Ilaria Salis uscirà dal carcere. La donna italiana, detenuta in Ungheria da 15 mesi in attesa di processo con l’accusa di aver aggredito alcuni militanti di estrema destra, ha ottenuto gli arresti domiciliari in un alloggio a Budapest. A concederglieli è stato il tribunale del riesame di Budapest, che ha accolto l’istanza dei difensori dopo che, all’udienza del 28 marzo, la richiesta era stata rigettata. Il provvedimento diventerà esecutivo dopo che verrà pagata la cauzione di 16.000.000 fiorini ungheresi, che corrispondono a 41.494 euro. Solo allora Salis potrà essere condotta nella casa di una privata cittadina che le darà ospitalità e dovrà indossare il braccialetto elettronico. «Credo che possa verificarsi in pochi giorni», ah commentato l’avvocato Eugenio Losco, che sarà a Budapest la prossima settimana per incontrare la sua assistita.

La battaglia legale, però, non è finita qui. I domiciliari in Ungheria, infatti, sono solo il primo passo che dovrebbe portare all’ottenimento della misura dei domiciliari da scontare in Italia, nell’attesa che il processo per tentato omicidio prosegua. «Non è ancora fuori dal pozzo, ma sarà sicuramente molto bello poterla riabbracciare dopo 15 mesi, anche se finché è in Ungheria io non mi sento del tutto tranquillo», ha commentato il padre Roberto.

I domiciliari permetteranno a Salis anche di votare per le elezioni europee. La donna è candidata nella lista dell’Alleanza verdi sinistra e, nei giorni scorsi, erano stati avanzati dubbi sulla sua possibilità di esercitare il suo diritto di voto dal carcere. Ai domiciliari, invece, dovrebbe potersi avvalere del cosiddetto “seggio mobile”: un addetto del consolato italiano si recherà nell’abitazione per farla votare.

Le reazioni

L’ottenimento dei domiciliari è arrivato dopo che il governo italiano aveva escluso la possibilità di detenere Salis in ambasciata o di garantire per lei nella richiesta di misura cautelare in Italia. Anche l’interessamento della premier Giorgia Meloni, che aveva interloquito con l’omologo e amico Victor Orban, non aveva prodotto che generiche rassicurazioni sul fatto che il processo sarebbe stato equo. Tuttavia, mentre il ministro della Giustizia Carlo Nordio si è limitato a esprimere «soddisfazione», il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha rivendicato che il merito dei domiciliari a Budapest «è merito dell’azione sinergica del governo e della nostra ambasciata, che hanno lavorato intensamente, in silenzio, senza fare propaganda, senza rulli di tamburi». L’accento polemico del ministro era rivolto sia alle opposizioni che hanno candidato Salis e chiesto alle autorità europee di intervenire che al padre Roberto, il quale aveva alzato l’attenzione mediatica sul caso mostrando le fotografie della donna portata in catene a mani e piedi in aula.

Impegno, quello descritto da Tajani, che Roberto Salis ha smentito categoricamente: «Noi non abbiamo visto nessuna attività concreta da parte del ministro degli Esteri o del ministro di Giustizia per Ilaria», ha detto a Metropolis.

Lettura esattamente opposta ha dato anche l’Alleanza Verdi Sinistra che candida Salis, secondo cui la «bella notizia» è frutto della «caparbietà» e «determinazione del papà di Ilaria che ha voluto fortemente denunciare questa situazione. Se non ci fossero state le sue urla tutto questo non sarebbe accaduto», sono state le parole di Angelo Bonelli. Anche secondo Ilaria Cucchi «il caos mediatico è servito, come sempre». Nicola Fratoianni ha aggiunto che «ora bisogna portare Ilaria da Budapest a Bruxelles, l’abbiamo candidata per una battaglia per la democrazia e per i diritti». Anche il Pd, con il candidato alle Europee Matteo Ricci, ha sottolineato che questo è «un primo passo verso la libertà, nonostante il disinteresse del governo».

Il rientro in Italia

L’obiettivo dei legali di Salis è quello però di far rientrare la donna in Italia, dopo più di un anno di arresti in condizioni molto difficili che lei stessa ha raccontato in alcune pagine pubblicate dai giornali italiani. Secondo la legge quadro del Consiglio europeo per il reciproco riconoscimento delle decisioni sulle misure alternative alla detenzione, infatti, i domiciliari in Ungheria dovrebbero aprire la strada alla possibilità di chiedere il trasferimento nel paese d’origine. Perchè ciò avvenga, però, non basta la richiesta dei legali di Salis. Dovranno essere le autorità italiane a chiedere al ministero della Giustizia ungherese la documentazione e poi trasmetterla, per il riconoscimento e l’esecuzione in Italia della misura applicata in Ungheria. Dal punto di vista giuridico, però, la questione è controversa: la legge quadro si applica sicuramente ai casi di condannati con sentenza definitiva, mentre qualche incertezza giurisprudenziale esiste nei casi – come quello di Salis – di misura cautelare che precede la condanna. In ogni caso, anche alla luce delle parole di Tajani, la richiesta dell’opposizione è che il governo metta in campo tutte le iniziative necessarie per l’ottenimento dei domiciliari in Italia. «Ci aspettiamo che il governo si adoperi perchè Ilaria Salis possa presto rientrare in Italia, in sicurezza», ha scritto in una nota la segretaria del Pd, Elly Schlein. Il percorso, però, sembra ancora lungo e la prossima udienza del processo è fissata per il 24 maggio.

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