- All’inizio dell’anno papa Francesco aveva ricordato l’importanza del dialogo nelle relazioni con gli altri stati. Oggi il caso dell’Iran conferma che tutto questo non basta, se non c’è possibilità di costruire ponti.
- In questi anni, la Santa sede ha definito i suoi rapporti con l’Iran come «cordiali». Ma con la nuova teocrazia iraniana i tentativi di dialogo con il mondo musulmano, che altrove hanno dato frutti, sono complessi.
- Neppure la scoperta di un traffico illecito di armi dall’Europa ha spinto papa Francesco a fare un appello per stemperare le proteste. Intanto, un secondo giovane è stato impiccato accusato di aver ingaggiato una moharebeh, una guerra contro Dio.
«Dialogo e fraternità sono i due fuochi essenziali per superare la crisi del momento presente», diceva papa Francesco all’inizio dell’anno quando, davanti al corpo diplomatico, tracciava le coordinate della sua politica estera. Il conflitto russo in Ucraina e le proteste in Iran hanno, però, sollevato dubbi sul ruolo diplomatico della Santa sede. È indubbio che Francesco negli anni si sia confermato l’uomo dei ponti con il mondo musulmano e le minoranze. Ciononostante, l’attuale situazione dell



