La riforma dell’ordinamento giudiziario, la terza nell’elenco delle riforme del sistema giustizia previste dal Pnrr, rischia di finire affossata.

Non solo dai quasi 500 emendamenti presentati in commissione al testo approvato in consiglio dei ministri all’unanimità e frutto del lavoro di accordo e limatura della ministra della Giustizia, Marta Cartabia. Ma anche dal parere molto critico espresso dal Consiglio superiore della magistratura, che proprio della riforma è oggetto.

Tutto questo, con le sue conseguenze politiche, rischia di rendere ancora più accidentato il percorso di una riforma che già è slittata spesso negli ultimi mesi. Secondo il calendario dei lavori, dovrebbe arrivare in discussione generale a Montecitorio il 28 marzo, ma non è detto che si trovi la quadra.

Gli emendamenti

Infatti, dopo il ricevimento dei 456 emendamenti – e non di dettaglio, ma che mettono mano all’impianto della riforma – il presidente della commissione Giustizia, Mario Perantoni, ha convocato un lungo ufficio di presidenza dove ha posto la necessità di ridurne il numero.

«Una scelta che non mi piace ma che si delinea come inevitabile, pena il rischio di affondare il provvedimento che è atteso per la discussione generale in aula il prossimo 28 marzo. Comunque la modalità decisa a mio parere potrà favorire una reale discussione nel merito», ha spiegato.

Circa 60 emendamenti sono stati dichiarati irricevibili, perché potevano essere avanzati già sul testo base entro il 3 giugno 2021. Ne restano però molti da esaminare e per questo si è deciso che i gruppi debbano segnalare quelli che per loro sono prioritari.

In settimana, inoltre, si dovrebbe tenere una riunione di maggioranza con la ministra Cartabia.

Il dato politico, infatti, è determinante: il maxi emendamento ministeriale che ha rimodulato il testo base e che oggi viene messo in discussione era stato approvato all’unanimità in Cdm. Poi, forti anche del fatto che il governo ha scelto di non imporre la fiducia sul testo, la sensazione al ministero è che ogni partito voglia portare a casa la sua battaglia di bandiera. Inaccettabile, se si vuole approvare la riforma entro i tempi chiesti anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

A chiedere le modifiche maggiori sono i partiti di centrodestra, che hanno trovato asse anche in Italia viva nell’avanzare la proposta di un sistema elettorale per il Csm che preveda il sorteggio temperato per individuare gli eleggibili. Una soluzione, questa, che è stata volutamente accantonata dal ministero.

I tre partiti chiedono anche l’introduzione della separazione delle funzioni tra magistrati requirenti e giudicanti, sulla falsariga del quesito referendario che difficilmente passerà il quorum. Questione, anche questa, non presente nel testo iniziale della riforma. Tuttavia, il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, ha ribadito la fiducia nel governo Draghi.

Il parere negativo del Csm

Non solo la pioggia di emendamenti, anche il Consiglio superiore della magistratura ha espresso parere molto critico sul testo della riforma, votato all’unanimità in sesta commissione e che ora passa al plenum per l’approvazione.

Le critiche riguardano il sistema elettorale che «pur essendo prevalentemente maggioritario, prevede un correttivo proporzionale che mira ad offrire ai gruppi minori una rappresentanza in Consiglio», insufficiente perché «anche con tali modifiche le minoranze potrebbero essere sottorappresentate mentre i gruppi di maggiori dimensioni potrebbero essere sovrarappresentati».

Criticità anche nell’individuazione discrezionale dei collegi, con il «rischio di una modifica strumentale della composizione dei collegi al fine di orientare il risultato elettorale».

Contrarietà anche per il sistema di incompatibilità introdotto per i componenti effettivi della sezione disciplinare che «finisce con l'escludere irragionevolmente questi ultimi dalla quasi totalità delle attività svolte in sede referente».

Quanto alle porte girevoli, «la disciplina del ricollocamento in ruolo dei magistrati a seguito della cessazione di mandati elettivi ed incarichi di governo presenta criticità connesse alla difficile concreta individuazione di un tertium genus di attività esercitabile dai magistrati ordinari».

Forti perplessità anche sul riconoscimento del diritto di voto agli avvocati nei consigli giudiziari, ma anche sulle nuove “pagelle” ai magistrati per gli avanzamenti di carriera, che prevedono un giudizio multiplo e, secondo il Csm, porterà a «una inammissibile classifica tra magistrati dell'ufficio» e «potrebbe finire per stimolare quel carrierismo che la riforma vorrebbe invece eliminare».

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