Un giorno, a cose fatte, quando la destra sarà al potere e proverà ad attuare il suo assurdo programma elettorale, in tanti correranno a prendere le distanze: Giorgia Meloni? E chi la conosce?

E allora mettiamoci avanti: se Giorgia Meloni può ambire a palazzo Chigi è grazie al cinismo dell’establishment italiano che ha deciso di legittimarla. Non perché ne condivida le idee – idee? – ma perché è in testa ai sondaggi che hanno tolto di dosso «una volta per tutte l’odore delle fogne e del Papeete», per usare le parole del professor Giovanni Orsina.

Lo stesso è successo qualche anno fa con Matteo Salvini: in pubblico professori, alti burocrati e imprenditori milanesi illuminati professavano europeismo e si dicevano indignati per le rozze teorie economiche leghiste e per l’impianto valoriale del salvinismo.

Ma poi spedivano in pre-pensionamento dipendenti e assumevano giovani per dimostrare che la contro-riforma della Fornero funzionava, omaggiavano Salvini coltivando l’illusione di un lato presentabile della Lega.

Oggi con Giorgia Meloni succede lo stesso, come dimostra l’imbarazzante celebrazione del suo inglese scolastico e pieno di simpatiche incertezze in questa sua fase di “accreditamento internazionale” a colpi di video-messaggi.

Da mesi i giornali fanno a gara per ospitare le più improbabili proposte di policy di Meloni: il Corriere della Sera ha pubblicato qualche tempo fa addirittura una proposta di riforma del Fondo monetario internazionale. Come non fidarsi di una leader che sa addirittura cosa correggere delle istituzioni globali?

E poi manifesti politici (su Corriere, Foglio, Libero), analisi di politica industriale su Milano Finanza o Messaggero, estratti del suo vendutissimo libro un po’ ovunque (anche su giornali ostili, tipo La Stampa), meditazioni.

A volte la piaggeria sconfina in una involontaria operazione di verità. Prendiamo Libero, che a febbraio pubblica il testo dell’intervento di Meloni alla conferenza dei conservatori americani: tutto un altro stile rispetto ai pacati editoriali sul Corriere.

Qui Meloni annuncia guerra al «nostro avversario globale” che vuole “distruggere le nostre identità» (a destra c’è sempre pronto un complotto globale), evoca paralleli tra il confine Stati Uniti-Messico e la Sicilia, con «migliaia di immigrati lasciati entrare senza permesso».

Chiude con una citazione di Chesterton, «Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi d’estate», per dire che lei è pronta a combattere per difendere l’ovvio e il senso comune (se la pensi diversamente è perché sei contro il popolo e la nazione): «Il tempo di quella battaglia è arrivato, ma ci troveranno pronti per la battaglia».

Anche l’establishment italiano si è fatto trovare pronto, con un curriculum in mano, e molte bandiere tricolore pronte a sostituire quelle europee durate giusto il tempo di un governo Draghi.

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