La querelle sul terzo mandato di sindaci e presidenti di regione è un caso di scuola di come larga parte della politica manchi di rispetto alle istituzioni, di come le ragioni della (cattiva) politica facciano premio sulla questione di merito ovvero sulla cura per il bene delle istituzioni stesse e dunque dei cittadini di ogni colore politico.

Su queste pagine Gianfranco Pasquino ha avuto parole definitive al riguardo. Ipocrita girarci intorno: per Matteo Salvini, è quasi dichiarato, trattasi di una battaglia ad personam per Luca Zaia, suo insidioso competitor da relegare nel Veneto o dirottare in Europa; per la Meloni è l’obiettivo di mettere le mani su qualche regione del nord un tempo roccaforte dei leghisti; per una parte del Pd è la pretesa corporativa e personalistica di chi è interessato a preservare posti di potere.

Alla stretta finale lo stesso no del Pd in Commissione Senato, che sembra preluda a una resa dei conti interna, è stato motivato da ragioni tutte politiche: non dividersi dal M5s alla vigilia delle elezioni sarde e assecondare la spaccatura della maggioranza. Alle solite, Mattia Renzi ha votato sì “a dispetto” del Pd per mero tatticismo, nella sperimentata logica delle incursioni corsare in casa d’altri. Con capriole di cui alla fine perde il filo pure lui.

Bulimia di potere

Tutti problemi di potere anteposti al merito della questione, alle motivazioni istituzionali chiare ed evidenti. Sconcerta come un po’ tutti fingano di non comprendere – perché lo comprendono benissimo – la differenza tra figure elette direttamente (e, come tali, intestatarie di un esorbitante potere che spiega e giustifica il temperamento del limite dei mandati onde evitare concentrazione e incrostazione patologica di tale potere) e invece parlamentari o ministri che chiaramente non dispongono di una investitura corrispondente.

Bulimia di potere della quale abbiamo abbondanti prove da parte di taluni sedicenti “governatori”.

Del resto, già la Consulta era stata chiarissima: «Il limite ai mandati è stato pensato quale temperamento di sistema rispetto alla contestuale introduzione della loro elezione diretta… il limite ha lo scopo di impedire la permanenza di periodi troppo lunghi che possono dare luogo ad anomale espressioni di clientelismo; serve a favorire il ricambio ai vertici dell’amministrazione locale ed evitare la soggettivizzazione dell’uso del potere». Non si potrebbe essere più chiari.

Ma non c’è peggior sordo.

La disputa nel Pd

Merita un cenno specifico al caso della divisione interna al Pd. Con quale coerenza, da taluni, si conduce tale battaglia nel mentre si contrasta il premierato assoluto della Meloni per il quale si chiede giustamente il limite dei due mandati appunto a motivo della elezione diretta?

Confesso che mi lascia basito la circostanza che, costoro, non provino imbarazzo nel sostenere una tesi in evidente contrasto con gli interessi superiori delle istituzioni scolpiti dalla Consulta e semmai scopertamente in linea con i propri personali interessi. Singolare altresì che, vedi caso, trattasi di esponenti della minoranza interna. Spendere le proprie energie – si sono dati il nome di “energia popolare” (o personale?) – per una battaglia di mero potere non mi pare un bel modo per marcare, qualificandola, la propria differenza.

Si ha qui una rappresentazione icastica di uno dei mali endemici che mina la vita del Pd: quello di un personale politico, diciamolo eufemisticamente, non distaccato, non generoso e del compito difficile al limite dell’impossibile della sua segretaria.

Eletta, contro ogni previsione e a dispetto della nomenclatura, esattamente per marcare una effettiva e visibile discontinuità nel costume e nella prassi di un partito il cui istinto governista è ascrivibile a un invincibile attaccamento al potere di una parte cospicua del suo esteso e obeso gruppo dirigente.

Schlein sa bene che, sul punto, che attiene al modo di concepire e praticare la politica e il servizio alle istituzioni, è in gioco lo stesso mandato assegnatole dalle primarie. Se cedesse, tradirebbe la missione per la quale ha avuto la fiducia degli elettori Pd.

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