«Una ricca e varia esperienza di vita è cancellata dalla ripetuta, indecente, ostentata rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale. […] Una cultura diffusa propone alle giovani generazioni di raggiungere mete scintillanti e facili guadagni offrendo bellezza e intelligenza al potente di turno, disposto a sua volta a scambiarle con risorse e ruoli pubblici. […] Il modello di relazione tra donne e uomini, ostentato da una delle massime cariche dello atato, incide profondamente negli stili di vita e nella cultura nazionale, legittimando comportamenti lesivi della dignità delle donne e delle istituzioni».

Sono alcune frasi dell’appello che 11 anni fa lanciavamo con il movimento Se non ora quando, per promuovere la grande manifestazione del 13 febbraio 2011.

Frasi che racchiudono le ragioni per cui allora ci mobilitavamo in tante e tanti per un cambiamento culturale, per pensare, condividere e costruire un paese per donne e per uomini. Per invertire pensieri e attitudini dominanti - patriarcali, maschilisti e sessisti - che Silvio Berlusconi non ha mai smesso di alimentare e perpetuare con la sua azione pubblica.

Quella mobilitazione è stato il primo segnale di un cambiamento che negli anni successivi ha poi coinvolto molti aspetti della società, della politica e delle istituzioni. Un cambiamento ancora in corso, ancora più urgente dopo la pandemia. 

Quella per una democrazia paritaria è una sfida e una battaglia quotidiana la cui priorità necessita di essere ribadita e fatta vivere a ogni livello possibile, come giustamente sta accadendo: dalle scelte dell’Europa a quelle del Pnrr nazionale, fino alle responsabilità e alle priorità che come Paese sapremo assumere facendo della parità di genere la sfida centrale per costruire opportunità, crescita, benessere per tutte e tutti.

La disuguaglianza di genere

Quella di genere è la disuguaglianza più profonda e trasversale che condiziona ogni ambito della vita, da contrastare con processi educativi e culturali, superamento di ogni gap nel mondo del lavoro, condivisione delle responsabilità genitoriali, accesso alle cariche istituzionali.

Ecco perché ritengo che non possa più essere il tempo di un monopolio maschile sulle due più alte cariche istituzionali del paese. Non mi interessa dire dobbiamo eleggere «una donna presidente della Repubblica», mi interessa valutare profili maschili e femminili con lo stesso sguardo attento al merito, alle esperienze e alle competenze, mi interessa che la persona scelta abbia quelle caratteristiche di autorevolezza e unitarietà che servono per rappresentare tutte le italiane e gli italiani, e mi interessa che tutto il processo sia vissuto da tutte e tutti i protagonisti con la consapevolezza che l’equilibrio di genere, anche nelle più alte cariche, è decisivo per una democrazia davvero rappresentativa, che non può che essere pienamente paritaria.

Interrompiamo il monopolio maschile

È il momento di interrompere il monopolio maschile delle prime responsabilità, solo nella condivisione possiamo guardare con fiducia al futuro, solo con la condivisione possiamo superare il più profondo e trasversale dei gap che ci impediscono di crescere.

È per queste stesse ragioni, per le stesse ragioni racchiuse nelle frasi citate all’inizio dell’appello del 2011 che credo che non si possa prendere in considerazione la candidatura di Silvio Berlusconi. Non faccio obiezioni di forma, convinta che in termini di legge ne abbia il diritto, né di ordine giudiziario, da ferma garantista.

È quello che ha rappresentato con il suo modo di intendere il Paese, la società, la cultura, i media, l’informazione, lo spettacolo, la politica che mi pare a dir poco del tutto fuori tempo, inadeguato alle sfide dei prossimi mesi e dei prossimi anni.

Una figura come Berlusconi non può essere una carica apicale quando di fronte a noi c’è prioritaria la sfida dell’uguaglianza, di rendere società e democrazia più paritarie, non per le donne, ma per il futuro di tutto il Paese.

Un uomo o una donna diversi

Serve una figura - uomo o donna che sia - che sappia interpretare sentimenti, speranze e bisogni di oggi e di domani, con capacità inclusiva e rappresentativa fuori dal comune,  come ha saputo essere il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in questi anni densi di difficoltà e crisi.

Sono fortemente convinta, come espresso dal segretario del Pd Enrico Letta, che sia importante cercare un nome capace di unire un fronte largo, che guardi alla maggioranza di governo, ma questo non è possibile se fosse portata al tavolo la proposta Berlusconi. Nè avrebbe senso che il centrosinistra arrivasse con un suo nome da contrapporre in un gioco di bandiere.

Non è quello che serve al Paese, non è quello che si aspettano le italiane e gli italiani. Non è il tempo di contrapposizioni, ma di condividere da subito un percorso. E il percorso deve essere aperto, inclusivo, rappresentativo, paritario.

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