Si dimetterà papa Francesco? La questione che tormenta ogni pontificato quando l’età avanzata del capo della chiesa cattolica lascia intravedere gli inevitabili segni di decadimento fisico dovuti al passare del tempo, è tornata d’attualità con Bergoglio.

Da comunicatore consumato qual è il pontefice argentino ha giocato d’anticipo e ha preso di petto la questione, toccandola più volte nel corso degli ultimi mesi e provando così a smitizzarla.

Nell’intervista rilasciata al quotidiano conservatore spagnolo Abc, espressione di un cattolicesimo di tendenza tradizionalista, il pontefice ha confermato quanto aveva già detto altre volte: ovvero che «in caso di impedimento per motivi medici» che non gi consentissero di esercitare l’attività di governo, sarebbe pronto a rinunciare all’incarico.

La qual cosa, è qui la novità, sarebbe stata messa nero su bianco in una lettera di dimissioni scritta nei primi mesi successivi alla sua elezione, nel 2013, e consegnata all’allora segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone.

Di quel documento, ha spiegato Francesco, lui non ha saputo più nulla, ma suppone che sia nelle mani del nuovo segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin.

Le parole di Francesco hanno sempre più livelli di lettura, di certo c’è quanto lui stesso afferma nell’intervista ad Abc, ovvero che voleva far sapere pubblicamente dell’esistenza della lettera e, aggiungiamo noi, a chi l’aveva consegnata.

Si governa con la testa

Tuttavia il papa ha fatto anche un’altra affermazione nell’intervista al quotidiano spagnolo, non del tutto nuova neanche questa: non si governa con le ginocchia, ha detto – con evidente riferimento ai suoi noti e visibili problemi di salute che gli impediscono spesso di camminare, di muoversi senza l’aiuto di collaboratori o il supporto di una sedia a rotelle – si governa con la testa.

Non esattamente un annuncio di dimissioni imminenti. Il papa si è anche preoccupato di far sapere che entro due anni arriverà la nomina di una donna alla guida di un dicastero vaticano.  Nel frattempo ha prolungato di un anno il sinodo generale della chiesa cattolica in corso in tutto il mondo: la fase finale si svolgerà nell’ottobre del 2024 e non più nell’ottobre del 2023.

Insomma non sembra che per Francesco tiri aria di prossima rinuncia, anche se tutto dipende dalle condizioni di salute. D’altro canto il precedente di Benedetto XVI lascerebbe pensare che si governa anche con le ginocchia, non solo con la testa. O meglio, che la capacità di governo può essere influenzata da tante cose, compreso il benessere fisico complessivo, fatta salva la lucidità di pensiero.

«Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio – aveva detto Ratzinger che all’epoca delle dimissioni aveva 86 anni, la stessa età di Bergoglio oggi – sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino». 

Ratzinger e Wojtyla

È stato detto che Ratzinger con le sue dimissioni ha riformato il papato e la chiesa. Indubbiamente, la rinuncia volontaria di un papa, oltre ad aprire una crisi interna, costituisce un elemento oggettivo di avvicinamento del vescovo di Roma ai leader di altre chiese cristiane in cui le dimissioni e la successione non rappresentano un fatto drammatico o eccezionale ma una consuetudine, basti pensare alle chiese protestanti o alla chiesa anglicana, pur nelle evidenti differenze fra le diverse tradizioni.

Di tutt’altro avviso era, evidentemente, Giovanni Paolo II, che è rimasto in carica anche quando le condizioni fisiche rappresentavano un impedimento concreto. Il suo lunghissimo “regno”, oltre 27 anni, con i funerali che si sono svolti a Roma, rappresentano forse l’ultimo momento di grandiosità cattolica, l’ultimo spettacolo di una chiesa trionfante che celebra il proprio capo spirituale e monarca assoluto e, in questo modo, perpetua sé stessa.

Papi emeriti

Dunque se la rinuncia ha in sé, oggettivamente, una forte carica ecumenica, nel frangente attuale, papa Franceso ha però – sul versante opposto - un’altra difficoltà.

Le sue eventuali dimissioni comporterebbero infatti l’esistenza di due papi emeriti, o ex papi, il che non costituisce uno scandalo in senso assoluto, ma il corpo stesso della chiesa, ancora intriso di clericalismo, di timori nel superare le consuetudini, sarebbe in grado di sopportarlo?

Infine, e il particolare non è irrilevante, il papa ha detto ad Abc di non aver intenzione di regolare attraverso una legge ad hoc lo statuto del papa emerito. 

«Ho la sensazione – ha affermato - che lo Spirito santo non ha interesse a che mi occupi di queste cose». Tuttavia nel luglio scorso, Francesco ha spiegato all’emittente messicana Televisa, che, in caso di rinuncia al papato, si limiterebbe a essere solo «il vescovo emerito di Roma» e per questa stessa ragione resterebbe a Roma, a San Giovanni in Laterano.

In pratica, la riforma dello statuto del papa emerito Francesco l’ha già scritta, perlomeno nella sua testa, aspetta però il momento buono per metterla in pratica. 

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