Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha reagito a un articolo di Domani sui suoi rapporti di lavoro pregressi e i possibili conflitti di interessi con l’annuncio via Twitter di aver dato mandato ai suoi avvocati di fiducia di agire contro il nostro giornale «perché sono certo che le condanne in sede civile e penale siano l’unico metodo che direttori, editori e giornalisti possano intendere, di fronte alla diffamazione».

 Poi aggiunge che «il mio ora è un obbligo istituzionale: quello di difendere il dicastero». Questo tweet perché dice molto del rapporto tra politica e informazione in Italia.

Il cittadino Guido Crosetto ha pieno diritto di querelare i soggetti dai quali si sente diffamato, anche soltanto nei regimi totalitari chi viene denunciato è in automatico colpevole. Dunque, se mai ci sarà un procedimento penale o civile, sarà un giudice a decidere, non Crosetto.

Va poi ricordato che Crosetto è un ministro, non un semplice cittadino. Ed è un politico di esperienza, dunque sa come funziona la comunicazione in Italia.

Non smentisce nulla dell’articolo di Emiliano Fittipaldi e Giovanni Tizian: la loro ricostruzione dei redditi pregressi di Crosetto è basata su documenti incontrovertibili, dunque sappiamo che Crosetto è stato per anni stipendiato da Leonardo con centinaia di migliaia di euro (600.000 solo nel 2021).

Questo è un fatto, e riportarlo è di interesse pubblico, visto che è rilevante sapere come un lobbista della difesa, pagato da Leonardo più che il presidente dell’azienda, sia ora al vertice del ministero di maggiore rilevanza per Leonardo.

In tutto il mondo società molto influenzate dalla regolazione o dalle commesse pubbliche mettono sotto contratto ex politici che hanno relazioni e conoscenze utili al business. Di solito, però, questi consulenti o lobbisti non diventano ministri.

Quindi l’aspetto problematico sta sul fronte del governo Meloni che ha scelto proprio Crosetto e proprio per quel ministero.

Nessuna smentita

Peraltro, Crosetto non può neanche contestare un accanimento ad personam, perché Domani ha svolto approfondimenti analoghi su personaggi di altre aree ed esperienze politiche, da Matteo Renzi a Roberto Cingolani.

E infatti Crosetto non smentisce nulla. Ma scrive di aver coinvolto gli avvocati. Perché lo fa? Perché così gli altri media vengono scoraggiati dal riprendere le notizie dell’articolo di Domani: metti caso che ci sia davvero un rischio legale, perché accollarselo?

E’ un comportamento diffuso, tra i politici: poi la causa magari neanche si materializza, o finisce dopo anni quando tutti si sono dimenticati la polemica originaria.

 E’ capitato quando lavoravo al Fatto Quotidiano: con Laura Margottini avevamo pubblicato una serie di articoli sulle irregolarità e le parti copiate nella tesi di dottorato di Marianna Madia, all’epoca ministra per la Funzione pubblica e oggi deputata Pd. Durante la campagna elettorale 2018 lei aveva annunciato una causa civile, per mettersi al riparo dalle polemiche.

Poi i giudici le hanno dato torto, la tesi era effettivamente copiata, ma intanto nel momento per lei importante si è fatta scudo dell’effetto scudo della querela: “se denuncia significa che è sicura di aver ragione, no?”, è il ragionamento in molte redazioni.

Il ministero

Su Crosetto ci sono altri due punti da segnalare. Primo: c’è sempre una sproporzione di forza tra un ministro in carica e un giornale, il primo ha dalla sua l’apparato dello stato, il giornale soltanto la volontà ormai un po’ masochistica in Italia di fare il cane da guardia del potere.

Il secondo aspetto è che non è vero Crosetto debba «difendere il dicastero» che guida. Nessuno mette in discussione la professionalità dei funzionari del ministero della Difesa.

 Anche perché loro sono sottoposti a una disciplina sul conflitto di interessi (decreto legislativo 39 del 2013) più severa di quella che vale per i politici che li guidano (legge Frattini del 2004). Anzi, proprio per rispetto del loro operato sarebbe stato più opportuno scegliere un ministro privo di rapporti di affari con le aziende del settore.

La situazione di conflitto di interessi non implica una accusa di comportamenti inappropriati o criminali. E’ una situazione oggettiva: un ex lobbista dell’industria della difesa, che nel settore guadagnava e potrebbe guadagnare milioni, potrebbe essere visto dalle controparti come non disinteressato nelle decisioni che prenderà. E, questo sì, comporta un problema per il ministero e chi ci lavora.

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