- Per Giorgia Meloni normalizzare il suo partito significa innanzitutto “de-demonizzarlo”. E la bandiera sotto cui avviene questa operazione assume il nome, ambizioso ma anche ambiguo, di “conservatorismo”.
- È la prima volta che un partito con ampi consensi nei sondaggi si presenta alle elezioni rivendicando un’etichetta antica e un po’ polverosa come quella di “conservatore”. Da qui l’entusiasmo con cui l’operazione è stata accolta in ambienti di centro-destra che quell’etichetta hanno cara.
- Ma si inganna chi crede che questa strategia possa offrire rappresentanza alle componenti dell’elettorato e dell’opinione pubblica più tradizionaliste senza compromettere l’edificio democratico e liberale fondato sulla difesa dei diritti costituzionali.
Quando un partito della destra radicale intende abbandonare posture minoritarie e candidarsi nientemeno che a governare una democrazia europea ha bisogno oggi, innanzitutto, di una strategia culturale. Parola d’ordine: normalizzare. Per Giorgia Meloni, come è stato per Marine Le Pen in Francia, normalizzare significa innanzitutto “de-demonizzare” il proprio partito, depurarlo dei tratti neo o post-fascisti. E la bandiera sotto cui avviene questa operazione assume il nome, ambizioso ma anche a



