Dopo tre mesi di guerra si sta aprendo la delicata partita della trattativa. Mediante la Farnesina, l’Italia ha fatto le sue proposte, iniziando un discorso che sarà da completare. Affinché non vi siano equivoci l’iniziativa italiana è stata posta nelle mani del segretario generale delle Nazioni unite, mentre contemporaneamente sono in corso colloqui tecnici con altri paesi, occidentali ed europei in primis, per verificare la fattibilità dell’approccio.

Aver iniziato dall’Onu ha un significato preciso: l’Italia non compie nessuna fuga in avanti ma pone le premesse di quello che – come tutti sanno – sarà un passaggio obbligato. Si tratta di un approccio inclusivo e non solo parziale. Qualcuno doveva farlo ed è merito del nostro governo averlo messo sul piatto per primo. Già da settimane si vociferava di tregue limitate ad obiettivi umanitari (far uscire civili ecc.): tutto ciò è sacrosanto ma il merito dell’approccio italiano è di immaginare da subito quali potrebbero essere le tappe successive.

Cosa c’è da fare

C’è ancora molto da fare: innanzitutto ottenere l’accordo delle due parti, sia sul principio del negoziato in sé sia sulle condizioni di partenza. Come ha più volte ribadito il premier Mario Draghi, si tratterà soltanto quando le parti lo vorranno. Ma per arrivare a quel momento occorre sin d’ora discutere, proporre, elaborare, preparare, raffinare… un lavorìo costante e serio.

D’altronde le parti già si parlano, così come dialogano i militari russi e americani. Non si creda a chi sostiene che non c’è comunicazione e che non si deve parlare (magari perché non è ancora giunto il momento ecc.): non è mai vero. Così come non è vero che le diplomazie non si contattano o che gli ambasciatori non consultino.

Lo stallo

Quando c’è un conflitto possono esserci varie iniziative per riavvicinare le parti: dall’Onu o dal sistema multilaterale fino alla società civile, è del tutto legittimo che si tenti ogni via possibile per fermare una guerra, nel rispetto delle regole diplomatiche: prima fra tutte la confidenzialità.

Quando iniziative su temi così delicati avvengono sotto i riflettori dei media o della pubblicità, significa che non sono mirate alla soluzione del problema ma soltanto a un vantaggio promozionale immediato (legittimo in politica ma pericoloso in diplomazia).

Resta da definire la tempistica: quando un’iniziativa o una proposta di trattativa può essere utilmente lanciata? Nel caso della guerra contro l’Ucraina abbiamo visto all’opera due narrazioni: quella della resistenza del popolo ucraino di fronte all’invasione russa (primo mese) e quella della vittoria ucraina sulla Russia (secondo mese).

Ora siamo allo stallo che rende tutti incerti e dubbiosi. Si tratta di narrazioni molto diverse tra loro che definiscono approcci diversi, mutando la natura stessa della guerra. Chi ha a cuore la pace e la stabilità europea si limita sobriamente alla prima e prepara già il dopo, considerando la seconda un abbaglio illusorio e probabilmente pericoloso. 

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