Ieri il sindaco di Bergamo Giorgio Gori ha proposto il “modello Starmer” per il Partito democratico richiamando alcune delle proposte del leader laburista britannico che sarebbero da rilanciare anche in Italia. Forse è opportuno fare qualche chiarimento circa i riferimenti fatti dal sindaco di Bergamo a partire da quello più fattualmente scorretto e cioè il riferimento al precedente segretario del partito laburista, Jeremy Corbyn che sarebbe stato, nelle parole di Gori, uno statalista.

Questo perché il dirigente del PD è vittima della rappresentazione machiettistica fatta da molti dell’ex leader laburista, visto come un vecchietto con il basco con la stella rossa nostalgico del suo passato marxista-leninista. Invece, come ha riconosciuto addirittura l’Economist in suo vecchio articolo dal titolo evocativo “La Corbynomics cambierebbe la Gran Bretagna ma non nel modo in cui molti pensano” l’anziano socialista, come tutta la tradizione della sinistra laburista britannica, non deve quasi nulla a Karl Marx mentre deve molto della propria formazione ideologica ad un altro economista di nome Karl ma che di cognome fa Polanyi, espressione della corrente degli economisti morali, che si proponevano non di abbattere il capitalismo ma di “addolcirlo” per via di un maggiore trasferimento di poteri ai lavoratori attraverso un sistema di riforme.

Per questo Gori non troverà mai nei programmi elettorali del Labour di Corbyn un piano di nazionalizzazioni come quelle viste per esempio nel Regno Unito per opera del governo laburista di Clement Attlee nel 1945. L’intenzione di Corbyn non è mai stata quella di creare grandi aziende pubbliche nazionali, anzi tutto il contrario: l’intenzione era quella di creare sì aziende pubbliche (è forse questo che non piace a Gori?) ma che avessero centri di controllo locali in modo che il controllo gestionale fosse strettamente legato al territorio e ai cittadini a cui le aziende offrissero un servizio. E in più in generale i manifesti elettorali laburisti del 2017 e del 2019 prevedevano la creazione di banche di investimento pubblico regionali, che servissero proprio a combattere il londracentrismo britannico che tende a spostare le risorse e gli investimenti su aree già ricche e servite del paese.

Insomma Gori dà a Starmer il merito di aver spostato il Labour da una posizione su cui il Labour non si era mai trovato, non recentemente se non altro.

Gori dà poi grande centralità allo slogan “Take back control” usato da Starmer, temo non cogliendo la portata simbolica di quella citazione. Quelle tre parole infatti erano lo slogan inventato da Boris Johnson e Domininc Cummings per la campagna referendaria del Leave: di fatto uno slogan anti-europeo. Starmer decide di rilanciarlo per dare un segnale agli elettori pro Brexit di aver afferrato il concetto e di non avere intenzione di tornare indietro sul tema di una maggiore integrazione europea o di una messa in discussione dell’attuale accordo di uscita dall’Unione Europea. Siamo proprio sicuri che siano parole d’ordine adatte a rilanciare il Partito Democratico che proprio in queste ore celebra la straordinaria figura del Presidente del Parlamento Europeo, il compianto David Sassoli?

E infine, per quanto sia innegabile che i sondaggi diano uno straordinario vantaggio al Partito Laburista, è altrettanto vero che se quei sondaggi hanno un senso allora va anche segnalato che i sondaggi dicono che Starmer non deve il vantaggio alla sua popolarità o a quella delle sue proposte: il leader laburista non è popolare nell’elettorato che per buona parte non ha alcuna opinione su di lui, dicono i sondaggisti. Al momento gode di un eccezionale tracollo dei Conservatori che in un solo anno hanno cambiato ben tre primi ministri e sono travolti dagli scandali e dagli scioperi (scioperi che non hanno il sostegno del Labour, va sottolineato).

Un modello difficilmente applicabile all’attuale situazione italiana, dove la destra non pare affatto in caduta di consensi e dove non sembra esserci alcuno spazio da occupare al centro, come d’altronde i modesti risultati del “terzo polo” hanno dimostrato ampiamente alle scorse elezioni.

© Riproduzione riservata