Sul “portale dell’ebraismo italianomoked.it compare, a firma Daniel Reichel, una rassegna stampa a tema «Regimi fascisti, complici della Shoah» che commenta in modo assai opportuno e del tutto condivisibile alcuni articoli della stampa di questi giorni, relativi ai valori evocati dalla festa della Liberazione del prossimo 25 aprile, e al dovere civico di difenderli contro «l’odio, il pregiudizio, il razzismo, l’estremismo, l’antisemitismo, l’indifferenza, il delirio, la volontà di potenza» – questa citazione è tratta dal discorso tenuto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella ad Auschwitz – «che sono in agguato, sfidano in permanenza la coscienza delle persone e dei popoli».

L’autore evoca anche  la testimonianza della sopravvissuta di Auschwitz Tatiana Bucci, e poi svariate prese di posizione contro lo sciagurato appello del ministro Francesco Lollobrigida a combattere la «sostituzione etnica», come quelle di Massimo Gaggi sul Corriere della sera ed Elena Loewenthal sulla Stampa, o ancora riflessioni sui frutti della Liberazione da cui cresce l’albero della Repubblica e della democrazia, a firma di Carlo Verdelli, o sulle scelte etiche che accomunano, al di là degli esiti, la Resistenza italiana e quella polacca, a firma di Gad Lerner.

Conclude la bella rassegna una nota tratta da Repubblica Roma su calcio e antisemitismo, che commenta l’entrata del presidente della Lazio (il  senatore Claudio Lotito) nella commissione Segre che si occupa di contrastare i fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza.

L’accusa

È stato un vero choc leggere nel capoverso immediatamente precedente a questo, sotto il titolo “Accuse”, il testo seguente: «Su Domani la filosofa Roberta De Monticelli, in un editoriale che chiama in causa Lucio Caracciolo, reitera l’accusa a Israele di discriminare palestinesi e minoranza araba. Per sostenere questa tesi, l’opinionista in un passaggio scrive il falso: ovvero che la cittadinanza israeliana sarebbe “riservata ai soli ebrei” e questo “conferisce un accesso preferenziale alle risorse materiali dello stato come anche ai sevizi sociali e di welfare, con relativa discriminazione dei cittadini non ebrei”».

Come ogni lettore può verificare, l’accusa infamante di scrivere il falso è proprio un insulto gratuito: io ho riferito alla lettera la dichiarazione che il premier Benjamin Netanyahu ha fatto nel 2019 secondo la quale «lo stato di Israele non è lo stato di tutti i suoi cittadini ma del popolo ebraico esclusivamente». 

Per sconcertante che sia (ma non è colpa mia) Netanyahu non dice affatto che «la cittadinanza israeliana è riservata ai soli ebrei»: sarebbe pazzo, dato che gli arabi israeliani (con altre minoranze) sono cittadini e anche rappresentati alla Knesset. Netanyahu dice una cosa assai diversa: e cioè che ci sono due categorie di cittadini, ebrei e non ebrei.

Lo fa, del resto, riferendosi all’avvenuta approvazione, l’anno precedente, del Nation-State Bill (disegno di legge sulla Nazione), che definisce lo stato di Israele «stato-nazione del popolo ebraico», e che è ora legge costituzionale in seguito alla sua approvazione (con 62 in favore, 55 contro, e due astensioni) il 19 luglio 2018 (legge dichiarata non anticostituzionale dalla Corte suprema di Israele nel 2021).

Le fonti

Nel mio articolo si citano anche due dichiarazioni. La prima, del portavoce della Knesset, Amir Ohana (Likud): «Questa è la legge delle leggi. È la legge più importante nella storia dello stato di Israele, e dice che ognuno gode dei diritti umani, ma i diritti nazionali in Israele appartengono soltanto al popolo ebraico. Questo è il principio fondante sulla base del quale lo stato fu stabilito». La seconda, del ministro Yariv Levin (Likud), che lo dichiarò «l’emblema stesso del sionismo». Avrebbe portato ordine «chiarendo quello che era sottinteso» ed esplicitando la natura di Israele: «Un paese diverso da ogni altro, cioè lo stato-nazione del popolo ebraico».

Si precisa poi in che cosa consiste la privazione dei “diritti nazionali”, che riguardano la proprietà della terra e della casa e tutte le restrizioni (anche di mobilità o accrescimento del nucleo familiare) che essa comporta anche entro i confini di Israele (per non parlare poi dei territori occupati).

In sostanza, il mio articolo sottolineava semmai la differenza insuperabile fra “cittadinanza” e “nazionalità” oggi iscritta fra le leggi fondamentali di quello stato, rivolgendo a Lucio Caracciolo  la domanda se nella sua presentazione del nuovo numero di Limes Israele contro Israele fosse lecito non menzionarla neppure fra le cause dell’odierna crisi di “identità” (tesi di Caracciolo) di Israele stesso.

Ecco: sistemato così, fra una sequela di condivisibili riflessioni sui pericoli della discriminazione, e una conclusione sull’antisemitismo dilagante e la commissione Segre, il paragrafo in questione è un dettaglio minore. Appunto: e anche un po’ velenoso. Irrilevante il suo oggetto: chi scrive. Rilevantissima la cosa stessa invece: la verità. A Beit Sahour, un borgo di Betlemme, su un muro antico, c’è scritto: «Una mezza verità è la più vile di tutte le menzogne».

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