«L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia segna una svolta decisiva nella storia europea», ha detto il presidente del Consiglio, Mario Draghi, martedì, nella comunicazione alle damere sugli sviluppi del conflitto. «L’eroica resistenza del popolo ucraino, del suo presidente Zelensky» – ha aggiunto Draghi – ci mettono davanti una nuova realtà e ci obbligano a compiere scelte fino a pochi mesi fa impensabili».

In queste parole c’è la sintesi di quanto sta accadendo: l’azione realizzata dalla Russia comporta una necessaria reazione da parte degli altri stati. Può essere utile spiegare quali disposizioni di diritto interno, europeo e internazionale costituiscano il quadro giuridico dei fatti di questi giorni.

I princìpî internazionali

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Vladimir Putin, il presidente della Russia, ha iniziato una guerra, ed è chiara a tutti la gravità del gesto. Ma sul piano del diritto quali sono i princìpî violati? Innanzitutto, il principio sancito dalla Carta delle Nazioni Unite (Onu), di cui la Russia è membro permanente, secondo cui gli stati devono astenersi, nelle relazioni internazionali, «dalla minaccia o dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi stato» (articolo 2, paragrafo 4).

Può essere richiamato anche l’accordo di Helsinki, sottoscritto anche dalla Russia, che dispone – tra i princìpî inderogabili – il non uso della forza, l’inviolabilità delle frontiere, l’integrità territoriale degli stati. L’azione russa contrasta anche con dichiarazioni di princìpî dell’assemblea generale delle Nazioni Unite, in particolare con la risoluzione sulle relazioni amichevoli (n. 2625, 1970), dove si afferma il divieto della guerra di aggressione; la risoluzione sulla definizione di aggressione (n. 3314, 1974); la risoluzione sul principio di non ricorso alla forza nelle relazioni internazionali (n. 42/22, 1987).

Va anche ricordato lo statuto della Corte penale internazionale (art. 8 bis), dove si definisce il crimine di “aggressione internazionale”, inteso come «l’uso della forza armata da parte di uno stato contro la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di un altro stato, o in qualunque altro modo contrario alla Carta delle Nazioni Unite».

L’Unione europea e l’Italia

Com’è noto, l’Unione europea (Ue) ha adottato una serie di durissime sanzioni, su vari piani, nei riguardi della Russia. Anche questa reazione dev’essere inquadrata giuridicamente. Al riguardo, vanno richiamati i principi fondanti dell’Unione: tra gli altri, dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, rispetto dei diritti umani (art. 2, Trattato Ue).

Si tratta di valori che l’Unione «si prefigge di promuovere» non solo nel proprio àmbito, ma anche «nel resto del mondo» (art. 21, par. 1). La loro violazione può determinare l’adozione di misure restrittive (definite anche come sanzioni o contromisure), che costituiscono uno degli strumenti per il perseguimento della politica estera e di sicurezza dell’Unione, nell’ambito di un approccio integrato che comprende anche dialogo politico e sforzi complementari. Tali misure possono essere decise autonomamente dal Consiglio dell’Unione europea (art. 215, Trattato sul funzionamento Ue, Tfue) o applicate in attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu (artt. 40-42, cap. VII, Carta Onu). Le sanzioni adottate contro la Russia appartengono al primo tipo.

Quanto all’Onu, la bozza di risoluzione del Consiglio di sicurezza, con la condanna dell’aggressione e la richiesta del ritiro delle truppe dall’Ucraina, era stata bloccata giorni fa dalla Russia, come membro permanente. Una risoluzione di condanna è stata, invece, votata dall’assemblea generale mercoledì.

E non ci sono solo le sanzioni adottate dall’Ue. «Tollerare una guerra di aggressione nei confronti di uno stato sovrano europeo vorrebbe dire mettere a rischio in maniera irreversibile la sicurezza e la pace in Europa» – ha detto Mario Draghi, aggiungendo che «L’Italia ha risposto all’appello del presidente Zelensky che aveva chiesto equipaggiamenti, armamenti e veicoli militari per proteggersi dall’aggressione russa».

E «a un popolo che si difende da un attacco militare e chiede aiuto alle nostre democrazie, non è possibile rispondere solo con incoraggiamenti e atti di deterrenza. Questa è la posizione italiana, la posizione dell’Unione europea, la posizione di tutti i nostri alleati».

Su questi presupposti il governo italiano ha deliberato, tra l’altro, la proroga per l’anno 2022 di dispositivi della Nato già autorizzati per l’anno 2021, con personale e mezzi in Lettonia e Romania; e l’invio alle autorità governative dell’Ucraina di mezzi e materiali di equipaggiamento militari non letali di protezione, nonché di armi letali in deroga alla legge in tema di materiali di armamento (l. n. 185/1990).

Quest’ultima deliberazione si colloca nell’àmbito della decisione adottata dall’Ue di un pacchetto di sostegno da 500 milioni di euro per finanziare l’invio di attrezzature e forniture alle forze armate ucraine, coperto dal cosiddetto “European peace facility” (Epf). Si tratta di uno strumento finalizzato a sostenere i costi, tra l’altro, di azioni operative nell’àmbito della politica estera e di sicurezza comune (Pesc). A differenza di altri paesi, l’Italia ha disposto il segreto sulle forniture militari di armi letali all’Ucraina.

L’Italia e il ripudio della guerra

Secondo qualcuno, con l’invio di armi all’Ucraina l’Italia sarebbe sostanzialmente entrata in guerra, mentre la Costituzione (art. 11) dispone che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

Premesso che l’Italia non è in guerra (vedi art. 78 della Costituzione), la disposizione rifiuta la guerra come strumento di offesa, e non di difesa. In Ucraina non sono stati inviati contingenti militari, ma materiale bellico per consentire di difendersi dall’invasione. E tra i princìpî di diritto internazionale c’è quello che sancisce il «diritto naturale» alla legittima difesa individuale o collettiva, previsto dall’art. 51 della Carta dell’Onu, richiamato anche nel trattato Ue. Dunque, l’Unione europea, che per la prima volta nella sua storia ha disposto il finanziamento dell’invio di armi, sta svolgendo un ruolo di garanzia anche di questo principio, e l’Italia si muove in conformità all’Unione.

«L’invasione da parte della Russia non riguarda soltanto l’Ucraina», ha detto Mario Draghi. «È un attacco alla nostra concezione dei rapporti tra dtati basata sulle regole e sui diritti. Non possiamo lasciare che in Europa si torni a un sistema dove i confini sono disegnati con la forza. E dove la guerra è un modo accettabile per espandere la propria area di influenza. Il rispetto della sovranità democratica è la condizione per una pace duratura». Insomma, contrapporsi alla guerra con ogni mezzo a disposizione, incluso l’invio di armi da guerra, sarebbe necessario per conservare la pace. L’evoluzione della guerra in Ucraina dimostrerà se questo assunto è fondato.

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