Dopo aver puntato gli organizzatori di rave e i percettori di reddito di cittadinanza, il governo Meloni ha trovato un nemico contro il quale compattare la nazione: la Banca centrale europea, che giovedì ha alzato i tassi di interesse di mezzo punto, al 2 per cento.

Contro la Bce si sono scatenati il ministro della Difesa Crosetto, Molinari (Lega), Ronzulli (FdI), perfino il ministro degli Esteri ed ex presidente del parlamento europeo Antonio Tajani.

La fragile patina di europeismo di questo governo si sta già scrostando e lascia intravedere le mai scomparse spinte sovraniste e anti-euro, tra gli attacchi alla Bce e l’assurda ritrosia a ratificare la riforma del fondo salva stati Mes, residuo di battaglie di propaganda in anni non così remoti.

Le banche centrali, sia la Federal Reserve che la Bce, hanno sbagliato tutte le previsioni sull’inflazione. Ma le hanno sbagliate per difetto: pensavano che gli shock esterni che hanno spinto al rialzo i prezzi fossero tutti provvisori e paralleli alle dinamiche tradizionali della politica monetaria.

Prima la pandemia che rende scarsi beni e servizi e distrugge le catene di fornitura globali, poi la spesa pubblica per sostenere la ripresa, infine la guerra con l’annessa crisi energetica. Quando le spinte al rialzo provvisorie durano quasi tre anni iniziano a essere indistinguibili da quelle permanenti.

Secondo la Banca d’Italia, l’inflazione al consumo nel 2022 è in media dell’8,8 per cento, nel 2023 sarà del 7,3 per cento, tornerà sotto il 2 per cento soltanto nel 2025 (che è come dire che non sappiamo quando succederà, visto che previsioni a tre anni sono poco indicative).

La Banca centrale europea deve, per mandato, cercare di tenere l’inflazione intorno al 2 per cento. Quindi perfino i ministri non esperti di politica monetaria come Guido Crosetto dovevano aspettarsi che Christine Lagarde alzasse i tassi. Peraltro, i mercati si aspettavano un rialzo dello 0,75 per cento, invece che soltanto dello 0,5.

Quello che ha fatto precipitare le borse e schizzare i rendimenti sui titoli di Stato è il messaggio di Lagarde che la stretta proseguirà più del previsto, perché l’inflazione non scende. Dunque, il governo sta costruendo una campagna di propaganda che rivela soltanto la propria scarsa consapevolezza del contesto in cui si muove.

La Bce ha fatto molti errori in questi tre anni, ma gli attacchi scomposti del governo Meloni servono solo a ricordare ai nostri creditori – inclusa la stessa Bce – che la politica italiana non cambia mai ed è sempre pronta a intestarsi i meriti di ogni punto di crescita del Pil e a scaricare sulle istituzioni europee la responsabilità di tutti i problemi.

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