La corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di assoluzione in appello per l’ex sindaco di Lodi, Simone Uggetti.

Così, a distanza di sei anni dalla presunta turbativa d’asta e dopo una sentenza di condanna a 10 mesi in primo grado ribaltata in secondo grado, dovrà svolgersi un appello bis.

Il caso ha prodotto grande eco mediatico per entrambi i gradi di giudizio: dopo l’arresto in fase di indagini preliminari e la condanna, Uggetti è stato bersaglio degli attacchi politici del Movimento 5 Stelle e della Lega; dopo l’assoluzione proprio Luigi Di Maio ha pubblicato una lettera di scuse in cui parlava di «gogna mediatica» per motivi elettorali, con modalità «grottesche e disdicevoli».

Ora il processo torna indietro al grado d’appello. In attesa della motivazione della sentenza, l’avvocato difensore di Uggetti, Pietro Gabriele Roveda, ha detto che «sicuramente siamo delusi» ma «proseguiremo questa battaglia e riporteremo le nostre istanze alla nuova sezione della corte d’appello», definendo uggetti «deluso e anche un po’ stanco, perché sono passati sei anni, non è ancora finita e ci vorrà ancora del tempo».

Il reato

Nella coltre della polemica politica, tuttavia, i dettagli della vicenda giudiziaria sono finiti sullo sfondo.

Il capo di imputazione è concorso in turbativa d’asta; gli imputati, oltre al sindaco Uggetti, sono due dirigenti di società sportive e il dirigente comunale responsabile e presidente della commissione di gara.

Secondo l’accusa, i quattro avrebbero «influito indebitamente, abusando delle rispettive qualità, sul procedimento amministrativo per la determinazione del contenuto del bando di gara per l’aggiudicazione del servizio di gestione degli impianti sportivi comunali», ovvero due piscine coperte. Con l’esito, secondo la procura, di far assegnare il bando alla società di uno degli imputati (la Sporting Lodi, partecipata al 45 per cento dal Comune) e favorendone una seconda che di fatto avrebbe gestito il servizio con l’aggiudicataria.

All’origine del tutto c’è l’esposto di un’altra dirigente del comune di Lodi, inizialmente responsabile di redigere il bando e poi ritiratasi, in cui lamenta «indebite ingerenze del sindaco nella determinazione dei contenuti tecnici del bando». E’ lei che fornisce alla procura una registrazione effettuata con il cellulare di una delle conversazioni in cui discute con il sindaco dei contenuti del bando.

Nel corso delle indagini preliminari, per Uggetti viene prevista la custodia cautelare in carcere per rischio di inquinamento delle prove: rimane a San Vittore 10 giorni, poi vengono concessi i domiciliari e infine la libertà.

La condanna in primo grado

Il processo di primo grado dura dal luglio 2016 al novembre 2018 e si conclude con una condanna per l’ex sindaco a dieci mesi di reclusione e 300 euro di multa con sospensione condizionale della pena.

Nella sua difesa, Uggetti spiega che aveva inizialmente valutato per affidare alla gestione comunale la piscina, per poi considerare un affidamento diretto alla Sporting Lodi proprio vista la sua partecipazione comunale al 45 per cento, con l’obiettivo di sviluppare una sinergia comunale.

Al momento del bando, aveva invece spinto per indicare requisiti che favorissero le realtà locali radicate sul territorio. Quanto alla redditività dell’impianto, le piscine erano molto vecchie e la redditività era molto bassa, per questo il bando di gara aveva un valore di 4mila euro l’anno. Infine, aveva definito un «fraintendimento» quello avuto con la dirigente che lo aveva denunciato.

I giudici individuano alcuni punti fermi: Uggetti ha in effetti interloquito con la Sporting Lodi sulla scelta delle procedure amministrative di assegnazione del bando. Inoltre, la prima bozza del bando viene fatta circolare a soggetti estranei al comune e appartenenti alla Sporting Lodi.

La caratteristica che il sindaco vuole favorire è quella del radicamento territoriale e delle modalità di gestione integrata degli impianti. Gli stessi giudici, però, sottolineano che l’affidamento alla Sporting Lodi «non fosse irragionevole» perchè aveva le caratteristiche «per realizzare la miglior gestione possibile», ottimizzando anche le spese di personale. Inoltre, i due criteri favoriti da Uggetti rispondono a «opportunità di interesse pubblico condivisibili».

In sostanza, scrivono i giudici, lo scontro processuale si riduce a una differenza di vedute tra Uggetti e la dirigente che lo ha denunciato sulla «valutazione di equilibrio dei parametri del bando».

La valutazione, però, è che la turbativa ci sia stata perchè il sindaco ha interloquito con soggetti estranei in modo illegittimo, concordando lo svolgimento del bando ed eliminando anche «eventuali prove compromettenti». Per questo Uggetti viene condannato, ma con la pena minima prevista.

L’assoluzione in appello

Uggetti appella la sentenza, sostenendo che l’interlocuzione del sindaco con professionisti di sua fiducia è una condotta che non viola alcuna norma; che i criteri da lui inseriti nel bando non pregiudicavano a priori la partecipazione di altri concorrenti e rispondevano a criteri di interesse pubblico; che il bando non aveva valore economico, visto che gli utili annui degli impianti non superavano gli 8mila euro al lordo di costi e tassazione; inoltre, Uggetti aveva agito nel rispetto delle sue prerogative politiche e degli impegni elettorali presi. 

La Corte d’appello accoglie questo impianto difensivo, riconoscendo che Uggetti abbia agito «in acclarato perseguimento di obiettivi corrispondenti all'interesse pubblico», avvalendosi del «margine d'intervento di indirizzo politico-amministrativo concesso dalla legge» e lo assolve con formula piena, insieme agli altri imputati.

Il reato di turbativa d’asta, infatti, è un reato posto a tutela del buon andamento della pubblica amministrazione e quindi si presuppone che l’alterazione delle condizioni di gara lo pregiudichi.

Nel caso di Uggetti, invece, ciò non è avvenuto e anzi le condizioni avrebbero tutelato l’interesse pubblico. Tradotto: la corte non ritiene di punire penalmente mere irregolarità formali dell’iter del bando, visto che non sono «idonee a ledere gli interessi giuridici protetti». Quindi, senza lesione dell’interesse, non c’è nemmeno il reato.

Il ricorso in Cassazione

In attesa di leggere le motivazioni della sentenza di annullamento, è possibile immaginare che la Cassazione abbia accolto le ragioni contenute nel ricorso della procura generale. 

La contestazione non riguarda la ricostruzione dei fatti, che è confermata sia nel primo che nel secondo grado. A cambiare è la valutazione su come intendere il reato di turbativa d’asta.

Secondo la corte d’appello l’elemento determinante per valutarne l’esistenza è che ci sia stata una lesione dell’interesse pubblico, secondo la procura generale, invece, il concetto di interesse pubblico va inteso in senso vasto e quindi significa «salvaguardia della libera iniziativa economica», attraverso la quale si possono ottenere condizioni più vantaggiose per la pubblica amministrazione. Dunque, il reato si concretizza anche solo se c’è il pericolo di una violazione della libertà economica, anche se questa poi di fatto non si produce.

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