Da tempo la Consob fatica a svolgere le sue funzioni in modo adeguato alla complessità dei temi con cui deve misurarsi, ma la fatica è cresciuta sotto la presidenza del professor Paolo Savona. Lo testimoniano i discorsi nell’annuale incontro col mercato finanziario; pur se privo di alcuni vistosi svarioni che avevano impreziosito il discorso del 2021, quello del 2022 non fa eccezione.

È singolare la scelta dei temi. Mancano riflessioni sul favore fiscale per il debito, sulla struttura produttiva e finanziaria delle nostre imprese e sul loro posizionamento sui mercati (finanziario e dei beni), manca un inquadramento complessivo sui problemi dei mercati sottoposti alla vigilanza della Consob; una prosa involuta non nobilita affermazioni prive di pregio, pratico o teorico, come questa: «Il mondo vive oggi in una difficile condizione che comporta per i cittadini sacrifici i quali, per essere superati, richiedono di raggiungere unità di intenti a livello nazionale e un più stretto coordinamento internazionale».

Dubbia validità

Il discorso contiene affermazioni di dubbia validità, proposte vaghe, inconcludenti presentate come risolutive dei limiti che il mercato finanziario italiano incontra nell'adempiere alle proprie funzioni. Fra le quali non rientra, checché ne pensi Savona, equilibrare «la distribuzione del prodotto fra capitale e lavoro». Sconcerta anche leggere che «Un primo passo da compiere... è incanalare il risparmio verso le imprese». Saremmo dunque, per il presidente, all’anno zero in materia, come risulta anche dalla sua «proposta alternativa a una stretta di politica monetaria e fiscale: Un portafoglio che si auto-protegga dall’inflazione». I gestori saranno corsi a modificare le loro offerte ai clienti, per tener conto di tale novità. È proprio una novità che il presidente Consob suggerisca equilibrio «fra attività mobiliari e immobiliari». Savona indica anche i pregi della proposta, se applicata retrospettivamente al periodo fra 2008 e 2021, specie con un portafoglio «la cui metà delle attività fosse stata denominata» in dollari. Immaginiamo l’ammirazione degli ascoltatori per l’acume speculativo del nostro.

Il professore boccia quanti, ingenui, si rallegrano per il calo del rapporto debito/Pil giacché, egli dice, essi ignorano che ciò accade per l'aumento del valore nominale del denominatore. Raffrontare debito e Pil ha molti limiti, ma la critica di Savona pare infondata. Data l'incertezza sul futuro, egli dice, bisogna «spiegare l'importanza delle riforme istituzionali rispetto agli interventi assistenziali». In tale prospettiva forse Savona intende l’affermazione seguente: «Il problema istituzionale... va oltre le forme di regolamentazione della creazione, e contabilizzazione dei nuovi strumenti e degli intrecci... con le attività tradizionali e investe i ruoli delle diverse autorità di vigilanza».

Parole tante ma idee zero, si deve dire. Tutto teso com'è a proteggere il risparmio, sorprende il silenzio di Savona sull'autentica grassazione che i grandi intermediari finanziari attuano a danno dei risparmiatori, infliggendo loro commissioni di gestione in grado di uccidere qualsiasi rendimento. Parliamo di cifre fra 10 e 20 miliardi all’anno. Alla base di tali commissioni non c’è abilità gestionale, ma scarsa concorrenza, alimentata anche dalla ritrosia degli High net worth individuals, i detentori di grandi patrimoni, a spifferare a troppi soggetti i fatti propri. Peccato, ma sicuramente Savona ce ne parlerà nel 2023.

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