Il governo vuole “rivoluzionare il rapporto fra fisco e contribuente e...che l'evasione si combatta prima ancor che si realizzi”; l'ha detto la premier Giorgia Meloni al direttore del Sole 24 Ore, Fabio Tamburini.

In Italia abbiamo un'enorme evasione, ovunque si cerca di equilibrare il carico fiscale, che da noi pesa soprattutto su dipendenti e pensionati, ingiustizia che l'ampliamento della flat tax aumenterà. A 48 anni dal grande disegno di Bruno Visentini, una riforma fiscale coerente e adatta alla nuova realtà sarebbe davvero necessaria.

In cosa consiste la rivoluzione di Meloni?  Il fisco pattuirà con le piccole e medie imprese gli utili previsti nel successivo biennio; quindi ne definirà ex ante la tassazione, anche se gli utili risultassero maggiori (forse si pensa che non possano essere minori?).

La “pace fiscale” sarà in verità la resa del fisco; l'evasione, “prima ancor che si realizzi”, sarà legalizzata, è l'uovo di Colombo.

È un concordato fiscale preventivo, grazie a un governo che ha promesso di “non disturbare chi vuole fare”.

Le imprese sanno tutto di sé e l'accordo col fisco che da fuori tira a indovinare sarebbe il trionfo dell'asimmetria informativa; facile per l'impresa modulare il carico fiscale nel tempo secondo le proprie convenienze.

Fisso nei dettagli in cui qualche suo membro è versato, il governo rivela le sue tare ereditarie nell'ignoranza del grande dibattito mondiale in corso sulle tasse.

Non se ne cura la nostra destra; nello sciagurato intento di “non mettere le mani nelle tasche degli italiani”, da decenni calpesta principi di democrazia economica effettiva.

Cosette come la progressività dell'imposizione, la trattazione non distorsiva delle rendite di capitale, una più equa tassazione dei patrimoni, dell'eredità, della rendita di terreni e immobili.

Queste ultime non derivano mai dagli sforzi e dai rischi assunti dai percettori. Vanno perciò trattate, e tassate, separatamente dai redditi di capitale, che hanno natura diversa.

Dal lontano 1975 sono stati sconvolti i modi di produzione, i rapporti economici e negoziali fra capitale e lavoro, sono emerse diseguaglianze senza precedenti, socialmente assai pericolose, nei paesi ricchi; l'economia è asservita alla finanza, crescono molto le necessità della finanza pubblica di fronte alle sfide del futuro.

Su tali temi discutono nel mondo le imprese serie, e i conservatori; i nostri, non è colpa loro, attaccati come sono a quel trito slogan, neanche lo sanno.

Per questo vogliono venderci come una montagna questo topolino di riformetta. Meglio non comprarla, Meloni vorrebbe supplir

e con la baldanza all'inconsistenza intellettuale del suo governo. Dopo 48 anni, evitiamo una riforma che peggiora le cose; meglio pazientare ancora.

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