Ritorniamo sulle parole pronunciate da Sergio Mattarella al Quirinale in occasione della tradizionale cerimonia del Ventaglio con i giornalisti della stampa parlamentare, prima delle ferie estive. Il filo conduttore dei vari temi toccati da Mattarella è stato uno solo: il richiamo rivolto a chi opera nelle istituzioni a riconoscere limiti. Limiti imposti dalla scienza per quel che riguarda il clima, dalle leggi internazionali e di umanità per quel che riguarda le migrazioni, dallo stato di diritto per quel che riguarda le relazioni tra i poteri dello stato e il rispetto della libertà di stampa e di informazione.

La scelta di insistere quasi scolasticamente sulla questione dei “limiti” del potere – una questione insieme costituzionale ed etico-politica — ci invita a interrogarci sul carattere di questa maggioranza, la cui postura mostra un’allergia spiccata all’idea che esistano limiti al proprio potere. Come se il potere venuto dalle urne (e da una specifica legge elettorale) giustifichi una prerogativa di assolutezza. Non c’è superiore o uguale autorità rispetto a quella del voto! Quasi che l’articolo 1 della Costituzione, che dichiara la sovranità popolare, non dica immediatamente che questa deve essere esercitata nei limiti stabiliti dalla Carta e dalle leggi conseguenti. Prendiamo un caso esemplare di allergia ai limiti, menzionato da Mattarella.

Natura, ecologia e ambiente. Il presidente ha riservato a questo tema il secondo posto per importanza, dopo il commento sulle raccapriccianti immagini di migranti lasciati morire nel deserto tunisino, all’indomani del trattato di partenariato firmato dal governo di Tunisi con l’Italia, per “governare” i flussi migratori. L’emergenza climatica è stata presentata da Mattarella come parte di una più larga emergenza, che diremmo cognitiva. L’appello ad «assumere la piena consapevolezza che siamo in ritardo», l’esplicita accusa delle «tante discussioni sulla fondatezza dei rischi» e «il livello di allarme» che «appaiono sorprendenti». Come può il governo intervenire con tempestiva determinazione e prudente lungimiranza se mette in discussione la fondatezza dei rischi? La resistenza dei governanti a credere che ci sia un’emergenza climatica, nonostante i disastri continui e sempre più ravvicinati, mette il dito sulla piaga. Questo governo non ama che vengano posti limiti al potere della maggioranza.

Il complotto

La scienza, la ricerca, le conoscenze scientifiche ci mettono a disposizione un corredo di ipotesi testate con dati e con analisi statistiche. Perché non credervi? Perché rappresentanti eletti per ragioni non di scienza ma di opinione ideologica dovrebbero rivendicare anche un’autorevolezza scientifica? Perché invece di riconoscere le conoscenze che hanno, molto spesso limitatissime, si dichiarano scettici? Perché si dicono convinti che ci sia una regia nascosta dietro questi allarmi, come se la scienza sia un’arma di cospirazione? Su quali dati i politici basano queste loro idee?

Sarebbe se non altro utile che i cittadini venissero messi al corrente di eventuali conoscenze che solo i politici hanno. E invece, sui siti web dei politici e dei loro fedelissimi si leggono affermazioni di scetticismo che seminano dubbi su chissà quali intenzioni malevoli ai danni del governo.

Intanto, sulle TV addomesticate si oscurano le notizie e si dà spazio al dubbio che dietro la “questione climatica” esista una cabala internazionale che cerca di metter in difficoltà il Paese. Povero Paese!

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