Se le banche centrali fossero una questione di fede, Christine Lagarde, in audizione alla commissione Affari economici dell’Europarlamento, avrebbe pronunciato il credo ufficiale della sua presidenza alla Banca centrale europea (Bce). Per spiegare l’ovvio, cioè «perché la frammentazione è un rischio», ha detto che l’impegno contro la frammentazione dell’area euro è «consustanziale» alla corretta trasmissione della politica monetaria e quindi al mandato della Bce.

«Consustanziale», un termine liturgico che difficilmente si sente nella lingua inglese e ancora di più nella bocca di un banchiere centrale, in questo caso di un’avvocata e politica prestata al mestiere, percorso curiosamente opposto a quello di Mario Draghi, che ha occupato quel posto prima di lei. Eppure il termine è perfettamente coerente se si deve mettere pace tra le interpretazioni sugli obiettivi della Bce e sgombrare il campo delle accuse reciproche di eresia tra falchi e colombe, ma anche e forse ancora di più se si deve rafforzare un’istituzione, un tempo l’impero di Costantino, oggi una Bce indebolita di fronte ai mercati dalla mancanza di dogmi.

Dietro o davanti i mercati?

Il problema è che a intaccare l’istituzione che per anni è apparsa la più solida del vecchio continente sono stati proprio i passi falsi della presidenza Lagarde.

Il deputato socialista spagnolo Jonás Fernàndez li ha ricordati con crudele precisione: quel «non siamo qui per chiudere gli spread», pronunciato a inizio mandato nel 2020 e poi corretto con l’impegno solenne contro la frammentazione. E di nuovo nel 2022, prima l’annuncio del rialzo dei tassi e solo successivamente una riunione ad hoc per agire contro il costante rischio frammentazione.

Fernàndez ha posto la domanda più ovvia: le azioni del consiglio direttivo invece che prevedere le reazioni dei mercati, le stanno inseguendo? È a questo punto che Lagarde pronuncia il dogma facendo festeggiare le banche italiane a Piazza Affari. Più avanti ribadisce, rivolgendosi alle “speculazioni” di mercato con una formula molto simile al “what ever it takes” di Draghi, che chi non crede all’impegno della Bce contro gli spread si sbaglia e lo fa a suo rischio.

Effetto in Borsa

Le sue parole hanno avuto effetto immediato alla Borsa di Milano che ha chiuso la giornata guadagnando l’un per cento. I titoli dei maggiori istituti bancari, cioè i proprietari del nostro debito, hanno segnato aumenti ben maggiori: 4,06 per cento Intesa San Paolo, 4,36 per cento Unicredit e 4,72 per cento Banco Bpm.

Di fronte alla più importante commissione dell’Europarlamento Lagarde però ha dovuto rispondere a una domanda ancora più spinosa. L’economista Luis Garicano, dei liberali di Renew Europe, ha chiesto alla presidente della Banca centrale perché serve un nuovo scudo anti spread visto che sulla carta ce ne è già uno, quell’Omt (Outrights Monetary Transactions) inventato ai tempi di Draghi.

«Cosa c’è di sbagliato nell’Omt?», ha domandato Garicano, obbligando Lagarde a rispondere nell’unico modo possibile: non c’è nulla di sbagliato ma la Bce ha la possibilità di mettere a punto uno scudo anti spread specifico per l’attuale “crisi”. I lavori su questo nuovo scudo sono in corso. La presidente lo ripete più volte e ovviamente non risponde a tutti quelli che le chiedono quando arriverà, come sarà, che spread tra i titoli di debito dei paesi dell’area euro – di fatto tra Btp italiani e Bund tedeschi – potrebbe farlo scattare.

«Ci sarà, sarà efficace, sarà all’interno del nostro mandato. Nessuno ne dubita e chi lo fa lo fa a suo rischio», recita il nuovo credo di Lagarde, a cui per il momento le Borse credono.

Guerra, salari, inflazione

Il resto della liturgia è un elenco di principi che dovrebbero sembrare ovvi. L’ex direttrice del fondo monetario internazionale deve ribadire, a chi le chiede conto della differenza con le scelte della Fed, che le dinamiche tra Stati Uniti e dell’Eurozona sono differenti.

Le tocca ricordare che le rivendicazioni salariali dei lavoratori sono legittime, ma che la Bce ha il mandato di agire contro l’inflazione. Si rifiuta di chiamarla stretta monetaria. Si tratta, spiega, di una normalizzazione dopo le politiche straordinarie degli ultimi anni.

Le previsioni di base

Per ora, come già annunciato a giugno, è previsto un rialzo dei tassi di 25 punti base a luglio, un altro a settembre e via rialzando.

Nel 2022 la Bce prevede un’inflazione annua al 6,8 per cento, del 3,5 nel 2023 e ancora sopra l’obiettivo del due per cento nel 2024. Le aspettative di lungo termine sono basate anche sulla previsione di una crescita salariale al di sopra dei livelli medi, ha spiegato Lagarde, anche se per il 2022 la crescita è moderata.

La corrispondenza tra questo scenario di base e la realtà dei prossimi di mesi dipenderà molto dalla guerra in Ucraina. Se la situazione dovesse deteriorarsi e la frammentazione aumentare ancora, allora sarà il caso che lo scudo anti spread sia molto più concreto di una liturgia.

© Riproduzione riservata