C’è sempre un grande assente nel dibattito sulle riforme costituzionali, e questo grande assente è l’opposizione parlamentare e il ruolo che essa è chiamata a svolgere nelle forme di governo a prevalenza del primo ministro.

Nel dibattito politico sulle riforme, emerge, ormai da trent’anni a questa parte, l’esigenza di rafforzare il governo in parlamento, quasi che il primo sia alla mercé del secondo quando è noto, invece, che sia l’opposto: finanche la funzione legislativa – tipica di ogni parlamento – si è quasi del tutto spostata a favore dell’esecutivo.

Basta leggere qualche dato per capirlo: negli ultimi vent’anni circa l’80 per cento delle leggi approvate dal parlamento sono d’iniziativa del governo e in molti casi si tratta di conversione di decreti legge voluti dall’esecutivo.

Il governo del popolo

L’esigenza, dunque, della governabilità ne nasconde un’altra: dinanzi a un parlamento privo di capacità rappresentativa, il governo invoca l’elezione diretta del capo del governo per trovare una diversa fonte di legittimazione così da basare la fiducia non più sul suo rapporto col parlamento ma con il popolo e provare a riacquistare una diversa credibilità agli occhi degli elettori.

Nel diritto comparato, le esperienze costituzionali caratterizzate da una legittimazione popolare del potere esecutivo si fondano su due fattori entrambi necessari l’uno all’altro: l’elezione (anche mediata dal partito) del capo del governo e la contestuale individuazione di un capo dell’opposizione cui sono riconosciute garanzie e funzioni di rilievo costituzionale.

In questo senso si tratta di sistemi di governo bicefali perché fondati su due poli chiamati a svolgere diverse funzioni ugualmente riconosciute sul piano costituzionale.

Nei sistemi politici competitivi, l’opposizione assolve a un compito indefettibile di critica e controllo dell’operato del governo al fine di prospettare un indirizzo politico alternativo.

Il modello inglese

L’archetipo di questo modello è la Gran Bretagna in cui l’opposizione, custode leale dei principi fondanti l’ordinamento costituzionale, è costituita dal gruppo parlamentare che, estraneo alla compagine governativa, conta sul maggior numero di seggi alla Camera dei comuni (e in ciò si differenzia dalle altre minoranze).

È proprio per questo che il premierato britannico non si è mai trasformato in un dominio del governo e della maggioranza politica sul parlamento perché ha saputo combinare un governo forte con una forte opposizione, un’opposizione effettiva, critica, parlamentare e pubblica.

Nel premierato, l’opposizione, pur non potendo definire il contenuto dei lavori parlamentari (rimesso alla volontà del governo), costituisce la componente più significativa del parlamento poiché, in esso, la maggioranza opera quale comitato esecutivo del governo: l’opposizione rappresenta, così, l’elemento indispensabile per assicurare l’autonomia e la distinzione del parlamento rispetto all’esecutivo nonché per consentire al premier di esercitare pienamente le proprie funzioni di indirizzo.

Colpisce, dunque, che nel testo di riforma presentato dal ministro Elisabetta Casellati e ora in discussione in commissione Affari costituzionali al Senato, non vi sia alcun riconoscimento dell’opposizione.

Come hanno ricordato nel corso delle audizioni in Senato i costituzionalisti Ginevra Cerrina Feroni e Tommaso Frosini (pur favorevoli alla proposta governativa), se la forma di governo va verso il premierato occorre intervenire in Costituzione sui meccanismi di garanzia prevedendo un forte statuto dell’opposizione che permette di inserire il rafforzamento della governabilità all’interno di una prospettiva di maggior tutela dei diritti delle componenti minoritarie delle camere.

L’assenza di questo elemento produce, quanto meno, tre effetti immediati: trasforma il capo del governo in un leader assoluto senza un contro-potere adeguato, impedisce la formazione di una alternativa di governo che sia in grado di competere alle successive elezioni con un certo grado di credibilità, spinge al di fuori del parlamento le istanze critiche favorendo il conflitto sociale e l’instabilità.

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