In un editoriale dal titolo Boicottiamo Alessandro Barbero e gli evasori vaccinali e sovratitolo «la capricciosa difesa dei prof», Stefano Feltri critica – o, meglio, attacca – i firmatari di un appello promosso da 300 professori universitari, tra i quali spicca per notorietà Alessandro Barbero, un appello, a suo dire, «in difesa degli evasori vaccinali» che contesta l’obbligo del Green Pass in università, «con argomentazioni assai fragili».

Secondo gli ultimi dati, la quota di vaccinati in Italia ha raggiunto l’80 per cento della popolazione con più di 12 anni (e il 7,6 per cento ha già contratto il virus). La vaccinazione protegge dal virus – ci si può ammalare, ma con effetti generalmente meno gravi – ed è per questo che va in ogni caso estesa al più vasto numero possibile di persone.

Essa, tuttavia, non elimina né la possibilità di restare contagiati né la stessa possibilità di trasmettere il contagio, anche se (pare) questa verrebbe ridotta. In ogni caso, viene sostenuto, anche per i vaccinati devono valere le stesse misure precauzionali che venivano seguite prima che i vaccini fossero disponibili. Invece, al di là del fatto che il «lasciapassare» è stato imposto per alcuni luoghi pubblici e non altri in modo discutibile, il messaggio che è stato fatto passare è che, ottenuto il «pass», si può tornare all’antica «normalità», in barba alle misure di sicurezza e protezione.

Tuttavia, dal momento che dobbiamo tutti continuare a seguire le misure precauzionali di cui sopra, perché introdurre un obbligo? Perché, si dice, si vuole limitare la possibilità che chi non è vaccinato continui a veicolare il virus. Obbligandoci a «certificare» il nostro status. Ma il «pass» certifica lo status di non veicolazione (l’essere non contagiosi) per chi fa un tampone, non per chi è vaccinato. E qui sta la prima confusione.

Non solo no-vax

Io insegno all’università. Come prima, anche ora che otto persone su dieci sono vaccinate, mi aspetto che tutti continuino ad adottare le misure di sicurezza. A lezione vorrei che tutti i miei studenti indossassero la mascherina e si tenessero distanziati (ma invece quest’obbligo è stato fatto cadere). Io, che pure mi sono vaccinato, non mi ritengo immune dalla possibilità di essere contagiato e di essere a mia volta contagioso.

Il punto è, però, che vi sono persone che non si sono (ancora) vaccinate. Ogni campagna vaccinale ha i suoi tempi e i suoi problemi. E questa ne ha avuti molti. Certo, ci sono i «no-vax» esagitati e complottisti, ma sono un’esigua minoranza. Inoltre, una copertura al 100 per cento è quasi impossibile.

Nella situazione in cui ci troviamo, con un tasso di vaccinazione già così alto, il problema è il trattamento da riservare a quella quota di persone che sono per lo più titubanti, indecise, anche per come si è sviluppata la campagna vaccinale.

Al di là dei problemi legati alla distribuzione e somministrazione delle dosi, gli «stop and go» legati alla vicenda di AstraZeneca, ci sono fasce di popolazione che potremmo definire fragili, impaurite, che vanno incluse nel processo, per quanto siano una minoranza.

Due persone su dieci devono ancora vaccinarsi. Dovremmo dunque impedire loro di accedere ai locali pubblici? Sì, si dice, perché così non possono contagiare gli altri e tuteliamo la salute degli otto già vaccinati! No, si può anche dire, perché se manteniamo le misure di sicurezza di sempre, la probabilità che uno dei dieci (vaccinati e non) contagi altri è minima.

Chi ci andrà di mezzo saranno i non vaccinati, che si ammaleranno più gravemente. Ma, allora è chiaro: il «green pass» serve a tutelare i non vaccinati! Ma perché escluderli, se poi sono loro che ne soffriranno di più, loro che «non vogliono vaccinarsi»?

Si è detto che il «pass» sarebbe stato un modo per convincere i (due) non ancora vaccinati. Forse, però, almeno uno dei due non si è ancora fatto inoculare perché è titubante. Il medico, infatti, gli aveva sempre sconsigliato di farsi il vaccino anti-influenzale perché, diceva, per uno con le sue patologie e allergie e condizioni generali era meglio non rischiare.

Ora lo si costringe a face un vaccino che ancor più di quello influenzale può avere effetti «considerevoli». Perché, chiede invece il malcapitato, non sono più sufficienti le misure cautelari che valevano prima del vaccino? Il treno lo potevano prendere tutti… Ora lo possono prendere solo i vaccinati e, magari, staranno l’uno accanto all’altro e senza mascherina. Che sia questo ciò che sta succedendo in Israele?

I vaccinati si contagiano

La recente evidenza che ci arriva da quel Paese dice, confondendo i titubanti, che molti vaccinati (il 60 per cento) si stanno di nuovo contagiando, alcuni in modo grave, tanto che si sta pensando a nuovi lockdown (e ad altre dosi di vaccino). E anche in altri casi, come tra i sanitari della California, pur massicciamente vaccinati, il virus si sta diffondendo di nuovo. Ciò che sappiamo, però, è che più vaccinati ci sono, più si ridurrà l’impatto grave del virus.

Su questo si dovrebbe fare informazione seria e documentata, convincendo i titubanti, non sostenendo opinioni alquanto discutibili – chi si vaccina non contagia – come anche persone come Mario Draghi e Sergio Mattarella hanno fatto. Invece, l’obbligo di certificazione finisce solo per emarginare quei poveretti che qualche problema col vaccino ce l’hanno.

In Europa, il «green pass» non è stato adottato da nessuno, mentre in molti Paesi la campagna vaccinale ha raggiunto percentuali notevoli, come e più che in Italia. C’era proprio bisogno del «pass»? Se non introducevamo l’obbligo, si dice, forse non ce l’avremmo fatta. Invece di adottare un atteggiamento di tutela dei titubanti, abbiamo preferito metterli con le spalle al muro. Alla faccia della solidarietà.

È per questi motivi che, pur essendo a favore del vaccino, considero il «pass» obbligatorio un’inutile forzatura. Piuttosto, lasciamo che la campagna vaccinale faccia il suo corso, rendiamo gratuito il tampone, prendiamo cura dei titubanti, con un’azione informativa efficace. Non è escludendo che «non lasceremo nessuno indietro».


Gentile professor Ardeni, sono molto perplesso. Primo: nella sua replica non c’è un accenno alcuno al punto più imbarazzante di quell’appello, cioè l’ammiccamento della propaganda no-vax che equipara green pass e stella gialla per gli ebrei («precedenti storici che mai avremmo voluto ripercorrere»).

Secondo, lei cita dati in modo che spero sia soltanto scorretto e non in malafede. Scrivere che «molti vaccinati (il 60 per cento) si stanno di nuovo contagiando» è una completa mistificazione della realtà, perché sembra sottintendere che 6 vaccinati su dieci si prendono il Covid. Una bufala.

Come ha segnalato l’Istituto superiore di sanità proprio per smontare queste manipolazioni, quando i vaccinati diventano la stragrande maggioranza, si può arrivare al paradosso che ci siano più contagiati tra i vaccinati che tra i non vaccinati (ma soltanto perché i primi sono enormemente più dei non vaccinati, così come è più probabile che ci siano più contagiati tra le persone alte meno di due metri che tra quelle alte più di due metri).

Terzo: nell’interpretazione che offre dell’appello, questi professori sono contrari al green pass perché vorrebbero ben altre misure di protezione. Ma è ovvio che se volete stare sicuri in università l’obbligo vaccinale protegge più del green pass e il green pass abbinato alle mascherine e al distanziamento protegge più di mascherine e distanziamento senza green pass.

Quarto: le sue conclusioni su “cioè che sappiamo” sono arbitrarie. Quello che sappiamo è che saremo al sicuro soltanto quando il virus smetterà di circolare e quindi non si svilupperanno altre varianti, tanto che da mesi il Fondo monetario internazionale chiede, inascoltato, di vaccinare subito anche i paesi più poveri. L’idea che siamo al sicuro mentre il virus circola tra alcuni milioni di persone è un’altra bufala.

Quinto: rendere gratuito il tampone significa che i vaccinati, cioè le persone responsabili e razionali in questa storia, devono sussidiare i capricci no-vax (discorso diverso per chi non si può vaccinare per ragioni di salute e merita il massimo della protezione e nessun costo). Significa replicare il meccanismo che ben conosciamo in campo fiscale, dove le tasse degli onesti sussidiano il benessere dei disonesti evasori.

Più leggo le argomentazioni dei professori anti-green pass, più mi convinco che forse la vera libertà da lasciare agli studenti è quella di essere esentati dai rischi, sanitari e non solo, di frequentare certe aule.

Stefano Feltri

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