Nello sgretolamento del sistema politico si parla molto dello scollamento tra i partiti e la realtà dei cosiddetti "territori", ma anche i territori, nel loro piccolo, non scherzano. All'immediata vigilia delle primarie per la scelta dei candidati sindaci, il Pd è stato scosso da una vicenda piccola ma abbastanza significativa da meritare attenzione. Enrico Sabri, giovane segretario del Pd nel municipio Roma XIV, il 4 maggio scrive su Facebook che Goffredo Bettini, esponente dello stesso partito da sempre assai influente su Roma e non solo, "ha rotto il cazzo". Poi corregge il tiro, e il dissenso viene modificato in "ha un pochino scocciato".

Cionondimeno alcuni iscritti al Pd presentano un ricorso alla Commissione di garanzia della federazione di Roma del partito. L'8 giugno, a 34 giorni dalla denuncia, la Commissione di garanzia presieduta da Luigia Chiarizzi si riunisce in via telematica e delibera (ai sensi dell'articolo 1 comma 8 e dell'articolo 4 comma 7 lettera d dello Statuto, nonché ai sensi degli articoli 2 e 4 del Codice etico, nonché dell'articolo 13 comma 1 lettera c del regolamento delle Commissioni di garanzia) di sanzionare Sabri con la sospensione dal partito per il periodo di 30 giorni. L'andamento del voto è combattuto: tre a favore, tre contrari, un astenuto.

Sabri, appresa la notizia della sospensione, si rivolge ai suoi avvocati chiedendo di presentare ricorso contro la sospensione di 30 giorni. Il ricorso, ai sensi di un certo articolo, sospende la sospensione. Ma soprattutto si leva dalla base del Pd romano, e non solo, un coro di proteste per l'approccio autoritario che soffoca la libertà del dibattito. In effetti la censura appare un po' strana in un mondo ormai avvezzo agli scambi di insulti a reti unificate tra politici.

Per esempio non si ricordano sanzioni per Roberto Giachetti che in sede di assemblea nazionale del Pd disse a Roberto Speranza «hai la faccia come il culo». È a questo punto che entra in scena la vittima, Bettini. Presentato dall'agenzia Dire come "campione di tolleranza", manda a dire a Sabri che «se vorrà fare ricorso, prego tutto il partito di accoglierlo». Insomma, Sabri, «giovane, impegnato, vivace, impetuoso», è perdonato.

Ma che cosa significa, concretamente, sospendere dal partito un segretario di circolo per 30 giorni? Non può più entrare nella sede? Non può parlare di politica con altri iscritti? Interpellato, l'interessato ammette di non saperlo: «Non è molto chiaro al momento». Ed è qui che si palesa lo scollamento tra la politica, nazionale e locale, e realtà.

Si continuano a celebrare antichi riti disciplinari in una comunità, come il Pd romano, in cui i consiglieri comunali sono andati dal notaio per abbattere il sindaco Pd Ignazio Marino, incoronato tre anni prima dalle stesse primarie alle quali adesso lo stesso Pd ha chiesto al popolo di andare a scegliere democraticamente il candidato sindaco da opporre a Virginia Raggi, eletta grazie al disarcionamento di Marino.

Tutto questo in un partito in cui il deputato Luca Lotti si è autosospeso (ma che significa?) il 14 giugno 2019, due anni fa, in seguito alle intercettazioni della famosa cena all'hotel Champagne con i magistrati. E ciò non gli impedisce di militare nel gruppo parlamentare Pd e di guidare (dall'esterno?) una delle correnti più importanti del partito, Base riformista.

È anche su riti astrusi come quelli delle sospensioni e delle autosospensioni che si misura la capacità di un partito di svolgere il suo ruolo.

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