Mentre la Russia manda le sue truppe in Dombass e viola, per la seconda volta in dieci anni, l’integrità territoriale dell’Ucraina, Matteo Salvini conferma le sue posizioni filorusse: “Le sanzioni sono l’ultima delle soluzioni”, dice. Non si capisce quali sarebbero le altre, visto che da quando è segretario della Lega Salvini si è sempre speso a proteggere le relazioni con Mosca e Vladimir Putin, nel sicuro interesse della Russia, ma non di quello dell’Italia.

Salvini forse calcola benefici personali – c’è un’inchiesta a Milano sulla trattativa, poi sfumata, per soldi russi alla Lega – ma anche politici: secondo un sondaggio di gennaio dello European Council on Foreign Relations, l’Italia è uno tra i paesi europei più restii a impegnarsi a difesa degli ucraini: il 41 per cento dice che dovremmo fare qualcosa, il 43 che è meglio abbandonarli al loro destino, il 16 per cento non ha opinione.

L’idea che quella in Donbass non sia la nostra guerra è allettante: l’Ucraina non è nell’Unione europea, non è nella Nato, ha legami storici più solidi con la Russia che con l’Occidente, che ci importa?

Le vittime 

Senza entrare nelle analisi geopolitiche (cui dedichiamo un nuovo inserto, venerdì), vale la pena ricordare che il conflitto ucraino sta già mietendo vittime italiane da molte settimane, ben prima che Putin riconoscesse le repubbliche indipendenti del Donetsk e Lugansk, in Ucraina.

Si tratta di ferite economiche, ma non per questo meno dolorose perché la tensione tra Ucraina e Russia ha spinto al rialzo i prezzi dell’energia che sono particolarmente rilevanti per due categorie di consumatori: le imprese energivore e le famiglie a basso reddito, che spendono gran parte delle proprie scarse risorse disponibili per consumi di base quali luce e gas.

Poiché le imprese energivore sono quasi sempre manifatturiere e impiegano lavoratori manuali, a redditi non certo elevati, il peso dei rincari ricade sulla stessa fascia di popolazione.

Gli aumenti rispetto allo scorso anno sono del 131 per cento per l’elettricità e del 94 per cento per il gas, secondo l’Autorità dell’energia. E potrebbe essere solo l’inizio, anche perché gli aumenti dell’energia si trasmettono a tutte le filiere e, di nuovo, colpiscono prima i beni di consumo di base.

Il governo Draghi ha adottato alcune misure tampone, che mitigano l’impatto nell’immediato ma non sono una soluzione strutturale. L’unico vero antidoto ai rincari sarebbe una riduzione delle tensioni geopolitiche tra Russia e Ucraina, combinato con l’arrivo della bella stagione che riduce i consumi da riscaldamento. Ma per questo serve, oltre a un po’ di fortuna, un’azione diplomatica compatta ed efficace di Unione europea, Stati Uniti (e magari Nato).

I cerotti

Le misure temporanee sono cerotti su una ferita: intanto perché non cancellano i rincari, ma li spostano dalle bollette alla fiscalità generale (e visto che si tratta di soldi a debito, li scaricano di fatto sulle generazioni più giovani).

Inoltre il mancato pagamento dei cosiddetti oneri di sistema – quelli che non dipendono dal costo della materia prima – per alcuni mesi, determinerà poi comunque un brusco aumento della bolletta nei prossimi mesi quando gli aiuti finiranno.

Inoltre, la fretta ha generato interventi privi di controlli: beneficiano degli sconti anche imprese energivore che non stanno subendo rincari, perché si sono protette dai rialzi con strumenti finanziari che assicurano prezzi dell’energia bloccati.  

A nessuna delle imprese beneficiarie viene chiesto nulla in cambio, per esempio impegni a preservare i livelli occupazionali o, più importante ancora di questi tempi, a non aumentare i prezzi al consumo per accodarsi alla tendenza al rialzo generale.

Per le famiglie ci sono aiuti e sconti, gestiti dall’Autorità per l’energia Arera, che sono legati alla situazione economica e, almeno in parte, automatici come sconti in bolletta: sommati dovrebbero garantire un risparmio di circa 600 euro annui per famiglia beneficiaria. Misure necessarie e opportune ma che rischiano di non bastare se i rincari saranno tali da oscurare gli sforzi del governo.

Transizione addio

La crisi del Donbass, infatti, sta già interferendo con le nostre scelte politiche: Putin riesce a cambiare la nostra agenda e le nostre priorità senza neppure usare gli hacker o le inserzioni via Facebook, come negli Stati Uniti. In poche settimane abbiamo archiviato le promesse di transizione ecologica, con tanti saluti alla generazione di Greta Thunberg che si era fidata delle promesse: aumenta l’estrazione di gas dai giacimenti italiani, soldi a pioggia per le imprese energivore e dunque inquinanti, mercato delle rinnovabili spiazzato perché i produttori devono restituire parte dei benefici indiretti che ricevono dall’aumento del prezzo del gas, soldi per la vendita delle quote di anidride carbonica (la tassa sull’inquinamento) trasferite ad aziende che dipendono dall’energia fossile…

Anche se non abbiamo sparato un colpo, la guerra in Ucraina la stiamo combattendo tutti. E, al momento, la stiamo perdendo.

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