più frequenti: se vorrete, può essere utile per voi e da inviare a chi vuole capire meglio le cose. 

Se volete invece seguire un dibattito, al congresso di Bergamo di Aiga si è svolto il confronto (timing: minuto -5.12.00) tra il presidente dell’Anm, Cesare Parodi, e la vicepresidente del Cnf, Patrizia Corona, che hanno affrontato i nodi tecnici della riforma dal punto di vista della magistratura e dell’avvocatura.

Infine, si è dibattuto del ruolo e della revocabilità dei membri dell’autorità garante per la Privacy. Ma è davvero impossibile revocarli dall’incarico? Qui ho provato a rispondere.

La politica e il Csm

Tra le molte dichiarazioni della settimana di politica, magistratura e avvocatura in vista del referendum, ne ho isolata una in particolare della premier Giorgia Meloni che mi sembra interessante.

La riforma, ha sottolineato Meloni, «prevede inoltre che i membri del Csm siano sorteggiati tra magistrati con specifici requisiti, che significa liberare i magistrati dal giogo delle correnti politicizzate, dal dover dipendere dalle correnti piuttosto che dal proprio merito per avanzare di carriera. Norme di buonsenso, per le quali veniamo ovviamente accusati di qualsiasi nefandezza: dicono che vogliamo i pieni poteri, che vogliamo assoggettare la magistratura alla politica. Ma quello che non sopportano è che noi stiamo facendo esattamente il contrario, perché togliamo ai partiti la facoltà di nominare un pezzo del Csm. Ed è questo che alla sinistra non va giù: togliamo il controllo dalla politica, perché noi non vogliamo una magistratura controllata, vogliamo una magistratura che non sia controllata da nessuno, vogliamo una magistratura che sia libera».

In realtà, come è noto, il testo della riforma prevede che i laici dei due Csm siano sì sorteggiati, ma in una lista di nomi scelti dal parlamento, (che potrà essere discrezionalmente lunga o corta).

Così ha risposto infatti il Movimento 5 Stelle: «Dire che con quella legge si toglie il controllo dei partiti sulle nomine del Csm è una grande bufala. E' vero l'esatto opposto. Con la legge Nordio-Meloni la politica dentro il potere giudiziario moltiplica la sua influenza: se oggi le spetta la nomina di un terzo dei membri elettivi dell'unico Csm mentre i restanti due terzi sono eletti dai magistrati, domani il peso delle toghe sarà svilito al rango di bussolotti nel sorteggio mentre i laici saranno ancora scelti dalla politica, seppure con la finzione di un sorteggio super-temperato».

Nordio al congresso di Aiga

Al congresso di Aiga di Bergamo dal titolo: ''Rivoluzione forense: l'avvocatura presidio di GIUSTIZIA sociale nell'era delle transizioni'' è intervenuto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, il quale ha detto che la riforma «Assolutamente non c'è una sorta di revanche, ancor meno un aspetto punitivo nei confronti della magistratura. C'è invece in parte un riequilibrio tra i poteri politico, legislativo e giurisdizionale» e «Non c'è nulla da vendicare - ha continuato - la magistratura ha fatto il suo dovere, tutti abbiamo commesso degli errori ma ho sempre sostenuto che la magistratura non ha mai aggredito la politica, non ha mai cercato di sostituirsi alla politica, semmai è la politica che in modo codardo ha fatto talvolta un passo indietro lasciando un vuoto che la magistratura ha colmato».

Ha poi ribadito che «guai a politicizzare il referendum» e «guai allo slogan pro o contro il governo Meloni, non perchè abbiamo paura di perdere e che il governo vada a casa, comunque vada resteremo al nostro posto, ma proprio perchè pensiamo di vincere. E se vincendolo dovessimo farlo nei confronti di una magistratura che si fosse esposta in modo molto aggressivo, per la magistratura sarebbe una sconfitta politica e le sconfitte politiche non sono indolori: l'ultimo che vorrebbe vedere umiliata la magistratura alla quale ha appartenuto per tanto tempo è il sottoscritto».

Il confronto tv

I media vorrebbero un confronto televisivo sul referendum tra il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il presidente dell’Anm, Cesare Parodi. Quest’ultimo all’inizio sembrava convinto di voler accettare, ma ora è arrivato lo stop.

«Dopo attenta riflessione, condivisa con i colleghi dell'Associazione nazionale magistrati, non ritengo opportuna una mia partecipazione a confronti con il ministro Nordio, in quanto credo che costituirebbe una rappresentazione plastica, direttamente percepibile - e come tale fuorviante e strumentalizzabile - di una contrapposizione politica fra il governo e la magistratura, che non trova riscontro nella realtà», ha scritto in una nota. «Per meè  un sacrificio personale perchè credo molto nella rilevanza dei confronti e li ho sempre affrontati. Tuttavia, mio sforzo in queste settimane è stato quello di non giustificare in alcun modo tale prospettiva, che certamente non corrisponde alla volontà della magistratura associata».

Opposta la posizione di Nordio, che ha detto di essere «dispostissimo, l'ho detto dal primo giorno, a uno o più confronti, sempre con un solo interlocutore per non fare confusione. Certamente l'interlocutore più qualificato sarebbe il presidente dell'Anm proprio perché anche loro hanno costituito un Comitato per il No, che è un gesto politico».  E ha aggiunto che «mi suona abbastanza singolare la spiegazione di non volersi presentare a un confronto per evitare di politicizzare un referendum, che per altro non deve essere affatto politicizzato ma deve essere mantenuto nell'ambito tecnico, costituzionale e giuridico» e «Io ho indicato il presidente Parodi perché è il numero uno, se vogliono mandare il numero due o il numero tre va benissimo».

La legge sul consenso

E’ stata approvata all'unanimità in Commissione Giustizia alla Camera la nuova formulazione dell'articolo che modifica il reato di violenza sessuale, introducendo il concetto di consenso. L'emendamento, proposto dalle relatrici Michela Di Biase (Pd) e Carolina Varchi (Fdi), aggiorna la proposta di legge a prima firma Boldrini. Un accordo tra maggioranza e opposizione su una questione fondamentale che ha coinvolto le leader dei due partiti, Elly Schlein e la premier Giorgia Meloni.

Così la mancanza di «consenso libero ed attuale» entra nel reato di violenza sessuale, secondo quanto previsto dal disegno di legge per la modifica dell'articolo 609-bis del codice penale in materia di violenza sessuale e di libera manifestazione del consenso.

riforma forense

Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha confermato che il disegno di legge delega di riforma della professione forense procederà in modo rapido. «Non appena arriverà al Senato, sarà mia cura farlo camminare spedito, perché l’obiettivo si raggiunga. E si raggiungerà certamente».
Il ddl delega adesso è alla Camera e il voto è atteso tra qualche mese

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