Putin ha dichiarato guerra alle democrazie e ha chiuso il ciclo storico del Novecento, secolo lungo anzi lunghissimo, perché ha sforato nel terzo millennio. Secolo di un evento che segnò la storia dei popoli.

Nell'ottobre ‘17 scoppia la cosiddetta Rivoluzione russa, guidata dalla lucidità spietata di Lenin e del suo gruppo dirigente che cerca di innestare una rivoluzione socialista in un paese povero, arretrato, fondato sulla schiavitù di massa del mondo rurale, un mondo maturo per una rivolta contadina non per una rivoluzione di una società ad alto grado di sviluppo. E infatti era contro la dottrina del socialismo europeo, secondo cui  la rivoluzione socialista avviene nei paesi maturi.

Lenin compie una sintesi audace fra spiritualismo di matrice fondamentalista cristiana, com’era nelle masse rurali russe, con un materialismo brutale, stakanovistico. Dopo cinque anni di difficoltà, nel 1922, dà vita all’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche. Nasce un “Super Stato”", il partito comunista sovietico, il cui vertice è all’interno comando unificato e all’esterno Stato guida della rete della rivoluzione anticapitalistica e contro le democrazie occidentali.

Con il controllo del Super Stato, l’utopia va trasformandosi in distopia, negazione dell'utopia. La prospettiva di liberazione dell'umanità si rovescia in soggezione schiavistica. L'utopia è la pace, la distopia è la guerra, il sacrificio dell'umanità.

La forza di liberazione si trasforma in autocrazia repressiva. Un processo interno; ma che all’esterno provoca compiacenze e complicità ampie di buona parte della cultura e degli intellettuali, e invade anche tutto un campo di interessi e convergenze con le destre europee. In Italia in particolare si è formata una coltura di compiacenze che ha trovato spazio in particolare nel mondo nel mondo cattolico, il catto-comunismo, nella borghesia salottiera e nelle élite.

Quando oggi Putin parla dei «nazisti dell’Ucraina» dimentica che c’è un solo momento in cui il nazismo siede allo stesso tavolo con il comunismo ed è il patto Ribbentrop-Molotov.

Nell’89 implode l’impero comunista. Il partito crolla nel ‘91 il e potere del Super Stato è sostituito dal potere della polizia segreta. C’è una continuità: Putin non interrompe l’involuzione, la polizia segreta diventa Super Guida della rete delle complicità. 

Lasciamo stare il folklore fanciullesco di Berlusconi, per cui i rapporti internazionali si regolano con feste e champagne. C'è una destra che si collega al potere poliziesco russo. E l’alleanza Putin-destre viene da questa involuzione continua, sempre più reazionaria.

Ma l’imperialismo espansivo non regge, ha un punto di rottura che è la guerra, elemento chiarificatore, indica la fase finale in cui è entrato non il putinismo ma l’involuzione partita nel 1922.

C’è però oggi una grande vittoria del mondo socialista europeo. Non è un caso che il primo paese a intuire che la guerra di Putin è alla democrazia e al mondo libero è stata la Germania a guida socialdemocratica, e la Spagna a guida socialista, superando anche l’improvvisazione elettoralistica di Macron e le silenziose iniziali compiacenze italiane, le cui classi dirigenti sono influenzate dal catto-comunismo

 Ci fu un errore nell’immediato post ‘89: il mondo libero pensò che con l’esportazione del capitalismo si risolveva il problema dell’acquisizione alla democrazia dell’ex mondo comunista. Non era così, doveva essere affrontate il problema della natura non socialista della rivoluzione d’Ottobre, e infatti il sistema potere dell’ex Urss è stato consegnato a un nuovo ceto imprenditoriale costituito dal vecchio apparato che con la rapina dei beni di stato diventava prosecutore di un regime autocratico sposata al capitalismo.

Il capitalismo regge sia in democrazia sia nelle dittature, è il socialismo che non può reggere senza democrazia. Torna la riflessione di una nuova ispirazione socialista nel mondo. Questa è anche crisi di verità: il secolo segnato dalla Rivoluzione d'Ottobre si chiude con Putin, cioè con la sua negazione.

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