Mentre i corpi sono ancora caldi e le immagini della ritirata russa da alcune città ucraine rivelano l’orrore degli eccidi e delle fosse comuni, delle donne stuprate e dei morti ammazzati continua imperterrita e senza tentennamenti la Sacra Alleanza moscovita tra Trono e Altare. In una logica d’interscambio “fecondo”, utile solo a giustificare le nefandezze dell’aggressione russa.

Mentre i corpi riemergevano dalle viscere della terra, il Patriarca Kirill tornava protagonista, durante la liturgia celebrata nella Cattedrale Patriarcale eretta in onore della Resurrezione di Cristo, principale edificio di culto delle forze armate della Federazione Russa situato nel distretto di Odintsovo nella regione di Mosca.

Proprio il 3 aprile del 1969 Vladimir Michailovič Gundjaev riceveva il nome di Kirill e la tonsura monastica dal Metropolita di Leningrado e Novgorod Nikodim (Rotov). Sarà poi ordinato diacono il 7 aprile dello stesso anno e diverrà sacerdote il 1° giugno 1969.

Ieri nella Cattedrale Patriarcale erano presenti figure di primo piano della Chiesa ortodossa russa e numerosi esponenti delle forze armate. Il comunicato stampa pubblicato dal Patriarcato specifica che “gli inni liturgici sono stati eseguiti dalle truppe di ingegneria delle forze armate della Federazione Russa”.

Tra questi è stato eseguito “Per la Fede e la Madrepatria”. Erano presenti anche rappresentanti del Ministero della difesa di Mosca. La cerimonia è stata trasmessa anche su diversi canali televisivi vicini al Patriarcato.  La cattedrale della Resurrezione ha del resto una sua storia particolare.

Al suo interno è presente un affresco che riproduce l’annessione della Crimea del 2014 nel quale inizialmente era stata prevista la raffigurazione di Putin, del ministro della Difesa Sergej Shojgu e del governatore della Crimea Sergej Aksenov.

In un altro affresco si vede Cristo che maneggia la spada, altre raffigurazioni celebrano i successi militari sovietici. Non sorprendono così le richieste di preghiera per il riposo delle anime di “capi e guerrieri che hanno dato la vita sul campo di battagli per la fede e per la Patria”.

Sempre con il potere politico

Nel suo intervento Kirill ha elogiato la dedizione dei militari che «dedicano la propria vita alla difesa della Patria» criticando la «forza colossale» che influenza molti paesi nel mondo e che «si oppone alla forza del nostro popolo».

Il popolo russo deve «capire che è giunto un momento speciale  dal quale può dipendere il suo destino». In una sorta di slancio paradossale il Patriarca arriva anche a dire «Siamo un Paese e un popolo amante della pace (…) non abbiamo alcun desiderio di guerra o di fare qualcosa che potrebbe danneggiare gli altri» tuttavia «amiamo la nostra Patria e saremo pronti a difenderla nel modo in cui solo i russi possono difendere il loro Paese». È questa la natura della storia e del popolo russo per Kirill.

Verso la conclusione dell’intervento la sollecitazione retorica di Kirill si fa più forte e sempre più diretta: «Dopotutto abbiamo spezzato la schiena al fascismo che, senza dubbio, avrebbe sconfitto il mondo se non fosse stato per la Russia, per l’impresa del nostro popolo». Non manca il riferimento a «fratelli e sorelle della Santa Russia» oggi coinvolti nel conflitto e che “varie forze, volendo indebolire la Russia, hanno spinto l’uno contro l’altro facendoli precipitare nelle lotte intestine”.

Kirill associa così al «paganesimo monumentale» dell’edificio il «paganesimo pastorale» della sua azione che si rivela palesemente per quello che è: una costante giustificazione delle azioni del potere politico e l’esaltazione dell’azione militare delle forze armate russe.

Mentre c’è qualcuno che pensa che sia ancora possibile salvare l’anima di Kirill e provare a continuare a tenere aperto uno spiraglio per il dialogo ogni azione del Patriarca sembra suggerire che Vladimir Michailovič Gundjaev abbia già fatto la scelta di imbarcarsi con Caronte su una strada che ha una sola fermata: l’Inferno.

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