La Bce ha aumentato i tassi di 75 punti e promesso di aumentarli ancora, probabilmente più di una volta. Lo ha fatto per fermare l’inflazione, che ormai supera il 9 per cento nell’insieme dell’eurozona.

La presidente Christine Lagarde ha però insistito sul fatto che per ora i tassi si stanno solo normalizzando, perché per tanto tempo sono stati molto bassi. Non ha detto troppo bassi, per troppo tempo, che sarebbe stata la verità, ma c’è andata vicino.

Il guaio di tassi troppo bassi e sovrabbondante liquidità è anche quello di indurre gli operatori a investimenti con produttività media bassa e spesso molto rischiosi: un uso inefficiente delle risorse, peggiorato dalla facilitazione degli indebitamenti dei governi che ora non sarà facile sostenere.

Le politiche espansive volevano alzare l’inflazione, ritenuta troppo bassa. Non ebbero successo e l’inflazione è arrivata inattesa.

Speriamo che ora la restrizione riesca a rallentare i prezzi, altrimenti la funzione stessa delle banche centrali sarà in discussione. In effetti la politica monetaria può avere effetti un poco asimmetrici: più efficace nel ridurre che nell’alzare l’inflazione.

Lagarde ha detto che non dobbiamo attenderci effetti immediati, che non ha poteri per ridurre il prezzo del gas, ma nelle previsioni della Bce l’inflazione sarà di poco sopra il 2 per cento già nella media del 2024.

Ciò dovrebbe avvenire con due o tre aumenti ulteriori dei tassi, entro la prima metà del 2023, che potrebbero poco più che raddoppiare il tasso sui rifinanziamenti della banca centrale che ora è all’1,5 per cento.  

I tassi sulla liquidità che la Bce manovra direttamente non sono quelli con cui hanno a che fare le famiglie e le imprese. I tassi a medio-lungo sono saliti nei mesi scorsi perché attendevano gli aumenti della Bce.

Saliranno ancora, se l’inflazione continuerà a crescere e la politica monetaria sarà più rigida di quanto ci si attende.

Ma, se la Bce saprà far bene il suo lavoro e sarà credibile, non dovrebbero alzarsi ancora molto e i prezzi delle obbligazioni e delle azioni non dovrebbero soffrire molto.

Speriamo: perché la difficoltà di uscire svelto da anni di politiche monetarie espansive è anche di evitare di mettere in crisi i portafogli di titoli che si sono formati in passato.

Quanto allo spread dei titoli governativi italiani, la sua reazione immediata è stata una lieve diminuzione, soprattutto sulla scadenza dei due anni; può darsi che poi l’effetto si inverta e i tassi più alti peggiorino lo spread perché più gravosi per il nostro grande debito.

Ma è difficile che la politica della Bce, che può anche comprare i nostri titoli per calmierare lo spread se lo giudica esagerato, abbiano sullo spread più effetto delle aspettative politiche degli operatori che guardano ai rischi delle prossime elezioni e guarderanno al loro risultato.  

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