Alla sinistra europea spetta oggi un compito storico, urgente. Costruire l’Europa federale (o gli «Stati Uniti d’Europa»). Non si può aspettare oltre. I grandi pilastri sono la transizione ecologica, con le politiche di redistribuzione sociale che devono accompagnarla, e le politiche industriali (dalla difesa al digitale, alla ricerca e alla sanità), dove mettendo insieme le forze si risparmierebbe e si avrebbero risultati migliori.

Lo ha chiesto di recente Mario Draghi, notando anche che gli Stati Uniti di Biden spendono ormai per le politiche industriali e per l’ambiente molto più di noi (ma su Domani lo abbiamo scritto già nell’aprile 2021: il Piano del lavoro di Biden è il doppio, in rapporto al Pil, del Pnrr, varato quando ancora c’era Trump e che non è più sufficiente).

Il contesto

Due dati di realtà, su tutti. Il 2023 è stato un anno molto più caldo rispetto a quello che ci si aspettava. Se lo sarà anche il 2024 (come sembra, al momento), allora vorrà dire che i modelli sul cambiamento climatico erano sbagliati, perché troppo ottimisti: il riscaldamento è in realtà molto più veloce e nei prossimi vent’anni andremo incontro alla catastrofe ecologica (con 2 miliardi di migranti ambientali, dei quali centinaia di milioni premeranno sull’Europa, perché molte regioni dell’Africa diventeranno invivibili).

Quanto al contesto internazionale, Putin sta vincendo la guerra in Ucraina (e non va affatto sottovalutato, come è stato fatto per troppo tempo anche dalle élite occidentali), si è aperta un’altra guerra ai nostri confini e, tantopiù se Trump prevarrà negli Stati Uniti, noi ci troveremo in un mondo di grandi potenze sempre più in competizione fra loro, aggressive, che sostengono in tutti i modi le loro industrie.

Gli Stati Uniti d’Europa

L’Europa dei veti nazionali ormai non ha più senso. Deve diventare un pieno soggetto politico che sappia promuovere nel mondo la pace, la difesa dell’ambiente e dei diritti, e che possa competere alla pari con le altre potenze.

Ma come fare? La transizione ecologica ad esempio deve avvenire con il consenso dei cittadini: noi dobbiamo restare società libere e democratiche e, al contempo, salvare l’ambiente. Per riuscirci occorre ampliare di molto il bilancio europeo, con una tassazione progressiva che prenda risorse dai grandi patrimoni e dalle multinazionali e con il debito pubblico europeo; occorre mobilitare su larga scala il risparmio e gli investitori privati verso grandi obiettivi comuni; occorre eliminare i paradisi fiscali innanzitutto all’interno dell’Unione, come ha sottolineato Elly Schlein nel suo intervento al congresso del Pse.

Le forze del socialismo europeo, assieme ai Verdi, alle altre formazioni di sinistra, ai liberali che accettano questa sfida, devono battersi per questi obiettivi, che comportano una profonda riforma dei trattati: senza più il diritto di veto dei singoli Stati, con un parlamento europeo che abbia il potere di fare le leggi, con un governo europeo (la Commissione) che ne sia espressione.

I conservatori non sono in grado di farsi carico di questi cambiamenti, lo hanno dimostrato in questi anni. Soprattutto non è in grado la destra italiana di Meloni, che con i suoi alleati di estrema destra in Europa rivendica esplicitamente la primazia dei governi nazionali su quello europeo. Ma l’Europa delle piccole patrie, l’Europa che vuole Meloni, non ha più alcun futuro ed è destinata al disastro (e a condurre l’Italia al disastro). Questo va spiegato agli italiani da qui alle europee ed è su questo che Meloni può, e deve, essere sconfitta.

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