Dalla ministra della Giustizia, Marta Cartabia, alla presidente del Senato, Elisabetta Casellati, fino ad Anna Finocchiaro, Paola Severino e Letizia Moratti, i nomi delle donne stanno riprendendo quota per la corsa al Quirinale. L’ultimo retroscena racconta che il capo politico del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte, voglia lanciare i nomi di tre donne – probabilmente Moratti, Severino e Elisabetta Belloni – come figure intorno a cui creare consenso politico.

Prima di Natale, invece sarebbe stato il Partito democratico a chiedere ai Cinque stelle di accordarsi sull’ex parlamentare dem Anna Finocchiaro come nome di bandiera nelle prime tre votazioni. A poche ore dall’accordo, però, tutto sarebbe saltato per contrarietà dei parlamentari grillini.

Anche se nessuna è ancora mai diventata presidente e chissà se ci riuscirà in febbraio, potrebbe sembrare un salto di qualità rispetto a quando, nel 1999, Giuliano Amato propose di scegliere una donna e gli dissero che era «una bella provocazione». «Ho detto una donna, non un coleottero» rispose lui.

Foto Marco Merlini/La Presse Anni 2000 Roma (Italia) Politica - storica Giuliano Amato Nella foto: Silvio Berlusconi e Giuliano Amato

Nel corso degli ultimi anni, il fattore Donna è diventata una delle tecniche preferite dei partiti per fare melina. Alla domanda insistente dei giornalisti su chi si vedrebbe bene al Colle, infatti, c’è un’unica risposta indolore politicamente, che nello stesso tempo è verosimile e dà un titolo accettabile: «Che bello sarebbe avere una donna presidente».

È la risposta che hanno dato, proprio come ora in concomitanza del voto, moltissimi leader politici. Salvo poi votare sistematicamente uomini. È stato così nel 2013, nell’anno del bis di Giorgio Napolitano: la donna più votata è stata Annamaria Cancelleri con 78 preferenze al quarto scrutinio.

Vendola

Era il gennaio 2013 e si stava per concludere il settennato di Napolitano. I partiti, in piena crisi politica dopo le dimissioni del governo guidato da Mario Monti, dovevano scegliere il suo successore. All’epoca il leader di Sinistra ecologia e libertà era Nichi Vendola e stava lavorando alla presentazione delle liste per le politiche.

Parallelamente, però, bisognava valutare anche chi far succedere a Napolitano: «In un tempo così travagliato, inquieto e opaco, anche lo sguardo sul Quirinale può essere segnato da una capacità di innovazione.

Immaginare una donna al Quirinale può essere una risposta importante in questo senso». Al momento del voto, Sel sosterrà la candidatura di Stefano Rodotà.

Monti

«Un capo dello stato donna? Sarebbe un’ottima idea». Lo diceva in un forum con l’Ansa anche il senatore a vita ed ex premier Mario Monti nel febbraio 2013, ricordando che nel suo governo aveva assegnato a tre donne tre ministeri chiave del suo governo, Giustizia, Interno e Lavoro.  Modifica il suo orientamento qualche settimana dopo, dicendo a Repubblica che «Io un candidato ce l'ho e non è donna, si chiama Giorgio Napolitano». In assemblea in seduta comune, infine, ha votato per il bis di Napolitano.

Maroni

©Marco Merlini /LaPresse 27-02-2007 Roma Politica Senato - fiducia Governo Prodi Nella foto: Il Presidente del Consiglio Romano Prodi

Nel 2013 l’allora leader della Lega, Roberto Maroni, a marzo diceva a Che tempo che fa che «Mi piacerebbe che il prossimo presidente della Repubblica fosse una donna», e sui nomi «ne ho fatti un paio, tutti di donne, quello della Finocchiaro e altre». In aprile, poi, anche lui si accoda nel votare il Napolitano bis dopo l’impasse d’aula.

Bersani

Anche l’allora leader del Partito democratico, Pierluigi Bersani, poco prima del voto alle elezioni politiche del 2013 (quella della sua “non vittoria”) riguardo a una donna al Colle diceva: «Per un partito che portera' il 40 per cento delle donne in Parlamento, caso unico nella storia, una cosa del genere sarebbe vista con favore». Una posizione non proprio esplicita, ma Bersani all’epoca aveva almeno nella rosa dei candidati il nome di Anna Finocchiaro. Poi però il candidato ufficiale divenne il presidente del Senato Franco Marini, bruciato in assemblea, a seguire Romano Prodi, impallinato dal 101 franchi tiratori. Infine Bersani si accodò alla richiesta del bis per Napolitano.

Il coro dei sostenitori di una donna al Colle si è leggermente sopito nel 2015, quando è stato eletto l’attuale presidente Sergio Mattarella. Le dimissioni di Napolitano dopo due anni di mandato bis hanno reso più breve il tempo dei retroscena e dei dibattiti pre-voto e dunque il chiacchiericcio sul toto-candidati è stato meno forte. Tuttavia, la quota donna ha continuato ad essere gettonata e poi scartata.

Renzi

L’allora segretario del Pd, Matteo Renzi, è stato il grande artefice dell’elezione di Mattarella, con la mossa della scheda bianca alle prime tre votazioni a maggioranza dei due terzi e il voto compatto – a differenza che nel 2013 – sul candidato scelto dal partito alla quarta votazione. Nei mesi prima, molti virgolettati di retroscena riportavano che Renzi stesse ragionando sul nome di una donna. Eppure, non si è mai sbilanciato troppo pubblicamente, ben sapendo di dover raccogliere voti anche negli altri schieramenti.

Bossi

POOL Ansa/LaPresse

Il vecchio leader della Lega, Umberto Bossi, invece, si era sbilanciato con un «Perché no? Ce ne sono parecchie che potrebbero aspirare al Colle», quando Repubblica gli ha chiesto la sua preferenza. Aggiungendo anche un nome, il più inviso proprio a Renzi: «Finocchiaro è una abbastanza brava, mi dicono».

In realtà, il suo partito insieme a Fratelli d’Italia sceglie come candidato di bandiera il giornalista Vittorio Feltri.

Contemporaneamente, a girare in Transatlantico erano i nomi che già si erano sentiti fare nel 2013 e alcuni ritornano anche oggi: Emma Bonino, Finocchiaro appunto, Luciana Castellina.

Nel 2015, a girare in Transatlantico erano i nomi che già si erano sentiti fare nel 2013 e alcuni ritornano anche oggi: Bonino, Finocchiaro, Luciana Castellina. Anche in questo 2021 molti politici, tra i quali Letta e Conte, hanno già scelto la risposta della presidente donna. A partire da metà gennaio,però, a parlare sarà il voto d’aula.

Per chi tiene i conti dei voti, oggi come oggi, i nomi dati ancora per la maggiore sono quellli di Mario Draghi o Mattarella. Persino Berlusconi, secondo parlamentari di lungo corso, ha più chances di una donna di salire al Colle.

Eppure tutti, ormai da più di dieci anni, lo ripetono: che bello sarebbe avere una donna presidente. Eppure, al momento di votarne una, i voti spariscono e le convergenze politiche tornano ad essere l’unico vero argomento di dibattito.

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