Cadere per un party di Natale perché immortalato a un quiz durante il lockdown del dicembre 2020 è forse un nuovo minimo storico anche per Boris Johnson.

Finora i conservatori inglesi avevano mantenuto nella categoria "crisi di governo” un certo stile. O si cadeva per una nuova tassa impopolare, come nel caso di Margaret Thatcher, o per la Brexit, come David Cameron e Teresa May.

Pure la misera fine di Harold Macmillan nel 1963, all’apice della guerra fredda cacciato perché il suo ministro della guerra John Profumo condivideva la frequentazione della modella Christine Keeler con l’attaché sovietico a Londra, mantiene il fascino fumoso dei racconti di Le Carré. Boris Johnson rischia di saltare per aver giocato a tombola.

La rottura sull’Afghanistan

È chiaro che le cose non sono così semplici e che la crisi della leadership di Johnson è iniziata da qualche tempo: certamente il ritiro dall’Afghanistan l’estate scorsa ha aperto una grande crepa dopo il successo della campagna vaccinale.

Da lì il primo ministro ha inanellato uno dopo l’altra figuracce e fallimenti in termini di etica pubblica, moralità politica, accuse di corruzione, per citare solo alcuni moment

L’affaire Christmas party è scoppiato la settimana scorsa: in breve, appare sempre più chiaro che durante il lockdown del dicembre 2020, mentre per la prima volta nella storia britannica veniva cancellato il Natale e non era possibile riunirsi con più di 2 persone, a Downing street venivano organizzate ben tre feste fra cui una, il 18 dicembre con scambio di regali, come ha ricostruito la CNN.

Tali baldorie illegali sono state confermate indirettamente da un membro dello staff del primo ministro e dalla foto incriminata, pubblicata dal Daily Mirror, in cui un paonazzo Boris risponde alle domande del quiz sotto il quadro di Margaret Thatcher.

Le altre gaffe

All’inizio del mese un ex impiegato dell’unità di crisi ha rivelato che durante l’evacuazione afghana non soltanto quello che allora era il ministro degli Esteri Dominic Raab se ne rimase in vacanza, ma anche i dirigenti ritornarono alla loro scrivania dopo ben 10 giorni, lasciando la gestione al personale inesperto.

Il fatto che fra i ventisette migranti annegati nel Canale a fine Novembre mentre tentavano di entrare nel Regno Unito vi fossero anche profughi afghani aggiunge un tono macabro alla debacle di Johnson.

Più triviali le accuse avanzate dalla commissione elettorale di aver pagato la ristrutturazione dell’appartamento di Downing street dove risiede con la moglie coi soldi donati al partito.

Le foto del nuovo arredamento hanno dilettato i tabloid per mesi, ma Johnson ha sempre negato di essere stato a conoscenza della donazione per tende e divani. Una ristrutturazione “a sua insaputa”. 

La crisi di sistema

Britain's Prime Minister Boris Johnson speaks at a press conference in London's Downing Street, Wednesday Dec. 8, 2021, after ministers met to consider imposing new restrictions in response to rising cases and the spread of the omicron variant. (Adrian Dennis/Pool via AP)

A parte gli episodi meno seri, è evidente la convulsione di tutto il sistema politico britannico.

Le foto e i video sui “festini natalizi” sono state fatte trapelare alla stampa a dodici mesi di distanza dal fatto. È il primo segno che il partito conservatore si sta organizzando; ma i motivi per liberarsi di Johnson non hanno nulla a che fare con la decenza politica.

Giovedì sarà il giorno decisivo: non soltanto si vota per una suppletiva nel collegio di North Shropshire, un seggio tradizionalmente conservatore ma che in questo clima sta diventando un referendum personale per Johnson.

La prossima settimana si vota anche sull’introduzione di nuove misure anti-Covid; non un nuovo lockdown ma di certo non ‘il libera tutti’ che c’era stato fino a fine novembre.

Johnson rischia di perdere la sua maggioranza: circa 60 tories hanno gia’ fatto sapere che voteranno contro. Paradossalmente i provvedimenti passeranno coi voti laburisti.

Non sarà facile per l’opposizione smuovere una classe dirigente anchilosata sul proprio privilegio e trascuratezza, incapace di una visione programmatica e che di fatto ha gestito il governo di questo paese negli ultimi due anni, a parte la campagna vaccinale, come se si trattasse di organizzare un cocktail party allo yacht club dell’isola di Wight.

Non sarà la soluzione degli enormi problemi che il Regno Unito ha, ma la carriera di Boris Johnson come primo ministro è arrivata al capolinea, confermando l’anatema che Enoch Powell ha lanciato a tutti i suo ex-compagni di partito, portandogli insomma un po’ jella: tutte le carriere politiche finiscono con un tonfo e un fallimento.

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