Le notizie che giungono dai diversi fronti di guerra in Ucraina sono estremamente allarmanti. Dopo aver provocato morte e distruzione a est, l'offensiva russa avanza in modo spregiudicato e pericoloso verso ovest, distruggendo basi militari a 50 chilometri da Leopoli e a 20 chilometri dalla Polonia, porta d’ingresso dell’Ue. Il presidente russo, Vladimir Putin, sta alzando il tiro, è pronto a tutto, anche alla carneficina, e rischia di causare l’incidente che determinerebbe una reazione della Nato. È quindi sempre più urgente fermarlo.

Ma come? Non penso che il modo giusto ed efficace sia inviare armi tanto più ad utilizzo dei civili che in questi giorni si stanno arruolando perché dare fucili a chi non ha esperienza non è sufficiente ad arginare la preponderanza militare e la furia devastatrice del Cremlino.

Il terreno di Putin

La guerra è il terreno di Putin, in Cecenia come in Georgia, nel Donbas, in Siria e altri luoghi. Per questo motivo, pur votando alla Camera la risoluzione di condanna per l’aggressione all’Ucraina, mi sono astenuta sul punto che riguarda i rifornimenti bellici. Altrettanto penso che farò sul decreto che ci accingiamo a votare nei prossimi giorni.

Ritengo che le sanzioni siano lo strumento da utilizzare con sempre maggiore vigore perché sulla difesa dei principi democratici e della sovranità di uno Stato non possono essere fatti sconti a nessuno. All’aspetto economico va poi affiancato il piano politico.

Ritengo che vada urgentemente messa in campo un’azione comune, di cui l’Ue dovrebbe farsi portatrice, che coinvolga tutti i leader mondiali, così da mettere Putin alle strette e indurlo ad accettare il negoziato. Senza questa forte pressione politica la guerra rischia di avvitarsi in una spirale ancora più pericolosa, con molte altre vittime e altra distruzione. E l’obiettivo della de-escalation militare tanto auspicato resterà un miraggio per molto tempo ancora.

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