Khaled al Hisri, spiega la Corte, «è accusato di essere stato uno dei funzionari di alto rango del carcere di Mitiga, dove migliaia di persone sono state detenute per periodi prolungati. È sospettato di aver commesso direttamente, ordinato o supervisionato crimini contro l'umanità e crimini di guerra, tra cui omicidio, tortura, stupro e violenza sessuale, presumibilmente commessi in Libia dal febbraio 2015 all'inizio del 2020». Berlino sarebbe intenzionata a estradarlo, diversamente da quanto fatto dalle autorità italiane con il caso Almasri
Dopo 24 ore di silenzio la Corte penale internazionale si è espressa sull’arresto di Khaled Mohammed Ali al Hisri da parte delle autorità tedesche. L’uomo, considerato il vice dell’ex capo della polizia giudiziaria di Tripoli accusato di crimini internazionali Osama Njeem Almasri, è stato arrestato in Germania all’aeroporto di Berlino, su mandato della Corte dell’Aia, mentre era in procinto di recarsi in Tunisia.
La Cpi ha ringraziato le autorità tedesche per «la loro forte e costante cooperazione», «che ha portato» all’arresto il 16 luglio del libico al Hishri, noto come al Buti.
L'uomo, spiega la Corte, «è accusato di essere stato uno dei funzionari di alto rango del carcere di Mitiga, dove migliaia di persone sono state detenute per periodi prolungati. È sospettato di aver commesso direttamente, ordinato o supervisionato crimini contro l'umanità e crimini di guerra, tra cui omicidio, tortura, stupro e violenza sessuale, presumibilmente commessi in Libia dal febbraio 2015 all'inizio del 2020».
La Corte
«La Cpi continua a dare priorità al rafforzamento del coordinamento interno e all'approfondimento della cooperazione esterna per l'esecuzione di ordinanze giudiziarie e mandati d'arresto, che sono passi essenziali per l'avanzamento dei procedimenti e per la consegna della giustizia alle vittime», ha detto il cancelliere della Corte Osvaldo Zavala Giler. «Ringrazio le autorità nazionali per la loro forte e costante cooperazione con la Corte, che ha portato anche a questo recente arresto».
I ricercati
Secondo quanto riferiscono i media tedeschi, Berlino ha intenzione di collaborare e di estradare il libico arrestato, a differenza da quanto fatto dalle autorità italiane nel caso Almasri. Per quella vicenda è in corso al tribunale dei ministri un’indagine per accertare eventuali responsabilità da parte di alcuni esponenti del governo. Sono indagati, infatti, la premier Giorgia Meloni, i ministri Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, e il sottosegretario con delega ai servizi Alfredo Mantovano.
Nel caso in cui la Germania estradasse al Hisri, le indagini sui crimini internazionali commessi in Libia potrebbe far luce anche su altri aspetti cruciali come le relazioni tra il paese nord africano e i governi europei nelle politiche per la gestione dei flussi migratori.
L’inchiesta ha origine il 3 marzo del 2011, quando il procuratore della Corte penale internazionale ha annunciato la decisione di aprire un’indagine sulla Libia.
Il 12 maggio 2025, la Libia ha accettato la giurisdizione della Corte sul suo territorio dal 2011 fino alla fine del 2027. Attualmente sono pendenti altri otto mandati di arresto pubblici contro capi milizie tra cui: Osama Njeem Almasri, Abdurahem Khalefa Abdurahem Elshgagi, Makhlouf Makhlouf Arhoumah Doumah, Nasser Muhammad Muftah Daou, Mohamed Mohamed Al Salheen Salmi, Abdelbari Ayyad Ramadan Al Shaqaqi, Fathi Faraj Mohamed Salim Al Zinkal e Saif Al-Islam Gheddafi (figlio dell’ex leader libico Muhammar Gheddafi).
Tuttavia sembrerebbe che, rispetto alle dichiarazioni di maggio, da Tripoli è venuta meno la collaborazione con la Cpi. Il ministero della Giustizia di Tripoli lo scorso 13 luglio ha annunciato di non voler più estradare Almasri, arrestato il 19 giugno a Torino dalla Digos e liberato poi rimpatriato a bordo di un volo di stato due giorni dopo. Non solo. In una nota il dicastero ha aggiunto che non consegnerà alcun cittadino libico e ha sottolineato che il sistema giudiziario nazionale è l’unica autorità competente a gestire tali casi.
Nella sua dichiarazione, il dicastero ha anche rimarcato che «la Libia non è parte dello Statuto di Roma istitutivo della Corte penale internazionale e non è obbligata a consegnare i propri cittadini a tale corte». Un clamoroso dietrofront.
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