La riforma dell’ordinamento giudiziario è diventata legge: il Senato la ha approvata con 173 voti a favore, 37 contrari e 16 astenuti. Ora prenderà il via la fase dei decreti attuativi: si tratta infatti di una legge che delega al governo la realizzazione dei contenuti della riforma.

Cosa prevede

La riforma dell’ordinamento giudiziario arriva con circa sei mesi di ritardo sulla tabella di marcia del Pnrr, ma in tempo per non far slittare troppo lontano la rielezione del Consiglio superiore della magistratura, che scade in luglio.

La legge, infatti, contiene la nuova legge elettorale del Csm che ha escluso il sorteggio chiesto dal centrodestra ma introduce un meccanismo maggioritario binominale con correzione proporzionale. Questa parte della riforma è immediatamente applicativa e ora si predisporrà l’adeguamento normativo per l’utilizzo della nuova legge.

Oltre a questo, la riforma contiene una parte di delega al governo per modificare le modalità con cui si svolge la professione del magistrato, anche in ottica di ridurre il ruolo dei gruppi associativi emerso con lo scandalo Palamara.

Schematicamente, le modfiche principali riguardano l’introduzione del fascicolo della performance del magistrato; il voto unitario degli avvocati nei consigli giudiziari per giudicare i magistrati; nuovi meccanismi più stringenti per il Csm nella valutazione dei magistrati per destinarli ai ruoli apicali negli uffici; l’obbligo di svolgere le nomine in ordine cronologico; l’introduzione di nuovi illeciti disciplinari come l’infrazione del nuovo decreto legislativo sulla presunzione di innocenza; infine, contiene le norme che disciplinano il passaggio dei magistrati in politica e il successivo rientro in magistratura.

Lo scontro politico

L’approvazione al Senato è avvenuta pochi giorni dopo la bocciatura dei quesiti referendari promossi dalla Lega, tre dei quali riguardavano questioni modificate anche dalla riforma.

Nel passaggio in commissione, la Lega ha ripresentato emendamenti che ricalcavano i quesiti, non ha accettato di ritirarli nonostante le richieste del governo e ha votato (senza successo) alcuni emendamenti dell’opposizione di Fratelli d’Italia.

Tuttavia, nessuna di queste scelte ha interrotto davvero l’iter di approvazione della riforma e, alla prova dell’aula, la Lega si è allineata alla maggioranza. solo cinque senatori della Lega si sono astenuti, anche se il gruppo ha espresso in Aula un voto favorevole al provvedimento.

I cinque senatori leghisti che si sono astenuti sono Roberto Calderoli, che si è impegnato particolarmente nella campagna referendaria; il presidente della Commissione Giustizia, Andrea Ostellari, il capogruppo il commissione Giustizia, Simone Pillon, Alberto Bagnai e Carlo Doria. In favore del provvedimento Matteo Salvini e la responsabile giustizia, Giulia Bongiorno, che aveva annunciato il si' del gruppo in Aula.

L’unico partito della maggioranza che si è astenuto è stato Italia Viva, come già aveva fatto alla Camera. Nella dichiarazione di voto, Matteo Renzi ha ribadito di considerare la riforma non dannosa, ma “inutile”.

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