Rileggendo Petrolio mi sono imbattuto in questa strana frase di Pasolini: «quello stato di particolare incoscienza che è la ragionevolezza». Ragionevolezza come qualità media, che si tiene per istinto lontana da ciò che appare eccessivo o azzardato; se stai entro i suoi binari, puoi evitare di farti troppe domande; ragionevolezza come pilota automatico in tempi di scelte difficili.

Dalla ragionevolezza si può scendere verso l’irragionevole (e dio sa se oggi ne abbiamo esempi) o si può salire verso la ragione: che tiene conto di tutto e non si contenta delle prime risposte.

Dunque dobbiamo con-vivere col virus: vorrei che l’accento principale cadesse su “vivere”, anche se il “con” è importante. Il “con” ci interroga su quanto la democrazia possa limitare la libertà e sui guasti che abbiamo fatto all’ambiente. Della triade francese rivoluzionaria il consumismo ha sviluppato in modo abnorme la libertà (confondendola col comprare) a spese della fraternità e dell’uguaglianza. Ma lo sapremo ancora, una volta guariti?

Io mi fido di più della biologia, che è più tenace e ha tempi più lunghi. I giovani ora vogliono vivere, propendono per il rischio; ci ricordano che l’essere umano non è soltanto convivenza civile ma anche (e forse soprattutto) desiderio. Il marchese De Sade fu trasferito dalla Bastiglia in altro carcere pochi giorni prima del 14 luglio.

Quanto si può “vivere” oltre il virus, senza dimenticare il virus? Non danneggiare gli altri significa rinunciare al piacere? Che diritto abbiamo, noi vecchi, di considerare l’astenersi come unico gesto solidale?

Basta col battibecco isterico tra chi da debole ha paura e chi, sentendosi forte, si batte il petto guerriero gridando stronzate. Ragionare deve voler dire anche valutare per che cosa valga la pena di sporgere la testa fuori dal buco.

Le famiglie, contenitori di varie generazioni, possono diventare palestre di confronto; e forse a scuola parlare di che cosa è degno di rischio sarebbe più interessante dell’eterno richiamo alla comune responsabilità. È difficile con-vivere, se vivere si rivela sempre più noioso o ci ingabbia in piaceri sempre più stupidi.

Comprare su Amazon, inebetirsi col porno, farsi venire l’acquolina in bocca vedendo cibi sfiziosi o luoghi fantastici in tivù, o seguire in un talk le discussioni su Berlusconi, tutto questo non può essere vita.

La convivenza civile ha per limite la rivoluzione, il desiderio ha per limite la morte; forse sono orizzonti che dovremmo tornare a guardare. Invece temo che tutto passi sotto silenzio: i fragili si chiudono in casa o inghiottono psicofarmaci o (in America, pare) si licenziano dall’ufficio; i coraggiosi rischiano ma senza dirlo. Ormai si accetta quel che viene. Si fa, con qualche mugugno, quel che la legge impone – e per il resto si spera. Con ragionevole incoscienza.  

     

           

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