Non aveva ancora preso la parola, dopo i giorni di polemica tra Guido Crosetto e i magistrati, e per questo le parole del ministro Carlo Nordio hanno assunto ancora più peso. Sempre dalle pagine del Corriere della Sera, il Guardasigilli si è apertamente schierato al fianco del collega – anche dentro Fratelli d’Italia – e con cui «siamo in consonanza praticamente su tutto».

I due ministri che dentro il partito della premier Giorgia Meloni hanno sempre fieramente rivendicato la loro matrice garantista, infatti, stanno guidando quella che ha sempre più i contorni di una iniziativa coordinata: individuare un nemico per avvalorare la tesi di una cospirazione dei poteri forti ai danni del governo.

Nordio ha aggiunto un elemento ulteriore per dare più rotondità alle accuse alle toghe, resuscitando il fantasma del caso Palamara, che ha terremotato la magistratura e soprattutto l’ultimo Csm. Un richiamo, questo, che non è passato inosservato, anche perché il ministro – che proprio oggi sarà al Csm insieme al capo dello Stato – ha detto che le «ferite aperte dallo scandalo non si sono mai rimarginate».

Il riferimento è allo scandalo delle nomine pilotate per la guida degli uffici giudiziari, emerso dopo la pubblicazione delle intercettazioni ai danni dell’ex magistrato romano Luca Palamara, all’epoca capocorrente di Unicost, che ha fatto emergere come i gruppi associativi della magistratura si spartissero i ruoli di vertice, gestendo il voto al Csm.

Nordio, insomma, non ha nemmeno tentato di ridimensionare la portata della polemica come invece ha cercato di fare Crosetto, ma anzi ha scelto di lanciare un nuovo attacco, anche più mirato di quello del collega. I riferimenti del Guardasigilli, infatti, sono stati scelti con cura.

Il significato

Nel parlare di ferite «mai rimarginate», il ministro ha di fatto sconfessato il lavoro di ricostruzione e di autocritica che tutti i gruppi associativi – ma soprattutto Unicost e Mi, direttamente rimaste coinvolte con propri membri di spicco – hanno portato avanti negli anni che sono seguiti allo scandalo del 2019.

Tutta la campagna per l’elezione dei togati del Csm, del luglio 2022, ha avuto al centro proprio questa riflessione. Palamara e i cinque consiglieri del Csm coinvolti nel dopocena all’hotel Champagne di Roma in cui si discuteva della nomina del procuratore capo della Capitare hanno tutti subito procedimenti disciplinari: il più grave è toccato a Palamara, radiato; gli altri sono stati sospesi dalle funzioni e dallo stipendio (tre per 18 mesi, due per 9 mesi).

Zone grigie permangono e il Csm sta ancora facendovi i conti: per decine di magistrati sottoposti a procedimento disciplinare per gli sms di autopromozione o sabotaggio degli avversari spediti a Palamara, altri sono stati graziati perchè il procuratore generale della Cassazione ha ritenuto di non procedere nei confronti di chi si limitava ad “autopromuoversi” senza danneggiare altri candidati.

Con la chiusura della consiliatura 2018-2022, tuttavia, anche il caso Palamara sembrava essere diventato un doloroso passato con cui si erano fatti i conti. Nordio, invece, ha voluto gettare nuovo sale sulla ferita dicendo che «la vicenda si è chiusa con la radiazione, ma i sospetti sono rimasti» e ricordando alcuni passaggi specifici delle chat per avvalorare la tesi di Crosetto.

Una in particolare, in cui «un magistrato diceva all’altro che Salvini era innocente ma bisognava attaccarlo» quando da ministro degli Interni bloccava gli sbarchi, finendo imputato.

Infine, il ministro ha avvalorato la tesi secondo cui le intercettazioni pubblicate non sarebbero le uniche ma «Palamara ha ribadito che ce n’erano centinaia di altre, di cui nessuno sa nulla».

Tradotto: le intercettazioni pubblicate hanno direttamente coinvolto nella spartizione delle nomine le correnti di Unicost e Magistratura indipendente, ma altrettanto avveniva anche con i progressisti di Area (a cui Crosetto si riferiva come organizzatori di riunioni per organizzare l’opposizione giudiziaria)..

È il teorema Palamara, contenuto nel suo libro intervista con Alessandro Sallusti: quello delle correnti è un «sistema» da cui nessuno era escluso e di cui tutti erano ingranaggi più o meno importanti.

Il disegno

Nordio, dunque, avvalora la tesi di Palamara sul sistema delle correnti, sostenendo che non sia stato sradicato ma anzi sia quello che oggi si sta muovendo per costruire quella che Crosetto ha definito «opposizione giudiziaria». In altre parole, è il ministro della giustizia a gettare sugli attuali gruppi associativi quello che definisce «il sospetto».

L’operazione ha i contorni di una iniziativa sempre più coordinata dal governo, che sembra muoversi per creare sempre nuovi fronti di polemica – Crosetto la prossima settimana dovrebbe riferire in parlamento, rinvigorendola - proprio nel mese della legge di Bilancio e delle scadenze europee.

In aiuto arriva anche la sponda all’apparenza ostile e invece potenzialmente amica di Italia Viva: Matteo Renzi, infatti, ha dichiarato che Crosetto attacca il governo ma intanto «le riforme sono ferme», dando però anche la sua disponibilità a farle insieme.

Appena qualche settimana fa al Csm, invece, il consigliere laico in quota Iv Ernesto Carbone ha presentato una richiesta di pratica proprio riportando al presente il caso Palamara, chiedendo di «definire criteri certi e oggettivi» per valutare le chat, in modo da garantire «uniformità di trattamento» da parte delle varie commissioni, perchè alcune «vengono a tutt'oggi utilizzate senza criteri di riferimento», tanto da «ridursi a strumenti di agevolazione o penalizzazione della carriera del magistrato oggetto di valutazione».

Dunque Palamara, seppur radiato (ma che contro la radiazione ha presentato ricorso alla Cedu), continua ad essere un’ombra ingombrante. Sembrava scacciata, invece proprio Nordio si è incaricato di richiamarla all’occorrenza, usandola come clava. Con una volontà chiara: colpire un nervo scoperto invece che spegnere la polemica, proprio alla vigilia del suo intervento al Csm.

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