Dio, Patria, famiglia. Uno slogan antico dei conservatori è oggi brandito come una clava dalla destra di governo. Non è il momento di parlare di Dio e stendiamo un velo pietoso sulla famiglia. Ne parleremo in un’altra occasione.

Oggi parliamo di Patria, di Nazione che la destra contrappone alla Repubblica antifascista, laica e unita. La destra italiana di FdI ha sempre sbandierato la fedeltà e l’amore per la Patria. Quale patria? La patria fascista o la patria repubblicana? Sono due le patrie, non una. E non è una novità che nell’ambito del neofascismo o del postfascismo c’è chi non ha mai accettato la sconfitta del fascismo e la formazione dell’Italia antifascista. Per questo la proposta di eleggere direttamente il presidente del Consiglio è apparsa come una volontà di frantumare la Costituzione. Io vorrei ragionare a partire dalla decisione di affiancare al premierato l’approvazione dell’autonomia differenziata voluta fortemente dalla Lega.

Vorrei ricordare che la proposta viene dalla Lega, il partito che ancora oggi ha come suo punto di riferimento Gianfranco Miglio, l’ideologo che con chiarezza aveva ipotizzato la nascita delle macro-regioni – Nord (Padania), Centro e Sud – assegnando al Sud il compito di legalizzare le mafie, come se le mafie fossero solo un problema del Sud e non anche del Nord. Miglio diceva queste cose nel 1999, ma il grande vecchio della Lega non s’era accorto che le mafie, in particolare la ‘ndrangheta, s’erano stabilmente insediate ed erano state bene accolte nella sua Padania dagli uomini che proprio lì erano nati.

La domanda che occorre farsi è: ma non c’è una contraddizione insanabile tra premierato e autonomia? Secondo me sì, c’è; eccome se c’è! Guardiamo ai fatti. Autonomia e premierato viaggiano di pari passo e devono essere approvate insieme. Ma c’è una differenza sostanziale. L’autonomia differenziata entrerebbe in vigore subito, il premierato no, perché non avendo i numeri necessari in Parlamento deve avere la conferma popolare attraverso il referendum. A questo punto le regioni del Nord potrebbero utilizzare le modifiche all’art. 117 della Costituzione introdotto nel 2001 che recita così: “La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazioni di organi comuni”. C’è scritto proprio così: organi comuni! Una volta ottenuta l’autonomia, le regioni del Nord sarebbero tentate di dare immediatamente corso a questo articolo.

Per fare cosa? Intanto per comandare loro nei territori di competenza e poi per avere le mani libere e concordare attività, negoziazioni, accordi con gli stati del Nord Europa perché l’economia ricca del Nord pensa di essere agevolata e di diventare più ricca. Temo che ne avranno una cocente delusione perché, così diventerebbero il Sud della Baviera e avrebbero la stessa sorte del nostro Sud. Esattamente lo stesso trattamento.

Ma c’è un risvolto a cui Meloni e i suoi forse non hanno pensato. Nel momento in cui le regioni del Nord avranno la loro autonomia, per quali motivi dovrebbero votare il referendum e consegnare a una sola persona tutto il potere? Una volta ottenuta l’autonomia non avranno alcun interesse a perderla un minuto dopo. Già stanno sperimentando come, a costituzione invariata, il potere stia tutto nelle mani di palazzo Chigi. Tutto passa per quelle stanze. Figurarsi se Meloni dovesse vincere il referendum. L’interesse delle regioni del Nord sarebbe di far fallire il referendum. E c’è già chi sta preparando la bozza di una nuova bandiera. Esagero? No. In Veneto, non lo si dimentichi, in diversi edifici pubblici c’è anche la bandiera della Repubblica di Venezia, quella con il Leone. Vi ricordate, amici del Sud, quando la Lega coniava lo slogan el leon che magna el teron? Ce l’hanno ancora in testa, anche se frenano la lingua per non dire l’indicibile.

Se così stanno le cose Giorgia Meloni si troverebbe in questa paradossale situazione: al Nord le regioni se ne andrebbero per conto loro, al Sud ci sarebbe una situazione analoga e spunterebbe (c’è già!) un uomo che si immagina di fare il re di Napoli, come aveva pronosticato Miglio. Meloni rimarrebbe con il centro. Ma al centro c’è il papa, e se dopo Francesco si eleggesse un papa che la pensasse diversamente, il tentativo di ritornare all’indietro sarebbe molto forte. A questo punto cosa avrebbe nelle mani Meloni? C’è solo la Garbatella. Ma lì c’è già un bravo presidente del municipio, Amedeo Ciaccheri, amato e stimato da tutti. La vedo dura.

Paradossale questo scenario? Forse, ma non impossibile o improbabile. Ripeto: stanno già preparando il logo per una nuova bandiera. E al Nord parlare di autonomia significa alimentare il contrasto con Roma, con il centralismo romano. Ci pensi presidente Meloni prima di sfasciare questa Patria per la cui dignità morirono i partigiani sulle nostre montagne e si impegnarono le migliori menti del tempo per dare all’Italia una Costituzione democratica che garantisse democrazia e libertà a tutti, anche a coloro – ecco un altro paradosso della storia – che avevano sostenuto la dittatura di Mussolini e non se n’erano nemmeno pentiti. Come lei, del resto.

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