Si è appena concluso il plenum straordinario del Consiglio superiore della magistratura, presieduto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e a cui ha partecipato il ministro della Giustizia Carlo Nordio.

Con l’occasione, il ministro ha presentato le ultime novità in materia di riforme e – vista la fase concitata di polemica degli ultimi giorni – ha tentato una distensione dei toni.

«Voglio riaffermare il principio costituzionale della leale collaborazione. Il concetto deve essere inteso in senso forte e orienta gli attori del sistema ordinamentale verso un raccordo di pensiero e azione per il raggiungimento di obiettivi comuni», ha detto fissando gli obiettivi di sinergia per l’attuazione del Pnrr, in particolare per il perseguimento dell’abbattimento dell’arretrato e del disposition time. «I primi segnali sono incoraggianti, faccio giungere il mio plauso per gli sforzi e la responsabilità a tutti gli uffici giudiziari».

Inoltre, il ministro ha chiesto che il Csm collabori anche maggiormente con pareri all’attività legislativa anche del ministero: «La collaborazione effettiva è la precondizione per una migliore legislazione», per questo «la richiesta di pareri del ministro al Csm non si deve limitare ai disegni di legge, ma anche a iniziative come schemi di decreti legislativi e decreti ministeriali». Nordio trasmetterà infatti anche i disegni di legge sull’organizzazione e sulle nuove competenze del giudice collegiale.

Ha poi illustrato i contenuti dei due decreti legislativi approvati nel cdm di lunedì, sul riordino della disciplina dei fuori ruolo e sull’organizzazione delle nuove valutazioni periodiche per l’accesso ai vertici degli uffici giudiziari. Ha poi aggiunto che ci saranno interventi sul settore civile, sulla sicurezza delle infrastrutture informatiche, a gennaio partirà il processo penale telematico. Quanto alle assunzioni, ha confermato il prolungamento dei contratti per i giovani assunti per l’ufficio del processo e la «definizione con 500 milioni di euro della situazione in cui si trovano ancora i magistrati onorari».

Infine non ha citato in modo aperto la separazione delle carriere, tema controverso e avversato dalla maggior parte della magistratura, ma si è limitato a dire che il suo obiettivo è quello di dare «piena realizzazione all’impianto accusatorio del codice di procedura penale voluto da Giuliano Vassalli». Solo in replica alle sollecitazioni dei consiglieri ha chiarito che «se domani cambierà la Costituzione nella parte che riguarda la magistratura, mai e poi mai il pm sarà sottoposto all’esecutivo», anche se ha ricorda che «in Francia, dove i pm dipendono dall’esecutivo, uno di loro ha chiesto il processo per il ministro. A dimostrazione che l’indipendenza e l’autonomia sono una grande conquista istituzionale ma, prima di tutto, a guidare l’autonomia del magistrato è la sua legge morale».

Gli interventi dei consiglieri

Sono seguiti gli interventi dei consiglieri. Tra i più critici, quello di Domenica Miele, togata di Magistratura democratrica, che ha detto che «il principio di soggezione solo alla legge per i magistrati, impone loro di adottare provvedimenti senza cedere a interessi o a opinioni dominanti. La tutela delle persone, infatti, vale anche nei confronti dei poteri pubblici, anche quando sostenuti dalla forza del consenso». Il riferimento indiretto sembra essere al caso Apostolico, dove la magistrata ha disapplicato il decreto del governo in favore della normativa europea, liberando i migranti reclusi nei cpr anche se non in grado di pagare la cauzione di 5000 euro.

Toni critici sono arrivati anche dal togato di Area, Tullio Morello, che ha ricordato come «stanno arrivando moniti costanti perchè l’interpretazione della legge sia letterale, ma non possiamo dimenticare come a quel canone si aggiungono l’interpretazione sistematica e teleologica, nella complicatezza di un ordinamento multilivello». Anche in questo caso, l’eco sembra quello del caso Apostolico. Inoltre, ha aggiunto, «gli stanziamenti per la macchina giudiziaria sono limitati solo alla magistratura onoraria, come possiamo pensare che così la situazione attuale possa migliorare? Con preoccupazione vediamo i problemi dell’applicativo del processo penale telematico, inadatto alle necessità di lavoro e apprendiamo con favore dell’esistenza di una normativa transitoria», ha poi criticato anche i nuovi giudizi di professionalità, con cui «si aumenta la gerarchizzazione e di cede a una deriva burocratica, con il rischio di una delegittimazione» e di una «corsa alla carriera». Infine ha concluso dicendo che «i magistrati italiani hanno professionalità e produttività senza eguali, ecco perchè non hanno amici o nemici in politica» e «non possono essere lasciati soli, tutti devono difenderne la credibilità e autorevolezza, anche le istituzioni nelle loro dichiarazioni pubbliche».

Meno critico è stato il consigliere di Unicost, Marco Bisogni, che tuttavia ha sottolineato le sue preoccupazioni per il nuovo decreto legislativo sulle cosiddette “pagelle”, che «potrebbe avere conseguenze negative, con l’alterazione del rapporto tra magistrato e dirigente dell’ufficio chiamato ad esprimere un giudizio», inoltre «occorre vigilare perchè l’informatizzazione non diventi un obiettivo autoreferenziale». Bisogni ha aggiunto in conclusione l’auspicio che «il pm rimanga saldamente inserito nell’ordine giudiziario», con un chiaro riferimento all’ipotesi di separazione delle carriere e di un pm assoggettato all’esecutivo.

La consigliera togata di Magistratura indipendente, Paola D’Ovidio, ha invece avuto toni meno aspri ma ha scelto di fare riferimenti puntuali alle riforme e in particolare alla necessità di specializzazione dei magistrati: «Se l’efficienza è il principale scopo da raggiungere, per un servizio rapido e qualitativamente adeguato, la specializzazione dei magistrati – senza funzione creativa – è allora l’obiettivo, vista la specialità sempre più marcata dei diritti». Ha poi toccato il capitolo del processo penale telematico i cui «applicativi necessitano di miglioramenti» e della geografia giudiziaria, che è in elaborazione al ministero con l’ipotesi di apertura di tribunali che erano stati chiusi, manifestando il timore che «serve una riforma della geografia giudiziaria per risolvere il problema dei tribunali troppo piccoli per garantire specializzazione». 

L’unico a parlare apertamente di separazione delle carriere è stato il consigliere laico in quota Forza Italia Enrico Aimi, il più critico nei toni nei confronti dei magistrati: «Il magistrato non può stravolgere le leggi o creare nuovi diritti, indossando i panni di avanguardia militante dei proprio ideali», ha detto in chiaro riferimento alla polemica di questi giorni e al caso Apostolico.

Poi ha chiesto al ministro di proseguire con le riforme, «si rispetti il dettato costituzionale che sancisce la terzietà del giudice, con pm e giudice che non possono militare nella stessa squadra. La separazione delle carriere non è più procrastinabile, come anche impedire che che la custodia cautelare sia strumento di pressione e l’informazione di garanzia una condanna mediatica anticipata». Infine, «la non impugnabilità di sentenze di assoluzione sarebbe un atto di grande civiltà giuridica».

Il laico di Fratelli d’Italia, Felice Giuffrè, ha invece ricordato che «la legittimazione della magistratura dal punto di vista democratico è di natura tecnica grazie all’accesso per concorso, per questo la magistratura deve essere ossequiosa della separazione dei poteri e dei confini, anche nelle tecniche di interpretazione degli atti normativi approvati dal parlamento».

Anche in questo caso il riferimento è sembrato al caso Apostolico, quando ha detto che «la magistratura deve preservare la sua legittimazione tecnica sia nella applicazione della tecnica giuridica che con la protezione della sua immagine di soggetto imparziale agli occhi dei cittadini, utilizzando self restraint». Quanto alla riforma dei criteri di valutazione, ha detto che «ne daremo puntuale attuazione, come strumento per rinnovare autonomia e indipendenza, in modo che non sia percepita come chiusura corporativa».
La seduta si è conclusa con l’intervento del vicepresidente, il laico di centrodestra Fabio Pinelli, il quale ha sottolineato i meriti del Consiglio nella riduzione dell’arretrato e dei tempi di vacanza degli incarichi, nella approvazione di circolari sulla organizzazione degli uffici, dei carichi esigibili, degli standard di rendimento, «un cambio di passo del consiglio, unanimemente riconosciuto».

Ha poi elencato al ministro una serie di emergenze: «lacarenza di organici di magistratura e personale amministrativo, con piante organiche misurate su criteri risalentie la sproporzione tra magistrati di sorveglianza e popolazione carceraria; il processo penale telematico ancora in difficoltà; l’inadeguatezza delle strutture informatiche e l’obsolescenza di strutture, con assenza di strumenti audio e video chieste da riforma Cartabia».

Ha concluso il suo intervento con un accenno alle polemiche di questi giorni, accese dall’intervista di Guido Crosetto e rilanciate anche dallo stesso Nordio:  «Ricordi alla politica che dobbiamo confrontarci con reciproco rispetto, perchè in democrazia convivono il soggetto che fa le regole e l’altro che ne controlla il rispetto».

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