Anche col suo contagio, Donald Trump gestisce le informazioni mediche e striglia lo staff della Casa Bianca per aver detto troppo o male.  La nebbia di dicerie continua a regnare sovrana a conferma del rovesciamento del paradigma cognitivo che ha segnato la sua presidenza, per cui la credenza non è il primo gradino della ricerca, ma l’unico dato certo.

E’ vero quello in cui si crede e la garanzia viene da chi diffonde la notizia, ovvero il presidente. Una permanente circolarità di “si dice” senza agganci con la realtà.

Neppure di fronte al “fatto” del contagio si esce dall’ambiguità. Trump è seriamente malato; Trump sta bene; Trump è sotto ossigeno; Trump ha una leggera indisposizione. Chi ha ragione e chi ha torto?

Trump ha ragione e quel che dice sarà il fatto. Ci sono in questa vicenda tutti gli ingredienti di quel che Russell Muirhead e Nancy L. Rosenblum Russell hanno chiamato “nuovo cospirazionismo”, messo in piedi già dal movimento del Tea Party con la famosa negazione dell’origine statunitense dell’ex presidente Barak Obama che nemmeno il certificato di nascita riuscì a sconfessare.

Il cospirazionismo classico aveva una base fattuale ed era sempre alla caccia di prove - l’ideologia della Guerra fredda vantava una base nei fatti: il nemico sovietico non era una diceria e il lavoro dei crociati del mondo libero consisteva nel cercare le prove dei suoi piani diabolici.

Come con l’Inquisizione, la macchinazione della segretezza istituita dal Maccarthismo serviva a salvaguardare lo status quo.

Il trumpismo ha rovesciato questo paradigma classico con l’esito che la macchina di nebbia destabilizza lo status quo.

La propaganda orchestrata contro nemici sempre nuovi, invisibili e mostruosi - ora anche il Covid-19 - non mette in moto un sistema puntiglioso di ricerca di prove perché non vi è nulla da aggiungere a quel che già si sa: il “si dice” è sapere e non ha bisogno di prove.

Non vuole archivi ma una dimenticanza sistematica che rinnovi nel presente il senso destabilizzante del timore e del rischio per qualcosa di poco preciso eppure emotivamente corposo.

La reiterazione di un dubbio è la strategia che trasforma il dubbio in verità. Passando di social in social, la diceria si fa fatto.  Ecco il nuovo cospirazionismo. Quale è lo scopo?

Lo scopo è il totale controllo dell’opinione: a questo porta rendere la ricerca un’inutile perdita di tempo.  Il “si dice” è la spiegazione che basta a se stessa.

L’esito di tutto ciò è la delegittimazione del sistema istituzionale, il quale vuole prove reperite con procedure, atti formali, non dicerie. Vuole quell’apparato indagatorio e repressivo come quello messo in atto dal cospirazionismo classico.

Il nuovo cospirazionismo erode dall’interno questa logica istituzionale. Il suo nemico non sta fuori del paese; sta nelle regole del gioco e nella “rule of law”, lo stato di diritto, che sono l’ossatura della repubblica. Il nemico è lo stato di diritto, che impone ai poteri di dare spiegazioni pubbliche motivate e circostanziate, non persuadere semplicemente.

È questo il sistema che il nuovo cospirazionismo fa a pezzi – perché il dubbio e la diceria sono un solvente del fatto che ricorre all’audience come “prova” indiscussa.

Il paradosso è che è lecito dubitare che Donald Trump sia gravemente malato. Ed è Trump stesso ad aver creato, e probabilmente a volere, questa nebbia – essere nell’indistinto rende la sua vicenda una telenovela di suspence che tiene il pubblico americano permanentemente attento. Il sano Biden non fa notizia. L’importante è che i fatti non vengano a galla. Il contagio deve essere un fatto scorporato da notizie certe per essere quel che Trump vuole che sia.  

Chissà che, come capita all'apprendista stregone, la macchina non gli sfugga di mano? Chissà che Trump non fallisca nel piano di girare a suo favore il sortilegio che ha messo in atto; e che non sia travolto dalle sue stesse nebbiose dicerie.  

© Riproduzione riservata