Nell’attesa che la separazione delle carriere arrivi in consiglio dei ministri, molto si muove sia dentro il ministero della Giustizia che tra le toghe. Formalmente c’è un insuperabile muro contro muro: da una parte il guardasigilli Carlo Nordio, che della sua volontà di dividere i percorsi professionali di giudici e pm non ha mai fatto mistero; dall’altra la magistratura associata, con l’Anm, che ha escluso qualsiasi livello di trattativa.

In concreto, però, il centrodestra è convinto che nel mezzo si muova qualcosa d’altro, che indirettamente favorirà l’iniziativa del governo. Nordio l’ha spesso tirata in ballo chiamandola la «maggioranza silenziosa», rappresentata da tutta quella galassia di toghe lontane dalla dimensione sia dei gruppi associativi che dell’Anm e in particolare la categoria dei giudici civili. Si possono virtualmente contare: su circa 10mila magistrati, più della metà si occupano del civile, mentre solo 2mila fanno parte della categoria delle toghe requirenti. L’organico, infatti, è diviso con circa il 55 per cento nel settore civile e il restante tra pm e giudici penali. E i giudici civili, per forza di cose, sono professionalmente meno coinvolti nella questione della separazione delle carriere, che tocca da vicino il penale.

la maggioranza silenziosa

Su questo conterebbe il ministero, anche in forza di un dato numerico considerato ancora più emblematico: quel 48 per cento di adesioni all’astensione del maggio 2022 organizzata dall’Anm contro la riforma Cartabia, con la punta negativa di braccia incrociate in Cassazione, con appena il 23 per cento di assenze. Questo sarebbe il peso della «maggioranza silenziosa» e dimostra come la magistratura sia un blocco meno monolitico di quanto appare all’esterno.

«Considerarla favorevole alla separazione delle carriere è un’esagerazione, ma potremmo dire che una quota di magistrati è indifferente. E diffidente rispetto al sistema dei gruppi associativi», è il commento di un magistrato civile. Si tratta di magistrati che non stanno né dalla parte del governo, né da quello della magistratura associata pronta a salire sulle barricate. In definitiva, però, questa neutralità dovrebbe favorire Nordio, se non altro perché impedirebbe una protesta veramente collettiva.

D’altro avviso sono le toghe: al congresso di Palermo dell’Anm, celebrato a ridosso dell’annuncio della riforma costituzionale, hanno aderito più di mille magistrati. A quello precedente, erano appena 300. La speranza, quindi, è che stia crescendo anche nel corpo meno attivo la paura di una messa in discussione dei principi di autonomia e indipendenza. Non a caso il presidente Giuseppe Santalucia, voce dialogante e di buon senso, ha scelto di sottolineare come separare le carriere provochi «l'indebolimento della giurisdizione», perché si espellerebbe la magistratura requirente e questo darebbe ancora più potere ai pm, che «oggi hanno 5 componenti del Csm su un totale di 30 consiglieri». 

Con la riforma invece ci sarà un Csm ad hoc tutto di pm che «quindi avranno un potere enorme e sarà un problema di cui presto la politica si accorgerà». Un argomento, questo, tagliato proprio per convincere quella gran parte di giudici civili, che negli anni hanno visto il loro ruolo inglobato mediaticamente nelle voci dei pm. L’obiettivo è rimarcare il fatto che, con i pm separati, la situazione non migliorerebbe affatto, anzi. Tuttavia, lo spettro dello scarso successo dell’ultima astensione aleggia ancora: anche per questo c’è stata una frenata sull’indizione di una nuova astensione, immediatamente evocata dopo l’annuncio di Nordio e poi ridimensionata.

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